Le circostanze attenuanti. Le circostanze attenuanti generiche
Le circostanze aggravanti, in ossequio al principio di tassatività, sono esclusivamente quelle previste dalla legge penale.
- Introduzione, cosa sono le circostanze
- La classificazione delle circostanze
- Le circostanze attenuanti nel codice penale
- Conclusione
Introduzione, cosa sono le circostanze
Il nostro codice penale prevede diverse forme di reato, il reato semplice ed il reato circostanziato. Con riferimento al reato semplice, vi sono degli elementi che costituiscono il reato, che sono essenziali per la sua configurabilità.
Occorre precisare che anche se il reato appare quale fenomeno unitario, la dottrina ha cercato di scomporne gli elementi al fine di analizzarne le caratteristiche. Così, secondo i fautori della teoria della bipartizione, il reato deve essere suddiviso in due principali elementi:
1. l’elemento oggettivo: dato dal fatto, che deve essere tipico (previsto e vietato dalla legge penale) e dalla condotta umana eventualmente seguita dall’evento e dal nesso causale e l’assenza delle cause di giustificazione;
2. l’elemento soggettivo: ossia la colpevolezza, sotto forma di dolo, colpa o preterintenzione.
Inoltre, vi è la teoria della tripartizione che fraziona il reato in:
1. fatto tipico, insieme agli elementi oggettivi anzi descritti, escluse le cause di giustificazione;
2. antigiuridicità: la contrarietà del fatto alle norme penali e l’assenza delle cause di giustificazione;
3. colpevolezza.
Oltre agli elementi essenziali, in cui si manifesta il reato semplice, la legge prevede degli elementi che non sono necessari per l’esistenza del reato, ma se presenti essi devono essere valutati al fine di un aumento o di una diminuzione della pena.
Tali elementi accidentali fanno parte della categoria delle circostanze del reato. La funzione delle circostanze è quella adeguare la pena alla concreta gravità del fatto. La pena prevista in astratto per il reato semplice è detta pena base o pena edittale, su di essa verranno calcolati gli aumenti o le diminuzioni dipendenti dalle circostanze aggravanti o attenuanti; l’organo giudicante dovrà, in sede di giudizio, valutare il bilanciamento o la prevalenza tra circostanze aggravanti ed attenuanti ed adeguare la pena al caso concreto.
La classificazione delle circostanze
La classificazione delle circostanze data dal nostro codice penale è molto schematica: la prima distinzione è, appunto, quella tra circostanze attenuanti e le circostanze aggravanti a seconda che comportino un aggravamento o una diminuzione della pena.
Tra queste vi sono:
- le circostanze comuni (artt. 61, 62 e 62 bis c.p.) che ineriscono ogni reato e le circostanze speciali che invece sono relative ad uno specifico reato (come la premeditazione per il delitto di omicidio, art. 577, n. 3 c.p.);
- le circostanze oggettive e soggettive (art. 70 c.p.): sono oggettive ad esempio quelle che concernono la gravità del reato e soggettive quelle che riguardano l’intensità del dolo; - le circostanze ad effetto comune che prevedono un aumento o una diminuzione fino ad un terzo (art. 63, comma 1, c.p.) e le circostanze ad effetto speciale che comportano un aumento o una diminuzione superiore ad un terzo (art. 63, comma 2, c.p.), oppure una variazione dal punto di vista qualitativo, tramutando ad esempio una pena detentiva in una pena pecuniaria.
Le circostanze attenuanti nel codice penale
In questo breve articolo cercheremo di analizzare, in particolare, le circostanze attenuanti, che come anticipato comportano una diminuzione della pena base. Oltre alla classificazione appena descritta, il codice penale disciplina singole ipotesi di circostanze attenuanti.
Le circostanze attenuanti comuni
L’art. 62 c.p., nel rispetto del principio di tassatività, elenca sei ipotesi di circostanze attenuanti comuni:
1. l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale: la pena viene diminuita per il valore nobile che ha mosso il soggetto agente;
2. l’avere reagito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui: c.d. provocazione, l’azione è stata determinata da un fatto ingiusto altrui, il quale può essere doloso o colposo;
3. l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto: in questo caso l’agente ha una minorata capacità di autodeterminazione;
4. l’avere nei delitti contro il patrimonio o che offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità: la diminuzione della pena viene presa in considerazione per una speciale tenuità del fatto;
5. l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa: la vittima stessa concorre in maniera cosciente e volontaria alla cauzione dell’evento;
6. l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno mediante il risarcimento di esso o mediante le restituzioni; al di fuori dei casi previsti dall’art. 56 c.p., l’essersi prima del giudizio adoperato per attenuare o elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato.
Si tratta dell’ipotesi di c.d. ravvedimento operoso, dato dalla riparazione della condotta attraverso la restituzione o il risarcimento del danno.
Le circostanze attenuanti generiche
L’art. 62 bis c.p. prevede le c.d. circostanze attenuanti generiche, introdotte al fine di consentire una mitigazione della pena al caso concreto. Tale norma offre un’ampia discrezionalità al giudice il quale può considerare delle situazioni e contingenze che non sono specificamente previste.
