La pena per spaccio di stupefacenti
L’ordinamento italiano punisce con la reclusione e la multa chiunque coltivi, produca, fabbrichi, estragga, raffini, venda, offra, ceda, distribuisca, commerci, trasporti, procuri ad altri, invii, passi, spedisca, consegni per qualunque finalità o detenga, per la vendita o per la cessione, sostanze stupefacenti o psicotrope.
In Italia i reati inerenti la detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope non sono contemplati dal codice penale ma da un’apposita legge speciale. Il D.P.R. n. 309 del 1990, Testo unico sugli stupefacenti, all’articolo 73 individua le varie fattispecie costituenti reato ed i correlati regimi sanzionatori.
Prima di soffermaci sull’evoluzione legislativo che ha interessato la disciplina, è utile precisare che costituiscono spaccio tutte le condotte di cessione, anche ad uso gratuito, di sostanze stupefacenti: regalare uno “spinello” o una “riga” ad un amico è reato.
La disciplina è stata interessata dal fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo che ha inciso sul piano sanzionatorio. Originariamente il regime sanzionatorio si basava sulla distinzione tra droghe “pesanti” e “leggere” attraverso due apposite tabelle pubblicate dal Ministero della Salute.
Con la legge 49/2006 si assistette alla sovversione di tale principio ed all’annullamento di predetta ripartizione attraverso l’accumulazione delle sostanze in un’unica tabella.
Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale (sentenza n. 32 del 2014) determinando in concreto la riviscenza della normativa antecedente alla novella del 2006, ripristinando la distinzione tra droghe leggere e pesanti.
Occorre precisare che il Legislatore non ha fornito una definizione onnicomprensiva di sostanze stupefanci e psicotrope operando un mero rinvio alle tabelle medicali aggionate periodicamente ad opera del Ministero della Salute.
Il reato di spaccio
L’ordinamento italiano punisce con la reclusione e la multa chiunque coltivi, produca, fabbrichi, estragga, raffini, venda, offra, ceda, distribuisca, commerci, trasporti, procuri ad altri, invii, passi, spedisca, consegni per qualunque finalità o detenga, per la vendita o per la cessione, sostanze stupefacenti o psicotrope.
Pertanto, il reato di spaccio di droga si configura anche nell’ipotesi in cui avvenga la cessione di droga tramite vendita o in maniera gratuita, come può avvenire tra conoscenti e amici, mediante la cessione o consegna della sostanza.
Il soggetto che compie tali attività è punito con la pena della reclusione:
- Droghe pesanti (come cocaina ed eroina): da 8 a 20 anni e con la multa;
- Droghe leggere: da 2 a 6 anni e con la multa.
Le sanzioni quivi richiamate vengono applicate anche a colui che importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o detiene in modo illecito sostanze stupefacenti o psicotrope, per uso non esclusivamente personale.
È importante sottolineare che, nelle ipotesi in cui si configuri il reato di spaccio, oltre alle sanzioni penali, vengono applicate anche sanzioni amministrative:
- La sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla fino a tre anni;
- la sospensione della licenza di porto d’armi o divieto di conseguirla;
- la sospensione del passaporto e di altro documento assimilabile o divieto di conseguirli;
- e la sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se è cittadino extracomunitario.
Inoltre, la pena prevista:
- è aumentata da metà fino a due terzi se si tratta di quantità molto elevate di sostanze stupefacenti o psicotrope;
- è aumentata laddove le droghe siano adulterate o mescolate con altre, poiché divengono più dannose;
- in caso di fatti di lieve entità per la quantità o qualità delle sostanze, nonché per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione, va da sei mesi a quattro anni.
Cosa si intende per uso personale di stupefacenti?
Nel caso in cui vi sia uso esclusivamente personale, l’acquisto, la detenzione, la ricezione, l’esportazione e l’importazione di droga non costituisce reato, ma solo un illecito amministrativo.
Non esiste, però, una definizione univoca del concetto di “uso personale”, poiché la legge individua esclusivamente una serie di criteri indiziari e rimanda al magistrato l’attività di stabilire la sussistenza dell’uso personale o meno.
I criteri sono tre:
- la quantità della sostanza, se inferiore o superiore rispetto i limiti massimi indicati nelle apposite tabelle ministeriali;
- le modalità di confezionamento della droga;
- ogni altra circostanza considerata significativa (es. il ritrovamento di materiali idonei al confezionamento, come il bilancino.
Sulla base delle tabelle ministeriali, la quantità massima che può essere detenuta, affinché vi sia esclusivamente uso personale, si determina moltiplicando la dose media singola per un numero stabilito (il c.d. moltiplicatore).
Ne deriva, però, un valore indicativo; infatti, se il limite previsto dalle tabelle viene superato si presuppone il reato di spaccio, fatta salva la possibilità di dimostrare l’uso personale del maggior quantitativo detenuto.
