Quando si verifica l’omissione di soccorso?
Omissione di soccorso: in quali circostanze avviene? Scopri le situazioni in cui non intervenire può configurare un reato e le relative conseguenze legali. Essenziale per automobilisti e pedoni.
- Quando si verifica l’omissione di soccorso?
- Quando una persona è colpevole di omissione di soccorso?
- Cosa succede in caso di omissione di soccorso?
- Cosa fare se si assiste ad un incidente?
- Riferimenti normativi
Può accadere a chiunque di imbattersi in persone che appaiano essere in difficoltà. Non tutti sono, però, a conoscenza del fatto che, ricorrendo determinate condizioni e presupposti, omettere di intervenire e prestare aiuto o assistenza può addirittura configurare una fattispecie di reato.
Nel prosieguo della trattazione ci si propone, appunto, di delineare quando questo accada e quali siano, in concreto, le conseguenze cui va incontro il soggetto che tenga un comportamento omissivo o reticente.
La fattispecie di reato che viene in rilievo è quella di omissione di soccorso, prevista e punita ai sensi dell’art. 593 c.p. e, come si avrà modo di vedere, di ulteriori disposizioni normative contenute nella legislazione speciale.
1. QUANDO SI VERIFICA L’OMISSIONE DI SOCCORSO?
Per comprendere quando il comportamento del singolo possa concretizzare la fattispecie di omissione di soccorso sembra opportuno prendere le mosse dal dato normativo. Il disposto dell’articolo 593 c.p. contempla due ipotesi, le quali presentano alcuni punti in comune, differenziandosene per altri. Innanzitutto, è evidente che le due situazioni tipiche delineate sono accomunate dal fatto che perché possano applicarsi non deve sussistere un particolare dovere di assistenza che sia penalmente sanzionato.
Ove ciò si verifichi, infatti, in ossequio ai principi generali, si deve fare applicazione della norma speciale. Inoltre, il presupposto della condotta criminosa consiste nel trovare abbandonato o smarrito un soggetto incapace ovvero un corpo umano che appaia inanimato o, ancora, una persona che sembri altrimenti in pericolo. In proposito, è opportuno fornire qualche breve chiarimento sul piano linguistico.
Si sottolinea che il termine “trovare” assume, in questo contesto, il significato di imbattersi o, comunque, di trovarsi in presenza di una persona che versi in uno stato di pericolo nel senso che verrà in seguito specificato. Sussiste la situazione di “abbandono” ivi rilevante allorché la persona sia stata lasciata in balìa di se stessa, privata di alcun supporto in termini di cura o di custodia.
Quanto al concetto di “smarrimento”, invece, si ritiene che debba intendersi “smarrita” la persona che per un qualsivoglia motivo sia nell’impossibilità di ritrovare la propria dimora. Circa il significato da attribuirsi alla definizione di “persona ferita”, infine, si è a lungo discusso in merito alla delimitazione del concetto, dubitandosi se debba alludersi solo a chi presenti una ferita in senso proprio o anche a chi presenti una lesione personale. Il dibattito è tutt’oggi aperto.
Può commettere il reato chiunque si trovi in una delle situazioni espressamente disciplinate, ivi compreso colui che con la sua condotta abbia cagionato alla vittima una lesione personale. Ove ciò accada l’agente, d’altronde, rischierebbe di rispondere di entrambi i reati. Si tratta, quindi, nonostante quanto possa ad una prima lettura sembrare dalla formulazione del dettato normativo, di un reato proprio.
Ciò premesso quanto agli elementi che accomunano le due figure delineate dall’articolo 593 c.p., è d’uopo ora focalizzarsi su quegli aspetti che, invece, sono idonei a caratterizzare le singole fattispecie disciplinate dalla norma.
Il primo comma tipizza la condotta di chi omette di dare avviso all’autorità del ritrovamento di un soggetto abbandonato o smarrito, quando si tratti di un bambino di età inferiore agli anni dieci o di altra persona incapace di provvedere a se stessa, in quanto affetta da malattia fisica o mentale dovuta a vecchiaia o ad altra causa.
Per evitare un’incriminazione ai sensi del primo comma è, dunque, necessario che il soggetto provveda prontamente ad informare del ritrovamento l’autorità competente in modo che possa attivarsi nel più breve tempo possibile. In base al secondo comma, la condotta incriminata è, invece, quella di colui il quale omette di prestare l’assistenza occorrente o, ancora una volta, di avvisare l’autorità allorché trovi un corpo umano che sia o sembri essere inanimato, ossia non presti il soccorso che appaia necessario per evitare il verificarsi di un danno.
