Il Reato: Elementi Costitutivi Essenziali

Scopri cosa sono e come si articolano gli elementi costitutivi del reato. Approfondisci tutto su Il Reato: Elementi Costitutivi.

1. Il Reato: Elementi Costitutivi

Definizione generale di reato

Il reato rappresenta il fulcro del diritto penale, configurandosi come quel fatto giuridico al quale l'ordinamento ricollega la più grave delle sanzioni: la pena.

La sua definizione formale, che lo identifica come ogni fatto umano al quale la legge ricollega una sanzione penale, si arricchisce di una complessa struttura dogmatica elaborata dalla dottrina penalistica nel corso dei secoli. Questa costruzione teorica, lungi dall'essere un mero esercizio accademico, risponde all'esigenza pratica di individuare con precisione quando un comportamento umano possa essere qualificato come reato e, conseguentemente, essere assoggettato a sanzione penale.

Importanza degli elementi costitutivi

Gli elementi costitutivi del reato rappresentano i pilastri fondamentali sui quali si erge l'intero edificio della responsabilità penale. La loro analisi sistematica non solo permette di comprendere la natura e la struttura dell'illecito penale, ma costituisce anche uno strumento indispensabile per l'operatore del diritto nella valutazione della rilevanza penale di un fatto concreto. Attraverso l'esame di questi elementi, infatti, è possibile verificare la sussistenza di tutti i presupposti necessari per l'esistenza del reato e, quindi, per l'applicazione della sanzione penale, garantendo al contempo il rispetto dei principi fondamentali del diritto penale, primi fra tutti quelli di legalità e di colpevolezza.

2. La Struttura del Reato

Componente oggettiva e soggettiva

La struttura del reato si articola tradizionalmente in due componenti fondamentali: l'elemento oggettivo (actus reus) e l'elemento soggettivo (mens rea). Questa bipartizione, consolidata nella dogmatica penalistica, riflette la necessità di considerare il reato nella sua duplice dimensione di manifestazione esterna materialmente apprezzabile e di atteggiamento psicologico dell'agente.

L'elemento oggettivo comprende tutti gli aspetti materiali e tangibili della condotta criminosa: l'azione o l'omissione, l'evento naturalistico quando previsto, il nesso di causalità tra condotta ed evento, nonché le circostanze di tempo, luogo e modalità dell'azione. Questa componente rappresenta la dimensione empiricamente verificabile del reato, ciò che è percepibile nel mondo esterno e che può essere oggetto di prova diretta.

L'elemento soggettivo, invece, attiene alla sfera psicologica dell'autore del reato, al suo atteggiamento interiore rispetto al fatto commesso. Esso si manifesta nelle forme del dolo o della colpa, a seconda che l'agente abbia voluto il fatto costituente reato o lo abbia cagionato per negligenza, imprudenza o imperizia. Questa componente psicologica è essenziale per garantire il rispetto del principio di colpevolezza, cardine del moderno diritto penale.

Finalità della suddivisione

La finalità di questa suddivisione è molteplice. Sul piano teorico, permette una più chiara comprensione della struttura del reato e facilita l'analisi sistematica dei suoi elementi costitutivi. Sul piano pratico, questa distinzione guida il giudice nell'accertamento della responsabilità penale, imponendo una verifica sia della materialità del fatto che dell'atteggiamento psicologico dell'autore. Inoltre, questa bipartizione serve a garantire il rispetto dei principi fondamentali del diritto penale, in particolare il principio di personalità della responsabilità penale sancito dall'art. 27 della Costituzione, secondo cui la responsabilità penale è personale e richiede la presenza di un coefficiente psicologico che leghi il fatto al suo autore.

3. L'Elemento Oggettivo del Reato

Condotta, evento, nesso di causalità

L'elemento oggettivo del reato si articola in tre componenti fondamentali: la condotta, l'evento e il nesso di causalità. Come stabilito dall'art. 40 c.p., "nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione."

