Cos'è l'abuso d'ufficio
Il reato di abuso d'ufficio rappresenta una delle violazioni più rilevanti nel contesto della pubblica amministrazione italiana. Il reato di “abuso d’ufficio” ha subito numerose modifiche nel corso degli anni fino alla emanazione del Decreto Semplificazioni. La situazione, tuttavia, a breve sembra poter cambiare, in quanto sono in atto decisioni di Governo per l’abolizione di questo istituto. Di seguito si procederà ad inquadrare il reato in esame, per chiudere con gli ultimi aggiornamenti sulla sua possibile “morte giuridica”
Cos'è l'abuso d'ufficio
La fattispecie in questione rientra tra i “delitti contro la pubblica amministrazione” regolamentati dal titolo II del libro II del codice penale. In particolare, rientra tra quelli previsti al capo primo dei “delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”; mentre al capo secondo sono previsti e puniti i “delitti dei privati contro la pubblica amministrazione”. Si configura quando un pubblico ufficiale, agendo nell'esercizio delle proprie funzioni, compie un atto contrario ai doveri d'ufficio o comunque oltrepassa i limiti imposti dalla legge o dal regolamento, arrecando un danno all'interesse pubblico o a un soggetto privato.
Questo reato mira a proteggere l'imparzialità, l'efficienza e la legalità nell'amministrazione pubblica, garantendo che i pubblici ufficiali agiscano nell'interesse generale e nel rispetto dei principi di giustizia e equità. La gravità dell'abuso d'ufficio è data dalla sua potenziale capacità di ledere non solo i diritti dei cittadini, ma anche l'efficacia e la credibilità delle istituzioni statali. Pertanto, la sua individuazione, persecuzione e sanzione rivestono un ruolo fondamentale nel preservare l'integrità del sistema giuridico e nell'assicurare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche.
Si tratta, perciò, di reato proprio poiché realizzabile solamente dal pubblico ufficiale e dall’incaricato di pubblico servizio la cui condotta – perpetrata con dolo generico, nella forma del c.d. dolo intenzionale – leda il buon andamento, l’imparzialità della pubblica amministrazione e la trasparenza dell’operato dei pubblici uffici ex art. 97 Cost.; invero, parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene che il bene giuridico tutelato sia anche l’interesse del privato a non essere turbato nei suoi diritti costituzionalmente garantiti. Pertanto, si tratterebbe di reato di danno plurisoggettivo, giacché, oltre la P.A., soggetto passivo sarebbe altresì colui al quale la condotta illegittima del pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio) abbia arrecato un danno.
Qual è la pena per l'abuso d'ufficio?
L’art. 323 c.p. prevede, salvo che il fatto costituisca un reato più grave, due trattamenti sanzionatori differenti. Al co. 1 è disposto che sia punito con la reclusione da uno a quattro anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arrechi un danno ingiusto, agendo nello svolgimento delle sue funzioni o servizio e in violazione di specifiche regole di condotta previste espressamente dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti.
Al co. 2 la norma prevede una circostanza aggravante speciale ad effetto comune, sancendo che, nei casi in cui il vantaggio o il danno abbiano carattere di gravità rilevante, la pena sia aumentata. Ecco una guida essenziale su come presentare una denuncia per abuso d'ufficio, un reato che riguarda l'abuso di potere da parte di un pubblico ufficiale.
Chi sono i soggetti attivi e passivi?
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, è agevole comprendere come il reato in trattazione possa essere commesso solamente da un soggetto qualificato, nella persona del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio (figura quest’ultima introdotta dalla Legge 26 aprile 1990, n. 86). Soggetto passivo, invece, è anzitutto la pubblica amministrazione, ma l’orientamento che rileva la plurioffensività del delitto sostiene che anche il privato leso dalla condotta criminosa dell’agente debba considerarsi soggetto passivo del reato.
Evoluzione storica del reato
Il reato di “abuso d’ufficio” ha subito numerose modifiche nel corso degli anni fino alla recentissima emanazione del Decreto Semplificazioni risalente a pochi mesi fa. In particolare, la norma in questione ha subito una prima riforma nel 1990 con la Legge n. 86 che ha introdotto il requisito dell’ingiustizia del vantaggio o del danno per i quali il pubblico ufficiale agisce e l’inserimento dell’ipotesi dell’abuso perpetrato per conseguire un vantaggio di natura patrimoniale. In seguito, la Legge 16 luglio 1997 n. 234 ha profondamente modificato la struttura reato, cercando di restringere i rischi di “sconfinamento” del giudice penale nell’alveo delle scelte della pubblica amministrazione.
Per mezzo della previsione legislativa del ‘97 si sanciva che il reato fosse configurabile solo al sussistere della violazione di leggi o di regolamenti. In tal modo, ai fini della condotta di abuso d’ufficio, rilevavano solamente la generica violazione di norme di legge o di regolamento e l’inosservanza del dovere di astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti. Venivano così circoscritti univocamente i presupposti del comportamento punibile; inoltre, se precedentemente il reato era configurabile come reato di pericolo a dolo specifico e a consumazione anticipata, con la riforma diviene reato di evento. Successivamente, con l’introduzione della Legge 6 novembre 2012, n. 190, fu irriggidito il trattamento sanzionatorio del delitto di cui all’art. 323 co. 1 c.p., giacché l’art. 1 della suddetta legge ha aggravato la pena prima prevista nei limiti edittali di sei mesi e tre anni.