In specie, ove sia necessario prestare un’assistenza immediata e il soggetto sia in grado di fornirla personalmente, si deve ritenere che sia, in primo luogo, tenuto a fornire soccorso. Se non lo facesse e si limitasse, al contrario, esclusivamente ad avvisare la competente autorità risponderebbe, comunque, del delitto di omissione di soccorso. Non potrebbe nemmeno essere utilmente opposta, secondo l’opinione prevalente invalsa in dottrina e in giurisprudenza, a sua discolpa la possibilità di intervento da parte di terze persone. L’obbligo di prestare assistenza permane, altresì, nell’eventualità in cui l’adempimento esponga il soggetto ad un rischio personale.
L’unica situazione che potrebbe eventualmente escludere la responsabilità è quella in cui all’omissione, l’agente sia costretto dal c.d. “stato di necessità”, inteso come necessità di salvare sé od altri dal pericolo di un grave danno alla persona (in ossequio a quanto previsto dalla scriminante di cui all’art. 54 c.p.), danno che non può essere evitato in altro modo. A tal fine è, tuttavia, necessario che lo stato di pericolo che si richiede ai fini della configurazione del reato in esame non sia stato cagionato dallo stesso soggetto sul quale ricade l’obbligo.
Si opina, al contrario, nel senso che l’obbligo di prestare assistenza o di dare avviso all’autorità cessi allorquando il soggetto si trovi, per la sua età, le sue condizioni particolari od altre cause non tipizzate (e, quindi, da valutarsi caso per caso in concreto), nell’impossibilità di ottemperare. Ciò in ossequio al generale principio “ad impossibilia nemo tenetur”. Come si anticipava già nell’introduzione, le ipotesi di omissione di soccorso disciplinate dalla normativa penalistica sono molteplici e non si esauriscono in quelle enucleate nell’articolo 593 c.p., ma possono rinvenire regolamentazione anche in ulteriori leggi.
Tra le più rilevanti si rammenta quella disciplinata dall’articolo 189 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285. La particolare figura di omissione di soccorso in questione si caratterizza in quanto vede come soggetto attivo del reato il conducente (ossia il guidatore) di un veicolo, sia esso a motore o meno, il quale, successivamente ad un sinistro stradale, provochi un danno alle persone e, in seguito a ciò, ometta di prestare il soccorso che appaia, in base alle caratteristiche del singolo caso, dovuto.
Soggetto passivo di questa fattispecie è, appunto, colui che ha subito le lesioni. Secondo l’opinione nettamente prevalente il reato, però, non può dirsi integrato, e, quindi, l’agente non risponde penalmente, allorché il soggetto passivo sia morto oppure qualora il soccorso necessario sia prestato da altri. Anche in questo caso l’elemento soggettivo che caratterizza la fattispecie è dato dal dolo generico, che si concreta nella coscienza e volontà di omettere l’intervento salvifico necessario ex lege.
Il delitto si consuma con il mancato compimento della condotta richiesta, senza che assuma rilevanza alcuna l’entità delle lesioni riportate dal danneggiato. Non vale, quindi, ad escludere il reato il rilievo che quest’ultimo abbia riportato solo lesioni lievi o addirittura lievissime.
Per concludere, sembra opportuno rammentare che per il delitto di omissione di soccorso è prevista una circostanza aggravante speciale (ossia una circostanza specificamente prevista per questo tipo di reato ed in presenza della quale la pena che il giudice può disporre è aumentata rispetto all’ipotesi ordinaria, c.d. base), configurabile nel caso in cui dalla condotta derivi la morte o la lesione del soggetto passivo. Nel primo caso la pena è aumentata nella misura della metà, nel secondo nella misura di un terzo.
2. QUANDO UNA PERSONA È COLPEVOLE DI OMISSIONE DI SOCCORSO?
Affinché una persona possa essere ritenuta colpevole di omissione di soccorso ai fini della legislazione penale è necessario che le condotte tipiche come più sopra descritte (cfr. quanto delineato sub par. 1) siano poste in essere con dolo generico, anche se il medesimo concetto assume connotazioni tra loro differenti a seconda che si configuri l’ipotesi di cui al primo comma ovvero quella di cui al secondo comma dell’articolo 593 c.p.