La condotta può manifestarsi in forma attiva (azione) o omissiva (omissione). Secondo l'art. 25 c.p., il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l'azione o l'omissione è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato l'evento che ne è conseguenza. Per quanto riguarda la distinzione tra reati commissivi e omissivi, come evidenziato dalla giurisprudenza della Cassazione, occorre verificare se l'agente ha introdotto nella situazione concreta un fattore di rischio in precedenza assente (azione) o se non ha contrastato un fattore di rischio già presente (omissione).

Differenze tra reati commissivi e omissivi

Sono quei reati che si realizzano con un’azione, cioè quando qualcuno fa qualcosa che è vietato dalla legge (commissivi) ovvero quei reati che si realizzano con un’omissione, cioè quando qualcuno non fa qualcosa che era obbligato a fare per legge.

Il nesso di causalità presenta caratteristiche diverse nei reati commissivi e omissivi. Come chiarito dalla Cassazione, mentre la causalità commissiva ha natura prevalentemente esplicativa, basata su una concatenazione di fatti materiali empiricamente verificabili, la causalità omissiva ha natura ipotetica e normativa, fondata su un giudizio controfattuale che richiede di verificare se l'evento sarebbe stato evitato dalla condotta doverosa omessa.

Nei reati omissivi impropri, come stabilito dal secondo comma dell'art. 40 c.p., "non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo". In questi casi, secondo la Cassazione, è necessario accertare con elevata credibilità razionale che, aggiungendo mentalmente la condotta doverosa omessa, l'evento non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato con minore intensità lesiva o in epoca significativamente posteriore.

L'accertamento del nesso causale richiede quindi un'analisi differenziata: nei reati commissivi si procede eliminando mentalmente la condotta per verificare se l'evento sarebbe comunque accaduto, mentre nei reati omissivi si aggiunge mentalmente la condotta doverosa omessa per valutare se avrebbe impedito l'evento.

4. L'Elemento Soggettivo del Reato

Dolo, colpa e preterintenzione

L'elemento soggettivo del reato rappresenta il legame psicologico tra l'autore e il fatto criminoso. Secondo l'art. 43 c.p., "nessuno può essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà". Questa disposizione stabilisce il principio fondamentale della responsabilità penale personale, escludendo forme di responsabilità oggettiva.

L'art. 43 c.p. definisce le tre forme principali dell'elemento soggettivo:

  • Il dolo si configura quando l'evento dannoso o pericoloso è preveduto e voluto dall'agente come conseguenza della propria azione od omissione. Come chiarito dalla Cassazione, il dolo si articola in tre categorie:
    • intenzionale (l'evento è lo scopo dell'azione),
    • diretto (l'evento è conseguenza certa o altamente probabile della condotta) ed
    • eventuale (l'evento è accettato come possibile conseguenza della condotta).
  • La colpa si manifesta quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica per negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Come evidenziato dalla Cassazione, la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente richiede un'attenta valutazione degli indicatori sintomatici, tra cui la lontananza dalla condotta doverosa, la personalità dell'agente, la durata dell'azione e il comportamento successivo.
  • La preterintenzione si verifica quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente. L'esempio classico è l'omicidio preterintenzionale previsto dall'art. 584 c.p., dove la morte della vittima, non voluta dall'agente, consegue a percosse o lesioni intenzionali.

L'importanza della volontà o della negligenza

La corretta individuazione dell'elemento soggettivo è fondamentale non solo per la configurabilità del reato ma anche per la sua qualificazione giuridica e la determinazione della pena. Come stabilito dall'art. 133 c.p., il giudice deve considerare "l'intensità del dolo o il grado della colpa" nella valutazione della gravità del reato ai fini della determinazione della pena. Inoltre, la distinzione tra le diverse forme di elemento soggettivo incide sulla configurabilità di specifiche circostanze aggravanti, come quella prevista dall'art. 61 c.p. per i delitti colposi commessi nonostante la previsione dell'evento.

Nei reati dolosi, la volontà assume un ruolo centrale, poiché l'autore agisce con consapevolezza e intenzione di realizzare il fatto illecito. Al contrario, nei reati colposi, è la negligenza a essere determinante: l’evento dannoso si verifica non per volontà, ma per inosservanza di regole di prudenza, attenzione o perizia. In entrambi i casi, l’analisi dell’elemento soggettivo è fondamentale per stabilire la responsabilità penale e valutare la gravità della condotta tenuta.