La riforma del 2020 nel decreto semplificazioni
Il Decreto Semplificazoni (n. 76/2020), nell’intento di snellire le procedure amministrative stante l’emergenza pandemica in corso, ha operato un’importante modifica al delitto di “abuso d’ufficio” che resta pur sempre un reato di evento perpetrato con dolo generico, ma ove muta l’elemento oggettivo, attribuendosi rilevanza alle specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, dalle quali non residuino margini di discrezionalità per il soggetto attivo.
L’originario co. 1 dell’art. 323 c.p. è stato modificato nella parte in cui recitava “Salvo che il fatto costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento...” sostituendo i termini “norme di legge o di regolamento” con “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.
Eliminato, dunque, il riferimento al “regolamento” tra le fonti capaci di generare l’abuso d’ufficio, l’ambito oggettivo di applicazione della fattispecie risulta circoscritto poiché non sono più puniti penalmente comportamenti in violazione di misure regolamentari, ma solo di specifiche regole di condotta previste da norme di rango primario; è inoltre, esclusa la rilevanza penale in termini di abuso d’ufficio se la violazione di una specifica ed espressa regola di condotta sia caratterizzata da margini di discrezionalità. Ne deriva un ridimensionamento delle responsabilità per i funzionari pubblici.
Esempio
Classico esempio della configurazione del reato di abuso d’ufficio concerne la condotta del pubblico ufficiale che riveli le tracce delle prove scritte di un concorso pubblico. In tal modo, infatti, il pubblico ufficiale viola il dovere di segretezza d’ufficio che esiste in capo ai dipendenti della pubblica amministrazione.
L’abolizione del reato di abuso d’ufficio
Il reato di abuso d'ufficio in questo inizi di anno si trova al centro di un acceso dibattito in Italia negli ultimi mesi. Il governo Meloni, con il suo DDL Nordio, ha infatti proposto l'abolizione del reato, con l'obiettivo di snellire la pubblica amministrazione e ridurre il numero di procedimenti penali a carico di funzionari pubblici. La proposta ha acceso la polemica, con le opposizioni che accusano il governo di voler depenalizzare la corruzione e favorire i politici collusi.
La Commissione Europea ha espresso perplessità, paventando un possibile impatto negativo sulla lotta alla corruzione. Il 10 gennaio 2024, la commissione Giustizia del Senato ha dato il via libera all'articolo 1 del DDL Nordio, che prevede l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio. Il testo è stato approvato con 99 voti a favore, 50 contrari e 9 astenuti. Il passaggio al Senato è stato salutato con favore dalla maggioranza, che ritiene l'abolizione del reato un passo necessario per liberare la pubblica amministrazione da un "cappio" che ne limitava l'azione. Le opposizioni, invece, hanno annunciato battaglia, annunciando il ricorso alla Corte Costituzionale se il testo dovesse essere approvato definitivamente. Il dibattito sull'abolizione del reato di abuso d'ufficio è destinato a proseguire nelle prossime settimane. La palla passa ora all'Aula del Senato, dove si terrà la discussione generale e il voto finale sul DDL Nordio.
Le posizioni a favore dell'abolizione
I sostenitori dell'abolizione del reato di abuso d'ufficio argomentano che: Il reato è troppo vago e indeterminato, creando incertezza giuridica e favorendo l'uso strumentale della giustizia. Il reato ingolfa la pubblica amministrazione con un numero eccessivo di procedimenti penali, spesso per fatti di scarsa gravità. L'abolizione del reato non significa depenalizzare la corruzione, che rimane punita da altri reati specifici.
Le posizioni contro l'abolizione
Gli oppositori dell'abolizione del reato di abuso d'ufficio argomentano che: Il reato è uno strumento fondamentale per contrastare la corruzione e l'illecito arricchimento da parte di pubblici ufficiali. L'abolizione del reato favorirebbe i politici collusi e indebolirebbe la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La riforma non è accompagnata da adeguate misure per rafforzare i controlli sulla pubblica amministrazione. Il 12 febbraio 2024, il Senato ha dato il via libera in prima lettura al DDL Nordio, un provvedimento che porta diverse novità, tra cui l'abolizione del reato di abuso d'ufficio. Questa decisione è stata sostenuta non solo dalla maggioranza, ma anche da partiti come Italia Viva e Azione.
Ora il testo passa alla Camera per la seconda lettura e il voto. Con un risultato di 104 voti favorevoli e soli 56 contrari, il Senato ha confermato l'approvazione del testo contenente l'abolizione del reato di abuso d'ufficio. Il Ministro della Giustizia ha sottolineato l'importanza di questa decisione nel rassicurare i pubblici amministratori, che spesso si sentono paralizzati dalla "paura della firma", ovvero il timore delle conseguenze sulla propria carriera e candidatura, anche in assenza di una condanna effettiva. Tuttavia, alcune preoccupazioni sono emerse dal Partito Democratico, che teme che l'abolizione del reato possa lasciare scoperti e senza sanzione i casi di conflitto di interesse. In conclusione, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio è una questione complessa con implicazioni significative per la lotta alla corruzione e l'efficienza della pubblica amministrazione. Il dibattito è acceso e le posizioni sono diametralmente opposte. La decisione finale del Parlamento italiano avrà un impatto importante sul futuro del paese. In un futuro non troppo remoto, è rimessa la verifica degli effetti conseguenti a tale scelta di Governo.
Fonti normative:
- Art. 323 c.p.
- Art. 97 Cost.
- L. n. 86/1990
- L. n. 234/1997
- L. n. 190/2012
- D.L. 76/2020
Marco Mosca
Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...