Invece, se il valore è al di sotto del limite, non si può stabilire in maniera automatica l’uso personale, poiché è necessario escludere la presenza di elementi indicativi del reato di spaccio.
La pena per lo spaccio di sostanze stupefacenti
L’art. 73 del D.P.R. 309 del 1990, disciplinante produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope è una norma che comprende tre diverse ipotesi sanzionatorie, ciascuna delle quali ricomprende al suo interno differenti condotte penalmente rilevanti elencate dalla norma.
a) RECLUSIONE DA 6 A 20 ANNI + MULTA DA 26.000 A 260.000 EURO (ipotesi sanzionatoria di cui ai commi 1, 1 bis e 3)
- Si tratta di una norma che comprende dai 6 ai 20 anni di reclusione nonchè una multa dai 26.000 ai 260.000 euro, diverse condotte, ed in particolare coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione, vendita, offerta o immissione in vendita, cessione, distribuzione, commercio, trasporto, procurare a terzi, invio, passaggio o spedizione, consegna di sostanze stupefacenti o psicotrope.
- Alla stessa pena è soggetto chi importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o illecitamente detiene sostanze stupefacenti, che per quantità (superiore alla cosiddetta Q.M.D., quantità minima detenibile secondo le tabelle del Ministero della Salute), modalità di presentazione e circostanze del fatto, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale.
- Se si tratta di medicinali contenenti sostanze psicotrope eccedenti, i quantitativi stabiliti sono nelle predette tabelle, le pene sopra esposte sono diminuite da 1/3 alla metà.
b) RECLUSIONE DA 6 A 22 ANNI + MULTA DA 26.000 A 300.000 EURO (ipotesi sanzionatoria di cui al comma 2).
È la sanzione prevista nel caso in cui un soggetto munito di autorizzazione del Ministero della Salute, ex art. 17 dello stesso decreto, fuori dai casi e dalle modalità tassativamente previste dalla legge, cede, mette in commercio o procura agli altri le sostanze o le preparazioni indicate nelle predette tabelle ministeriali.
La stessa pena si applica a chiunque coltivi, produca, fabbrichi sostenze stupefacenti o psicotriche diverse da quelle classificate ad opera del decreto di autorizzazione.
c) RECLUSIONE DA 6 MESI A 4 ANNI + MULTA DA 1.032 A 10.329 EURO. (ipotesi sanzionatoria di cui al comma 5) Ante riforma 2013 la fattispecie di cui al comma 5 veniva considerata una mera circostanza attenuante dell’articolo 73 comma 1.
Oggi tale condotta antigiuridica è considerata una fattispecie autonoma di reato. Il comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309 del 1990, prevede la cosiddetta la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità.
Il reato presenta il requisito di lieve entità nell’ipotesi in cui la condotta illecita del soggetto palesi una “minima offensività” penale da valutare in virtù dei mezzi, delle modalità e delle altre circostanze dell’azione, ovvero della qualità e quantità delle sostanze.
Sul punto occorre precisare che il bene giuridico tutelato è la salute, sicchè il fatto sarà di lieve entità nell’ipotesi in cui si concretizzi una minore portata dell’attività del reo ed una correlata ridotta circolazione di sostanze e denaro.
È importante rilevare che il solo dato quantitativo non è automaticamente assorbente di tutte gli altri presupposti da considerare per la lieve entità del fatto.
d) La pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (ipotesi sanzionatoria di cui ai comma 5 bis e 5 ter) Il comma 5 bis prevede, altresì, che nell’ipotesi di lieve entità, se il soggetto in questione è tossicodipendente o assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità, ove ci siano le condizioni previste ex lege.
Tra i presupposti dell’applicazione della pena sostitutiva sono:
1. Tempestiva richiesta dell’imputato;
2. Audizione del pubblico ministero;
3. Mancata concessione della sospensione condizionale della pena;
4. Prova dello stato di tossicodipendenza del richiedente. Il lavoro di pubblica utilità, da svolgersi presso strutture pubbliche (presidi sanitari) o strutture private convenzionati ( società cooperative) sarà disposto dal Giudice tenendo conto delle particolari attitudini del reo ed avrà una durata pari a quella della sanzione detentiva irrogata.
La pena sotitutiva consiste in un’attività svolta a beneficio della comunità e rappresenta, da un lato, un valido strumento alternativo alla pena detentiva, dall’altro, una concreta possibiltà per il condannato di rieducarsi e ricollocarsi nel tessuto sociale.
Qualora l’imputato sia un tossicodipendete o un assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, seppur in assenza della lieve entità del fatto, il Giudice, laddove infligga una sanzione detentiva non superiore ad un anno, applica la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
Quando una condotta è da considerarsi di lieve entità?