5. Il Nesso di Causalità

Concetto giuridico di causa

Il nesso di causalità è un elemento fondamentale nei reati, soprattutto quando si tratta di reati di evento (cioè quelli in cui si verifica un danno o un pericolo concreto, come l’omicidio, le lesioni, ecc.).

Il nesso di causalità rappresenta il collegamento eziologico tra la condotta e l'evento, costituendo un elemento essenziale per l'attribuzione della responsabilità penale. Come stabilito dall'art. 40 c.p., "nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso non è conseguenza della sua azione od omissione."

La teoria principale per l'accertamento del nesso causale è quella della condicio sine qua non, secondo cui un evento è da considerarsi causato da una condotta quando, eliminando mentalmente quest'ultima, l'evento non si sarebbe verificato. Come chiarito dalla Cassazione, tale accertamento deve avvenire attraverso un duplice controllo: l'applicabilità in astratto di una legge scientifica di copertura sufficientemente valida e la successiva verifica della sua attendibilità nel caso concreto.

Nei reati omissivi impropri, come evidenziato dalla Cassazione, il giudizio controfattuale assume una connotazione particolare: è necessario accertare che, aggiungendo mentalmente la condotta doverosa omessa, l'evento non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato con minore intensità lesiva o in epoca significativamente posteriore.

L'art. 41 c.p. disciplina il concorso di cause, stabilendo che il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute non esclude il rapporto di causalità, salvo che le cause sopravvenute siano state da sole sufficienti a determinare l'evento. Come precisato dalla Cassazione, nel processo civile l'accertamento del nesso causale si basa sul criterio del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre ogni ragionevole dubbio", richiedendo un grado di certezza più elevato.

La verifica del nesso causale deve quindi basarsi su elementi fattuali certi e non su mere ipotesi o congetture, come sottolineato dalla Cassazione, che richiede un'analisi articolata che vada oltre la mera causalità materiale, considerando anche l'idoneità del comportamento alternativo lecito a scongiurare l'evento e la concretizzazione del rischio.

Teorie principali: condicio sine qua non e criteri alternativi

Secondo la teoria c.d. condicio sine qua non:

  • Si considera causa dell’evento ogni condotta senza la quale l’evento non si sarebbe verificato;
  • Si usa un giudizio ipotetico-retrospettivo: in pratica si immagina di eliminare mentalmente la condotta dell’agente; se così facendo l’evento non si verifica, allora quella condotta è una condizione necessaria;
  • Bisogna anche che l’evento sia prevedibile e spiegabile secondo le regole della scienza o dell’esperienza comune.

Accanto alla teoria della condicio sine qua non, la giurisprudenza ha elaborato importanti teorie alternative e complementari per temperare il rigore del principio causale.

La principale teoria alternativa è quella della causalità adeguata o regolarità causale, che integra e corregge la teoria condizionalistica. Secondo questa teoria, come chiarito dalla Cassazione, non ogni antecedente storico dell'evento ne rappresenta la causa, ma solo quello rispetto al quale l'evento, sulla base di un giudizio ex ante, appare come conseguenza normale e non inverosimile. Questa teoria mira a circoscrivere il numero potenzialmente infinito di cause individuabili con il criterio della condicio sine qua non.

Un'ulteriore elaborazione è rappresentata dalla teoria della causalità efficiente, ricavabile dall'art. 41 c.p.. Come evidenziato dalla Cassazione, secondo questa teoria l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta quando questa risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto.

La giurisprudenza ha inoltre elaborato la teoria della sussunzione sotto leggi scientifiche, come ricordato dalla Cassazione. Secondo questa teoria, un antecedente può essere considerato causa di un evento solo se rientra nel novero di quegli antecedenti che, secondo una successione regolare conforme a una legge dotata di validità scientifica (cd. legge generale di copertura), determinano il verificarsi di quegli accadimenti. Le leggi di copertura possono essere "universali", se spiegano la verificazione dell'evento in termini di certezza senza eccezioni, o "statistiche", se spiegano il ricollegarsi di un evento a una determinata condizione solo in termini percentualistici.