Venendo al tenore letterale della norma, la stessa così dispone: “Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.”
In questo ambito il giudice deve compiere il proprio giudizio supportato dai criteri indicati dall’art. 133 c.p. , idonei a garantire che ogni aspetto della vicenda delittuosa, possa essere valutato positivamente ai fini della comminazione della pena in concreto, come il grado della colpa e della capacità delinquere dell’imputato, il minore disvalore sociale di condotte positive poste in essere dall’imputato, la tenuità del danno arrecato alla persona offesa, i motivi che lo hanno indotto all’azione e al grado del dolo e della colpa.
Inoltre, il giudice potrà concedere le attenuanti generiche anche in relazione al comportamento processuale mostrato dall’imputato. Ad ogni modo, il giudice dovrà motivare dall’obbligo sia la loro applicazione sia la loro esclusione.
La L. 251/2005 ha introdotto il secondo comma dell’art. 62 bis c.p., limitando l’applicazione delle attenuanti generiche per i recidivi: “ai fini della concessione da parte del giudice delle circostanze attenuanti generiche, non si tiene conto dei criteri di cui all’art. 133, primo comma n. 3, c.p. (intensità del dolo e grado della colpa, capacità a delinquere) e secondo comma; dell’art. 99, quarto comma, c.p., recidiva reiterata), in relazione ai delitti previsti dall’art. 407, comma 2, c.p., lettera a) del codice di procedura penale nel caso in cui essi siano puniti con una pena non inferiore nel minimo a cinque anni”.
Pertanto il giudice non potrà applicare le attenuanti in esame ove all’imputato sottoposto al suo giudizio debba essere riconosciuta la recidiva reiterata (art. 99 comma 4, c.p.) in relazione ai reati di terrorismo, di organizzazione mafiosa, pertinenti alla materia delle armi, degli stupefacenti, rapina, omicidio, strage, sequestro di persona, tratta e riduzione in schiavitù (art. 407, comma 2, c.p., lettera a) del c.p.p.).
Occorre segnalare che con sentenza del 10 giugno 2011 n. 183 della Corte Costituzionale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art 62 bis c.p., come sostituito dall’art. 1, comma 1 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui stabilisce che ai fini dell’applicazione del primo comma dello stesso articolo, non si possa tenere conto della condotta del reo susseguente al reato. Infatti, escludere che possa valutarsi positivamente una condotta successiva al reato, sintomatica di una positiva evoluzione in atto della personalità dell’imputato, significa porsi in contrasto con l’art. 27, terzo comma, della Costituzione.
La norma appena richiamata si pone l’obiettivo di rieducare il condannato, che non potrebbe essere efficacemente perseguito escludendo il giusto valore a quei comportamenti che manifestano una riconsiderazione critica del proprio operato. Il terzo comma della norma dispone che “in ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma”.
Anche in questo caso vi sono dei limiti alla discrezionalità del giudice il quale potrà valutare positivamente la mancanza di precedenti penali solo nel caso in cui vi siano delle condizioni che possano giustificarne il beneficio.
Un importante dibattito giurisprudenziale si è acceso in virtù dalla doppia valutabilità per il giudice degli indici posti in essere dall’art. 133 c.p. e dall’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, ponendosi al tal proposito un problema di violazione del principio del ne bis in idem, per il quale uno stesso fatto, oggetto di una sanzione penale non può essere oggetto di una successiva valutazione.
La Corte di Cassazione penale con sentenza n. 933 del 13 gennaio 2014, ha risolto tali interrogativi affermando che la doppia valutazione dello stesso elemento è legittima sempre che sia operata a fini diversi, inoltre, con riferimento ai rapporti tra commisurazione della pena in senso stretto di cui all’art. 133 c.p. e attenuanti generiche, ha ritenuto che i criteri dell'art. 133 c.p. “possano essere presi in considerazione dal giudice sia per determinare la pena base, sia per concedere o escludere le attenuanti generiche.”
Conclusione
La presenza delle attenuanti generiche è un’espressione dal principio del favor rei, per il quale il nostro ordinamento non considera a numero chiuso la categoria delle circostanze attenuanti e accorda una mitigazione della pena a comportamenti espressione di un minore disvalore sociale non espressamente previsti.
Al contrario, le circostanze aggravanti, in ossequio al principio di tassatività, sono esclusivamente quelle previste dalla legge penale.
Avv. Simona De Mauri
Fonti:
- artt. 61 e seguenti c.p.; art 133 c.p.
- F.Antolisei, Manuale di diritto penale, parte generale, Giuffrè editore;
- F. Ramacci, Corso di diritto penale, Giappichelli editore;
- Corte Costituzionale, Sentenza n. 183 del 10 giugno 2011;
- Corte di Cassazione Sentenza n. 933 del 13 gennaio 2014.
Reva Kunze
Sono l'avv. Simona De Mauri, mi occupo di diritto penale diritto civile, in particolar modo di procedure esecutive, diritto commerciale, assicurativo e famiglia.