Anzitutto, il fatto deve essere considerato avuto riguardo ai mezzi, alle modalità e alle circostanze dell’azione, ovvero alla quantità e alla qualità della sostanza stupefacente.
Ciò che rileva è che la condotta presenti la “minima offensività penale”, desunta da una “valutazione congiunta” dei sopra indicati presupposti del reato, che permette di apprezzare ogni singolo elemento del fatto sia singolarmente che alla luce del contesto in cui il reato è commesso.
Affinché il fatto rientri in questa meno grave fattispecie, occorre, pertanto, che nessuno di tali elementi sia negativamente preponderante rispetto agli altri. È importante rilevare che il solo dato quantitativo non è automaticamente assorbente di tutte gli altri presupposti da considerare per la lieve entità del fatto.
Esempio di pena per spaccio di stupefacenti
Se Tizio detiene 50 grammi di marijuana di scarsa qualità (eccedente la quantità minima detenibile di sostanza stupefacente), la sostanza era conservata in maniera rudimentale, non è stato trovato in possesso di bilancini o altri strumenti di confezionamento, ha collaborato con le forze dell’ordine consegnandola volontariamente agli agenti ed è un tossicodipendente abituale, gioverà del regime più favorevole di cui al 5 comma, nonostante il quantitativo di sostanza sia elevato, perché non è da escludere che, alla luce delle sopra indicate circostanze, Tizio la detenga per un consumo esclusivamente personale e non destinato allo spaccio.
Per contro, se la quantità di sostanza stupefacente supera un ragionevole limite, basato sul valore economico tale da ipotizzare pericolo di accumulo, le altre circostanze favorevoli saranno assorbite dal dato quantitativo esorbitante e non considerate ai fini della configurazione del fatto come di lieve entità.
Il comma 5 bis prevede, altresì, che nell’ipotesi di lieve entità, se il soggetto in questione è tossicodipendente o assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità, ove ci siano i presupposti.
Circostanza attenuante e riduzione della pena per spaccio
Infine, il comma 7 prevede una circostanza attenuante specifica applicabile a tutte le fattispecie di reato previste dall’art. 73 che comporta la riduzione della pena dalla metà a 2/3 per chi si adopera per evitare che dall’attività delittuosa scaturiscano conseguenze ulteriori, aiutando l’autorità giudiziaria.
Confisca del prodotto e profitto del reato. Con la sentenza di condanna il Giudice ordina, alternativamente, la confisca:
- delle cose costituenti il prodotto o il profitto del reato, salvo l’ipotesi in cui esse appartengano a soggetto estraneo al reato
- dei beni del reo per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
Le novità per lo spaccio di “lieve entità”
Secondo la legge, la pena prevista per lo spaccio di sostanze stupefacenti è ridotta se la cessione, per i mezzi, la modalità o le circostanze ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità.
Lo spaccio di droga è di lieve entità quando, in considerazione del complessivo quantitativo o del fatto che la sostanza sia detenuta senza particolari accorgimenti o cautele e in pubblico, sia evidente che il crimine abbia una portata tutto sommata modesta.
Per la giurisprudenza, la lieve entità ricorre nelle condotte di modesta e non rilevante detenzione di sostanze stupefacenti, nonché in quelle di spaccio effettuate con rudimentale organizzazione di mezzi e di persone, quando non risulti una diretta partecipazione ad attività organizzative di rilevante pericolosità.
Pertanto, si ha lieve entità di spaccio a prescindere dal tipo di droga ceduta, purché dal fatto si possa escludere che l’attività non sia portata avanti in maniera sistematica e professionale. Secondo la Corte di Cassazione (Cass., sent. n. 28129 del 20 luglio 2021), dunque, nello spaccio di lieve entità rientra qualsiasi cessione di droga, sia leggera che pesante, purché le circostanze facciano ritenere di trovarsi davanti a un fatto di scarsa pericolosità sociale.
Nei casi di spaccio di lieve entità, la pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, oltre alla multa da 1.032 a 10.329 euro. Lo spaccio di lieve entità costituisce una fattispecie autonoma di reato. Ciò significa che il piccolo spacciatore, oltre a beneficiare di una pena di gran lunga inferiore rispetto allo spaccio “ordinario” (sia di droghe leggere che di droghe pesanti), può perfino ottenere ulteriori sconti di pena al ricorrere di circostanze attenuanti.
Ad esempio, secondo la Suprema Corte (Cass., sez. un., sent. n. 24990/2020), allo spaccio di lieve entità può applicarsi l’attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità, tutte le volte in cui il pusher abbia ricavato un guadagno veramente minimo.
Fonti normative
- Riferimenti normativi: D.P.R. 309 del 1990
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Doriana Sorrentino
Laureata in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Master II Livello in Diritto e Processo Tributario. Avvocato e responsabile area Compliance. Partecipazione a numerosi corsi di alta formazione in ambito giuridico. ...