Come rilevato dalla Cassazione, l'accertamento del nesso causale richiede oggi un procedimento bifasico: nella prima fase si individuano, mediante la teoria della condicio sine qua non, tutte le possibili cause dell'evento; nella seconda fase si procede a circoscrivere la responsabilità attraverso i criteri correttivi della causalità adeguata e della causalità efficiente, valutando solo gli accadimenti che non risultino inverosimili e imprevedibili secondo un giudizio ex ante basato sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili.

È importante sottolineare che queste teorie non si escludono a vicenda ma operano in modo complementare, costituendo strumenti interpretativi che consentono di giungere a soluzioni equilibrate nel complesso accertamento del nesso causale.

6. L'Antigiuridicità

Definizione di antigiuridicità

L'antigiuridicità rappresenta uno degli elementi costitutivi del reato e consiste nella contrarietà del fatto tipico all'intero ordinamento giuridico. Un fatto è antigiuridico quando, oltre ad essere conforme al tipo legale (tipicità), si pone in contrasto con l'ordinamento nel suo complesso, non essendo autorizzato o imposto da alcuna norma giuridica.

L'antigiuridicità esprime quindi un giudizio di relazione tra il fatto tipico e l'intero ordinamento giuridico: il fatto è antigiuridico quando, pur essendo tipico, non è autorizzato o imposto da alcuna norma dell'ordinamento. Questo elemento del reato viene anche definito in negativo, nel senso che un fatto è antigiuridico quando non ricorrono cause di giustificazione (o scriminanti).

Cause di giustificazione

Le cause di giustificazione sono circostanze che escludono l'antigiuridicità del fatto tipico, rendendolo lecito per l'intero ordinamento giuridico. Le principali cause di giustificazione previste dal codice penale sono:

  • Il consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.): esclude la punibilità quando il titolare del diritto disponibile acconsente validamente alla sua lesione.
  • L'esercizio di un diritto e l'adempimento di un dovere (art. 51 c.p.): rendono lecita la condotta quando questa è realizzata nell'esercizio di una facoltà legittima o nell'adempimento di un obbligo imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità.
  • La legittima difesa (art. 52 c.p.): giustifica la reazione necessaria per difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta.
  • Lo stato di necessità (art. 54 c.p.): esclude la punibilità quando il fatto è commesso per salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato né altrimenti evitabile.

Le cause di giustificazione hanno efficacia oggettiva, nel senso che escludono l'antigiuridicità del fatto nei confronti di tutti i concorrenti, e la loro esistenza deve essere valutata secondo un giudizio ex ante, cioè nel momento in cui il fatto viene commesso.

7. La Colpevolezza

Capacità di intendere e volere

La colpevolezza costituisce uno dei presupposti essenziali della responsabilità penale, fondandosi sull’imputabilità del soggetto agente e sull’elemento soggettivo del reato.

In particolare, l’imputabilità è legata alla capacità di intendere e di volere al momento della commissione del fatto, come stabilito dall’art. 85 c.p.. Tale capacità, espressione dell’idoneità del soggetto a comprendere il disvalore sociale della propria condotta e a autodeterminarsi, deve essere esaminata in relazione allo stato psichico del soggetto all’epoca del fatto.

La legge penale prevede specifiche cause di esclusione dell’imputabilità: ad esempio, l’infermità mentale tale da escludere totalmente la capacità di intendere e di volere (art. 88 c.p.) comporta la non punibilità del soggetto, mentre una condizione di parziale incapacità (art. 89 c.p.) determina una diminuzione della pena. Rientrano altresì tra i soggetti non imputabili i minori di anni 14 (art. 97 c.p.) e, in determinate condizioni, i minori infra diciottenni con capacità ridotta (art. 98 c.p.).

