Cosa si rischia per l'incasso della pensione dopo la morte?
La scomparsa di una persona cara comporta l’onere di effettuare diversi adempimenti: tra questi rientra anche quello di informare l’INPS del decesso qualora il defunto riceva l’assegno di pensione. Se questo non avviene, il conseguimento della pensione comporta conseguenze penali. Vediamo i dettagli.
- Incasso pensione dopo la morte
- I raggiri per ottenere la pensione dopo la morte: truffa aggravata
- Fonti normative
1. Incasso pensione dopo la morte
L’argomento che tratteremo oggi riguarda il tema del diritto previdenziale e, più precisamente, quali sono i rischi per chi consegue indebitamente l’assegno pensionistico, dopo la morte del titolare dell’assegno medesimo.
A seguito della scomparsa del soggetto beneficiario dell’assegno da parte dell’INPS, gli eredi hanno l’obbligo di comunicare all’ente previdenziale il suo decesso affinché quest’ultimo possa sospendere il pagamento delle mensilità.
In caso contrario, l’indebita percezione della pensione può comportare conseguenze a livello penale, dando vita al reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (disciplinato dall’art. 316 ter del codice penale).
Questo prevede la pena della reclusione da sei mesi fino a tre anni, per chi utilizzi o presenti documenti falsi o omette di comunicare le informazioni relative all’erogazione del denaro, al fine di ottenere indebitamente, per se o per altri soggetti, il versamento di somme di denaro da parte dello stato o di altri enti pubblici (come l’INPS).
Nel caso in cui la riscossione fraudolenta della pensione non superi l’importo di 3.999,96€, è previsto soltanto il pagamento di un’ammenda (variabile da un min. di 5.164€ fino ad un max di 25.822€). In ogni caso, la sanzione non può essere superiore al triplo della somma percepita indebitamente.
Il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello stato si configura anche con il conseguimento fraudolento di una sola mensilità spettante al soggetto deceduto.
Ciò è stato confermato dalla Corte di Cassazione secondo cui, l’indebita percezione della pensione di un soggetto deceduto da parte del cointestatario dello stesso conto corrente (che non ha comunicato il decesso), integra l’ipotesi criminosa dell’art. 316 ter c.p., che diventa reato.
Nell’ipotesi di una sola rata, questo succede quando l’autore consegue la disponibilità dell’erogazione, mentre nell’ipotesi di erogazioni protratte nel tempo, il reato si consuma quando cessano i pagamenti da parte dell’INPS (Cassazione Penale, 23 Ottobre 2013, sent. N° 48820).
2. I raggiri per ottenere la pensione dopo la morte: truffa aggravata
L’applicazione dell’art. 316 ter c.p. è esclusa nelle ipotesi in cui l’autore del reato utilizzi raggiri ed artifizi per ottenere indebitamente l’erogazione delle somme che spettavano al soggetto ormai defunto.
In tal caso, infatti, il reato è assorbito dalla figura criminosa più grave della truffa aggravata (disciplinata dall’art. 640 bis c.p.), che prevede la pena della reclusione da uno a sei anni.
La truffa aggravata si verifica qualora l’agente induca in errore la pubblica amministrazione dolosamente, utilizzando artifici e raggiri al fine di ottenere l’erogazione del denaro.
È stato osservato che, affinché possa configurarsi il reato di truffa aggravata, è necessario che la condotta mendace - e dunque la produzione di documenti falsi o l’omissione di notizie rilevanti - si inserisca in un quadro artificioso.
Questo sarà finalizzato a rafforzare la portata ingannatoria del comportamento così come la preparazione di più documenti falsi, l’incrocio tra atti non genuini, le omissioni informative, la predisposizione di ulteriori stratagemmi, finalizzati al più agevole raggiungimento del risultato fraudolento (Ufficio Indagini Preliminari, Trapani, 7 Maggio 2010).
Ciò comporta, come specificato anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che tra i due reati in questione (indebita percezione di erogazioni statali e la truffa aggravata) sussiste un rapporto di sussidiarietà, nel senso che il primo reato trova applicazione quando mancano gli estremi del secondo.
Fonti normative
Art. 316 ter, 640 bis, c.p.
Cassazione Penale: sentenza 23 Ottobre 2013, n° 48820, Sezioni Unite, sentenza 19 Aprile 2007, n° 16568
Ufficio Indagini Preliminari, Trapani, 7 Maggio 2010
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Roberto Ruocco
Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...