Ricettazione: cos’è e cosa si rischia?
Si configura la ricettazione quando un soggetto, non in concorso con gli autori del reato presupposto, acquista, riceve o nasconde alle autorità, con lo scopo di procurarsi un profitto, denaro o ogni altro oggetto proveniente da un qualsiasi altro delitto
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- Come si realizza il reato di ricettazione e qual è il regime sanzionatorio
In cosa consiste la condotta punita dalla legge come ricettazione?
L’elemento soggettivo del reato – differenze con altre fattispecie di reato - Il reato presupposto
- Fonti normative
1. Come si realizza il reato di ricettazione e qual è il regime sanzionatorio
Ai sensi dell’articolo 648 del codice penale, si configura la ricettazione quando un soggetto, non in concorso con gli autori del reato presupposto, acquista, riceve o nasconde alle autorità, con lo scopo di procurarsi un profitto, denaro o ogni altro oggetto proveniente da un qualsiasi altro delitto (es. furto, rapina, peculato ecc.). Questa condotta è punita con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da cinquecentosedici euro a diecimilatrecentoventinove euro. Inoltre è previsto un aumento della pena se l’oggetto del reato è derivante da rapina, estorsione o furto aggravati.
Al secondo comma è previsto che la pena sia diminuita ad un massimo di sei anni quando il reato sia di particolare tenuità.
È molto importante sottolineare come, indipendentemente dal fatto che chi ha compiuto il reato precedente sia incapace, non punibile o non imputabile, la ricettazione si configuri egualmente.
1.1 In cosa consiste la condotta punita dalla legge come ricettazione?
La condotta consiste nel procurarsi mediante l’acquisto cose che, per le condizioni alle quali sono offerte o per la qualità delle medesime, si sospetta possano provenire da reato. Il reato, pertanto, si realizza quando l’acquisto avvenga in circostanze tali da indurre una persona di media avvedutezza in una condizione di oggettivo sospetto circa la legittima provenienza delle cose che prescinde dall’opinione o dalla valutazione dell’agente “la cui colpa si configura per la sola omissione dei doverosi accertamenti circa tale legittima provenienza”.
Quindi deve esserci una consapevolezza, oppure un più che fondato sospetto, circa la provenienza delittuosa del bene che si viene ad acquisire, anche se non vi sia certezza del tipo di reato presupposto, e la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta attraverso molte fonti, anche indirette, e, pertanto, perfino dalla mancante o inattendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta dal soggetto agente.
1.2 L’elemento soggettivo del reato – differenze con altre fattispecie di reato
Qualora la persona si procuri, invece, un bene di dubbia provenienza, purché i sospetti sulle cose acquistate non siano così gravi e univoci da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza che non possa trattarsi di cose legittimamente detenute da chi le offre (ad esempio capi firmati evidentemente originali ad un prezzo eccessivamente basso), si potrebbe rispondere del reato di cui all’articolo 712 c.p., ossia l’incauto acquisto.
Integra, invece il reato di riciclaggio (e non di ricettazione) il compimento di atti consciamente volti ad impedire in modo definitivo, o comunque a rendere molto difficoltoso, l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità: tra di esse, rientra la condotta di chi deposita in banca denaro di provenienza illecita.
Il profitto, a cui il testo dell’articolo 648 c.p. fa riferimento, non deve peraltro avere necessariamente natura patrimoniale, potendosi configurare il reato anche quando si abbia un arricchimento indiretto o in qualsiasi modo un vantaggio derivante dall’acquisto. Se, invece, il comportamento non avrà alcuna ripercussione economica su chi ottiene l’oggetto del reato, allora potrebbe ricadersi nella fattispecie di favoreggiamento reale.
Dunque, quella della ricettazione, è una condotta che richiede un dolo specifico, cioè una serie di comportamenti volontari e consapevoli del reo, non potendo configurarsi quando non vi sia determinazione a procurarsi il profitto, ovvero la coscienza del reato commesso per procurarsi i beni.
L'elemento psicologico della ricettazione può essere raggiunto anche attraverso il c.d. “dolo eventuale”, configurabile “in presenza della rappresentazione da parte dell'agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi desumere da semplici motivi di sospetto, né potendo consistere in un mero sospetto”.
La ricettazione si consuma nel momento in cui si concretizzata una delle condotte, anche quando si stipuli un accordo circa l'acquisto del bene da consegnarsi in un secondo momento (ma già in possesso del cessionario), a prescindere dalla effettiva futura consegna dello stesso.
Nel caso di specie, la "particolare tenuità", prevista nell’ultimo comma, va desunta da una complessiva valutazione del fatto, che comprenda le modalità dell'azione, la personalità dell'imputato e il valore economico dei beni oggetto di reato.
2. Il reato presupposto
Come già spiegato, il bene o il denaro ricettato, deve essere di provenienza delittuosa.
Per la legge Italiana, però, non importa che tipo di reato sia presupposto (salvo le aggravanti di cui al primo comma, a cui si è accennato all’inizio), che questo sia di natura dolosa, colposa o anche nella forma del tentativo.
Tra l’altro, ai fini della configurazione della ricettazione, non occorre che il reato presupposto sia stato giudizialmente accertato, basta che vi siano fatti sufficienti a provare che chi ha venduto o ceduto il bene non ne fosse proprietario o possessore titolato (e autorizzato alla cessione).
Elemento fondamentale, affinché possa verificarsi la ricettazione, è che il compratore non abbia partecipato, neanche formalmente, al reato presupposto, o non vi sia stato accordo precedente sull’acquisto del bene, altrimenti si rientra nell’ipotesi di concorso nel delitto presupposto medesimo.
Ilaria Bocci
Fonti normative
Articolo 648, 712, 648 bis, 279, 110 codice penale
Cass. pen. n. 4170/2007
Cass. pen. n. 12433/2010
Cass. pen. n. 53017/2016
Cass. pen. n. 52549/2017
Cass. pen. n. 42866/2017
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