Esclusione della colpevolezza

La colpevolezza può altresì essere esclusa in presenza di cause che, pur non incidendo sulla capacità di intendere e di volere in senso stretto, eliminano l’elemento soggettivo del reato. Si pensi, ad esempio, all’errore sul fatto che costituisce reato, rilevante ai sensi dell’art. 47 c.p., quando è inevitabile e incide sulla rappresentazione dell’evento da parte dell’agente.

Per errore si intende una falsa percezione della realtà, che può riguardare il fatto (errore di fatto) o la norma (errore di diritto). L’errore di fatto si verifica, ad esempio, quando un soggetto ritiene di trasportare un pacco contenente prodotti alimentari, mentre in realtà trasporta sostanze stupefacenti, all’oscuro del reale contenuto. L’errore di diritto, invece, ricorre quando l’agente, pur consapevole della detenzione di sostanze stupefacenti, ritiene erroneamente – in base a una personale interpretazione normativa – che la condotta non sia penalmente rilevante, ad esempio credendo che la detenzione per uso personale sia sempre lecita.

Analogamente, l’ignoranza inevitabile della legge penale (sempre art. 47 c.p.) può escludere la rimproverabilità della condotta.

Ulteriori cause di esclusione della colpevolezza sono ravvisabili nell’errore sul fatto determinato dall’altrui inganno (art. 48 c.p.), nella costrizione fisica o morale (artt. 46 e 54 c.p.), nonché nello stato di necessità che impedisca di agire diversamente. In tali casi, il soggetto agisce in difetto di dolo o colpa, o comunque in assenza del necessario coefficiente psicologico, e pertanto non può essere ritenuto penalmente responsabile.

8. Le Forme del Reato

Il diritto penale distingue diverse forme di manifestazione del reato, rilevanti ai fini della configurazione della responsabilità e dell’accertamento della fase consumativa. Una prima distinzione fondamentale è tra reato tentato e reato consumato. Ai sensi dell’art. 56 c.p., il tentativo ricorre quando l’agente compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ma l’evento non si realizza per cause indipendenti dalla sua volontà. In tali casi, la legge prevede una pena diminuita rispetto a quella prevista per il delitto consumato. Non è configurabile il tentativo nei reati contravvenzionali.

Il reato è consumato, invece, quando si realizza integralmente la fattispecie prevista dalla norma incriminatrice: ossia quando l’evento tipico (ove previsto) si verifica e la condotta ha esaurito la propria capacità offensiva. La consumazione segna il momento in cui l’illecito è giuridicamente perfetto e da cui decorrono, ad esempio, i termini di prescrizione.

Ulteriori distinzioni si rinvengono nei reati permanenti e nei reati abituali. Il reato permanente si caratterizza per una condotta illecita che si protrae nel tempo, mantenendo stabile la lesione del bene giuridico tutelato: si pensi al sequestro di persona, che si consuma nel momento iniziale della privazione della libertà, ma si considera permanente finché perdura lo stato di costrizione. In tali casi, la cessazione della condotta segna il dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale.

Il reato abituale, invece, richiede una reiterazione di condotte illecite, ciascuna delle quali isolatamente considerata potrebbe non essere penalmente rilevante. È il caso, ad esempio, dei maltrattamenti in famiglia: la tipicità si perfeziona con la serialità e la sistematicità delle condotte, che nel loro insieme configurano la fattispecie incriminatrice.

9. Le Circostanze del Reato

Circostanze aggravanti e attenuanti

Le circostanze del reato sono elementi accidentali che, pur non incidendo sull'esistenza del reato, comportano una modifica della pena prevista per il reato base. Il codice penale distingue tra circostanze aggravanti, che determinano un aumento della pena, e attenuanti, che comportano una diminuzione.

Le circostanze aggravanti comuni sono elencate nell’art. 61 c.p. e includono, tra le altre:

  • l’aver agito per motivi abietti o futili,
  • l’aver commesso il reato per eseguirne o occultarne un altro,
  • l’aver adoperato sevizie o crudeltà,
  • l’aver profittato di circostanze di tempo, luogo o persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.

