Fermi gli interventi che hanno come obiettivo la salute del paziente, aumenta esponenzialmente il numero di interventi puramente estetici. Alcuni di questi sono quasi diventati un “must have”. Talvolta però si sottovalutano i rischi che si celano dietro questo tipo di interventi. Nella trattazione vedremo come il paziente che subisce un danno a causa di un dispositivo medico difettoso, potrà far valere le sue ragioni sia nei confronti del produttore, sia nei riguardi della struttura sanitaria, del medico e/o dell’equipe medica.
Dopo numerose ricerche condotte in tutto il globo, sono stati scoperti molteplici casi di malasanità dovuta a protesi difettose. L’apertura di questo vaso di pandora ha portato i Ministri dei vari Paesi europei a prendere coscienza della carenza della legislazione e conseguentemente a mobilitarsi per dar vita ad una normativa ad hoc.
Va precisato – ond’evitare un’inutile caccia alle streghe - che i dispositivi vengono prodotti dalle aziende del settore dell'industria pesante (non dall’industria farmaceutica) che si occupano del trattamento di acciaio, titanio e altre componenti che sono basilari per la produzione delle protesi. Ciò che ha destato maggior scalpore è stata la mancata crescita dei controlli e l’aggiornamento della legislazione a seguito delle migliaia di segnalazioni pervenute.
Va detto che questi dispositivi medici non sono soggetti alla rigida regolamentazione dei test clinici prevista per i farmaci. Sono considerati come merci e quindi il solo responsabile del prodotto eventualmente difettoso è colui che lo fabbrica. Affinché dette merci possano essere commercializzate è sufficiente la certificazione CE che, dati alla mano, non dà idonee garanzie.
Ad onor di cronaca va detto che i
test sulle protesi non sono facili da condurre ma ciò non può giustificare in alcun modo questi
episodi di malasanità. Di recente è scoppiato il caso di alcuni tipi di
impianti mammari la cui composizione ha provocato in alcune donne un tumore molto raro, un
linfoma anaplastico a grandi cellule (che approfondiremo in seguito).
Il danno da protesi difettose va considerato innanzitutto come un danno da prodotto difettoso. Chi risponde di questo danno è il produttore. La normativa di riferimento è il c.d. Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005). L’art. 120 co. 1 D.Lgs. 206/2005 prevede che il danneggiato, per dimostrare la responsabilità del produttore, deve provare:
- il difetto;
- il danno;
- il nesso causale tra danno e difetto.
Il produttore, di contro, deve provare i fatti che possono escludere la sua responsabilità. Ne deriva che la responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, poiché pur prescindendo dall’accertamento della colpevolezza del produttore, non esime dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto.
Va precisato che l’onere probatorio per il paziente è particolarmente gravoso. Per quanto riguarda il caso specifico delle protesi, per raggiungere la prova del difetto del prodotto, il danneggiato dovrà dimostrare i risultati anomali – ex art. art. 117 Cod. Cons. – del dispositivo che permettono di additarlo come insicuro.
Va precisato che “difetto” non è sinonimo di “vizio”:
- il vizio ex artt. 1490 e segg. è un’imperfezione del bene che può esulare dalla mancanza di sicurezza del prodotto;
- il difetto di fabbricazione, invece, è un concetto legato a quello di garanzia nel senso che il prodotto deve assicurare i livelli minimi di sicurezza generalmente richiesti dall’utenza in relazione agli standard eventualmente imposti dalle norme, poiché in caso contrario sarà utile a ricostruire la difettosità del dispositivo.
In merito fondamentale è la sentenza della Corte di Giustizia UE 503/2015.
Il caso ha riguardato i danneggiati da pacemaker e defibrillatori automatici ma ciò non impedisce l’applicabilità a qualunque lesione da dispositivo medico. I Giudici hanno statuito requisiti di sicurezza elevata, infatti hanno precisato che l’accertamento di un potenziale difetto fa si che tutta la serie prodotta sia da qualificare come difettosa, prescindendo da verifiche mirate sui singoli pezzi della serie.
Inoltre, è stato sancito che il pregiudizio cagionato dall'operazione chirurgica di sostituzione dell’impianto difettoso sia annoverato come danno causato da lesioni personali di cui risponderà il produttore. In detti casi il produttore dovrà assolvere l’obbligazione risarcitoria nonché sarà tenuto a sopportare i costi per dare la sicurezza che ci si dovrebbe attendere dal prodotto.