Per quanto attiene al primo comma il soggetto agente risponde qualora abbia posto in essere la condotta non solo nella consapevolezza del ritrovamento di una persona di età inferiore ai dieci anni o che, comunque, sia assolutamente incapace di provvedere a se stessa, ma anche con la coscienza e volontà di omettere di darne immediato avviso all’autorità.
Qualora ricorra, invece, la figura prevista e punita dal comma secondo dell’articolo 593 c.p. il dolo consiste nella coscienza di aver rinvenuto un corpo umano vivo, ma che sia o quantomeno appaia inanimato o, in alternativa, una persona ferita o comunque in stato di pericolo oltre alla coscienza e volontà di omettere di prestare, nei suoi riguardi, l’assistenza di cui necessiti ovvero di darne immediato avviso all’autorità.
Ove non sussistano sul piano soggettivo i requisiti più sopra delineati il reato non si configura, non essendo, d’altronde, prevista la figura di omissione di soccorso colposa.
3. COSA SUCCEDE IN CASO DI OMISSIONE DI SOCCORSO?
L’accertamento della commissione del fatto tipico della fattispecie di omissione di soccorso comporta quale conseguenza primaria l’incardinamento di un procedimento penale a carico del soggetto che se ne è reso colpevole o, comunque, appaia tale.
Il reato è, d’altronde, perseguibile d’ufficio, sicché è necessario e sufficiente che il Pubblico Ministero acquisisca in qualsivoglia modo la notizia di reato affinché possa procedersi. Il giudizio si svolge, come previsto dal codice di rito, dinnanzi al Tribunale in composizione monocratica e può avere conseguenze differenziate e graduate in base alla gravità del fatto commesso.
Ove, infatti, il soggetto venga ritenuto penalmente responsabile ai sensi dell’articolo 593 c.p. per la fattispecie base (quella di cui ai primi due commi della disposizione) la conseguenza sarà la comminazione della pena della reclusione fino ad un anno o della multa fino a 2.500,00 euro.
Allorché, invece, venga riconosciuta la sussistenza anche una circostanza aggravante (ai sensi dell’ultimo comma della norma incriminatrice) la pena è aumentata.
L’aumento corrisposto è fissato legislativamente nella misura ordinaria di un terzo se dal fatto deriva una lesione personale (con conseguente applicazione della reclusione fino a 18 mesi ovvero della multa fino ad euro 3.333,33) ovvero nella misura del doppio (con condanna conseguente alla reclusione fino a 2 anni ovvero alla multa fino ad euro 5.000,00) se dal fatto derivi la morte del soggetto nei cui confronti si è omesso il soccorso. In aggiunta a quanto già premesso, ove la persona offesa dal reato, in qualità di danneggiata, dovesse costituirsi parte civile nel processo penale, il soggetto imputato, se riconosciuto colpevole, dovrà anche corrispondere la somma che il giudice stabilirà in termini di risarcimento del danno cagionato attraverso la condotta illecita.
4. COSA FARE SE SI ASSISTE AD UN INCIDENTE?
Al fine di evitare di incorrere in un’incriminazione e una condanna per omissione di soccorso è, quindi, necessario che il soggetto che assista, anche solo accidentalmente, ad un incidente segua le indicazioni imposte dalla legge.
Pertanto, è, innanzitutto, indispensabile che il soggetto che si trovi di fronte a persone che siano nelle situazioni descritte dalla disciplina penalistica si fermi ed effettui una subitanea valutazione della situazione che gli si prospetta.
Ove trovi un bambino di età inferiore ai dieci anni o altra persona che sia, per le cause delineate dal codice, nell’impossibilità di provvedere a se stessa deve immediatamente chiamare l’autorità.
Se si imbatta, invece, in un corpo che sia o sembri inanimato o in una persona ferita o comunque in pericolo e ritenga di essere nella concreta possibilità di prestare soccorso deve provvedere in tal senso, senza, peraltro, eccedere in comportamenti azzardati.
Qualora, invece, non gli sia possibile prestare un valido aiuto, prestando l’assistenza occorrente, senza tergiversare deve subitaneamente rivolgersi all’autorità competente per portarla a conoscenza dell’accaduto, in modo da consentire un tempestivo intervento della stessa.
5. RIFERIMENTI NORMATIVI
- Articoli 593 c.p. e 54 c.p.
- Articolo 189 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285
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