Le circostanze attenuanti comuni sono previste dall’art. 62 c.p. e comprendono:

  • l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale,
  • l’aver reagito in stato d’ira determinato da fatto ingiusto altrui,
  • l’aver cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità,
  • l’aver riparato interamente il danno prima del giudizio.

Effetti sulle pene

Quanto agli effetti sulle pene, l’art. 69 c.p. stabilisce che gli aumenti o le diminuzioni si operano sulla quantità di pena che il giudice applicherebbe in assenza delle circostanze. In caso di concorso di più circostanze aggravanti o attenuanti, l’aumento o la diminuzione si opera sulla quantità di pena risultante dall’aumento o dalla diminuzione precedente.

Come chiarito dalla Cassazione, in caso di concorso tra circostanze ad effetto speciale (che comportano un aumento o una diminuzione superiore a un terzo) si applica solo la pena prevista per la circostanza più grave, con facoltà per il giudice di aumentarla fino a un terzo.

In base all’art. 69 c.p., quando concorrono circostanze aggravanti e attenuanti, il giudice deve effettuare un giudizio di comparazione: se le attenuanti sono ritenute prevalenti, si applicano solo le diminuzioni; se le aggravanti sono ritenute prevalenti, si applicano solo gli aumenti; se sono ritenute equivalenti, si applica la pena base senza aumenti né diminuzioni.

FAQ su Il Reato: Elementi Costitutivi

  1. Quali sono i principali elementi costitutivi del reato?
    Il reato, secondo l’impostazione tradizionale della dottrina penalistica italiana, è un fatto umano tipico, antigiuridico e colpevole. La tipicità consiste nella rispondenza del fatto alla descrizione contenuta nella norma incriminatrice. L’antigiuridicità implica la contrarietà del fatto all’ordinamento giuridico, in assenza di cause di giustificazione. La colpevolezza, infine, rappresenta il rimprovero soggettivo che si muove all’agente in relazione alla commissione del fatto, tenendo conto della sua capacità di intendere e di volere e della volontarietà dell’azione.
  2. Qual è la differenza tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo?
    L’elemento oggettivo del reato si riferisce agli aspetti esteriori e materiali della condotta, quali l’azione od omissione, l’evento (ove previsto) e il nesso di causalità tra condotta ed evento. Esso rappresenta la struttura fenomenica del fatto di reato. L’elemento soggettivo, invece, concerne l’atteggiamento psichico dell’agente nei confronti dell’azione: può consistere nel dolo (coscienza e volontà di realizzare il fatto tipico), nella colpa (violazione di regole di diligenza, prudenza o perizia) o nella preterintenzione (volontà dell’evento meno grave e realizzazione di evento più grave non voluto).
  3. In che modo si prova il nesso di causalità?
    Il nesso causale, previsto dall’art. 40 c.p., si prova attraverso il criterio della condicio sine qua non, che richiede di accertare se l’evento si sarebbe verificato ugualmente in assenza della condotta posta in essere. L’analisi è condotta mediante un giudizio ipotetico controfattuale: si elimina mentalmente la condotta e si valuta se l’evento sarebbe comunque accaduto. In ambito processuale, la prova del nesso causale richiede una ricostruzione logico-giuridica fondata su elementi oggettivi e su massime di esperienza, oltre che su leggi scientifiche.
  4. Quali sono le principali cause di giustificazione di un reato?
    Le principali cause di giustificazione, che escludono l’antigiuridicità del fatto, sono: la legittima difesa (art. 52 c.p.), lo stato di necessità (art. 54 c.p.), l’esercizio di un diritto e l’adempimento di un dovere (art. 51 c.p.). In presenza di tali situazioni, la legge riconosce la liceità della condotta, nonostante la sua tipicità, in virtù di un interesse giuridico prevalente.
  5. Che ruolo hanno le circostanze aggravanti e attenuanti?
    Le circostanze aggravanti e attenuanti, previste rispettivamente dagli artt. 61 e 62 c.p., incidono sulla commisurazione della pena. Le prime comportano un aumento della sanzione, le seconde una diminuzione. Possono essere comuni o speciali, oggettive o soggettive, e rilevano anche ai fini dell’accesso a benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione.
Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...