Quindi ai fini dell’accertamento del difetto del prodotto sarà sufficiente una generica pericolosità del dispositivo. Tant’è vero che la Cassazione ha sostenuto che per l’accertamento della difettosità del dispositivo medico può fondarsi sulla sola prova della presumibile mancanza di sicurezza (Cass. n. 20985/2007).
Quando il paziente fornisce questa prova, la palla passa al produttore che dovrà dimostrare l’inesistenza del difetto lamentato nel tempo in cui il dispositivo è entrato in commercio.
In altri termini, il produttore è tenuto a dimostrare che la carenza di conoscenze tecnico- scientifiche non ha permesso di riscontrare il difetto.
È bene evidenziare come la mera impossibilità di individuare il produttore non impedisce di identificare un responsabile. Infatti, nel caso in cui non si possa risalire al produttore, l’obbligazione risarcitoria ricadrà in capo al fornitore come responsabile alternativo al produttore. Fin ora si è analizzata la responsabilità del solo produttore che può concorrere con la responsabilità della struttura sanitaria.
Il nosocomio è tenuto a mettere a disposizione il personale medico ausiliario, il personale paramedico e le attrezzature necessarie. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura è governata dagli artt. 1218 e 1228 cod. civ.
Quindi come affermato dalla storica sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 2008 n. 577 il paziente danneggiato dovrà dimostrare il contratto e l’insorgenza o l’aggravamento della malattia, allegando l’inadempimento del debitore; di contro è il debitore onerato della contro-dimostrare che l’inadempimento non vi è stato ovvero che non è imputabile ad una sua condotta.
Ne deriva che la struttura sanitaria e i medici, per non essere considerati responsabili, dovranno provare di aver effettuato tutti i controlli necessari e nelle loro possibilità atti a garantire l’efficienza del prodotto e che il difetto riscontrato era insorto prima che la protesi entrasse nella sua sfera di controllo.
In conclusione, il paziente danneggiato da un dispositivo difettoso ha
diritto al risarcimento, essendo nullo qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente nei suoi confronti la responsabilità del produttore. Vi potrà essere solo un’eccezione nel caso di
concorso colposo del danneggiato; in tal caso il risarcimento si valuta secondo i principi stabiliti dall'art. 1227 cod. civ. e non è dovuto se il paziente era cosciente del pericolo in quanto sapeva che il prodotto era difettoso.
Negli anni scorsi si è letto di protesi prodotte da una – ormai defunta – azienda francese, confezionate con materiale di bassa qualità e presentavano il rischio di rottura. Sono anche stati sollevati dubbi sulla sicurezza delle protesi testurizzate, le più utilizzate, che sono state collegate all’insorgere di un raro tipo di linfoma che attacca il sistema immunitario (Linfoma Anaplastico a Grandi Cellule).
Dalle analisi condotte si evince che, per quanto sussista un possibile nesso tra le protesi e il linfoma, i casi in cui si verifica sono veramente esigui. Dai dati del Ministero della salute è emerso che vi sono stati 41 casi su 51000 protesi installate. Ad oggi non c’è un dato certo che attesti la sicura connessione tra l’impianto di protesi testurizzate e l’insorgenza della malattia. Di contro si ha l’evidenza che i casi sono rari e la patologia ha altissime probabilità di guarigione.
Il Ministero della Salute ha emanato una circolare precisando che non vi sono dati per acclarare la tesi dell’aumento del rischio nel caso di impianti di tal genere e non sussiste la necessità, per i pazienti, di incrementare i controlli già prescritti dal medico curante. Il Consiglio di Stato ha sottolineato come, pur non sussistendo i presupposti per inibire la commercializzazione di detti dispositivi, è opportuno che il Ministero compia le opportune verifiche ed è necessario che si scelga di seguire una linea unitaria a livello europeo.
Come consigliato dagli esperti del settore, per le donne che hanno utilizzato protesi è auspicabile sottoporsi a periodici e canonici controlli effettuando
ecografie,
mammografie o
risonanze magnetiche come prescritto dai propri medici.
Pietro Luigi Stellaccio
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