Differenza tra dolo generico e dolo specifico
Tra le varie forme di dolo elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza ed enucleate quella che probabilmente solleva le più importanti questioni problematiche è quella del dolo eventuale.
Ai sensi e per gli effetti degli articoli 42 comma secondo e 43 c.p. il dolo costituisce uno dei criteri di imputazione soggettiva degli illeciti penali, insieme alla colpa e alla preterintenzione, nonché il principale criterio di imputazione soggettiva delle fattispecie delittuose (ossia di quelle figure di reato che si caratterizzano per una particolare gravità e per la commissione delle quali è prevista la comminazione delle sanzioni dell’ergastolo, della reclusione e della multa).
L’atteggiamento soggettivo implica un’adesione volontaristica del soggetto all’accadimento del reato, il c.d. evento nonché all’intero fatto costitutivo. Il dolo, infatti, è coscienza e volontà dell’intero fatto costitutivo del reato, ossia nella capacità di intendere pienamente l’illiceità della condotta e di volere le conseguenze giuridiche della commissione del fatto.
Occorre sottolineare che esistono diverse forme di dolo. In specie, esse sono individuabili nelle seguenti:
- dolo intenzionale: il soggetto agisce con il fine precipuo di realizzare l’evento che la norma penale incriminatrice sanziona come scopo finale della condotta o come mezzo necessario per conseguire il fine ultimo;
- dolo diretto: l’evento non è visto come conseguenza diretta ed inevitabile della condotta, ma il soggetto agente (colui che mette in atto la condotta) comunque lo prevede come risultato certo, in quanto conseguenza accessoria necessariamente connessa al fatto principale;
- dolo eventuale: l’agente pone in essere una condotta diretta ad altri scopi, ma, nonostante ciò, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, pur tuttavia, agisce, accettando il rischio di cagionarle;
- dolo alternativo: di fronte a due o più eventi alternativamente previsti come conseguenza del fatto di reato il soggetto agente li vuole entrambi, essendo in concreto per lui indifferente quale di essi si verificherà;
- dolo generico: il soggetto agente si prefigura e vuole cagionare gli elementi costitutivi del fatto di reato senza che si rappresenti uno scopo preciso ed ultroneo rispetto alla struttura materiale della fattispecie di reato;
- dolo specifico: si ha quando la legge richiede che il soggetto agisca in maniera tale da raggiungere un fine determinato, la cui realizzazione non è, tuttavia, necessaria per la sussistenza del reato;
- di danno: l’agente vuole la realizzazione di un evento lesivo;
- di pericolo: il soggetto vuole solo minacciare il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, ma non anche danneggiarlo realmente;
- d’impeto: l’azione criminosa è conseguenza di un impulso dell’agente improvviso ed eseguito istantaneamente; - di proposito: intercorre un determinato lasso di tempo tra il momento in cui il soggetto agente idea il piano criminoso e la commissione del fatto esecutivo dello stesso;
- speciale: si ha quando la condotta antigiuridica, che ha ad oggetto attività pericolose consentite dalla legge, si sostanzia nel mancato rispetto delle regole cautelari giuridicamente imposte, cui fa seguito la realizzazione dell’evento dannoso.
Tra le varie forme di dolo elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza ed enucleate quella che probabilmente solleva le più importanti questioni problematiche è quella del dolo eventuale.
1.IL DOLO EVENTUALE: NATURA GIURIDICA
Il dolo eventuale è un concetto di origine giurisprudenziale ed ha natura di elemento psicologico del reato, come tale attinente alla sfera interiore del soggetto.
Il problema, quindi, è quello di provarlo, posto che la confutazione dell’esistenza del dolo eventuale deve passare necessariamente per una serie di elementi che siano esteriorizzati. Si tratta, in definitiva, di un concetto non direttamente accertabile se non attraverso l’iter processuale, che porti in evidenza le risultanze del caso concreto sottoposto all’attenzione del giudice.
2.DIFFERENZA TRA DOLO EVENTUALE E DOLO GENERICO
Una distinzione rilevante è quella tra dolo eventuale e dolo generico. Come già si è avuto più sopra modo di evidenziare il dolo generico sussiste allorquando, affinché possa dirsi sussistente un reato è necessario e sufficiente che il soggetto agente abbia la piena consapevolezza del fatto e lo commetta con volontà piena.
A differenza di quanto testé visto per il dolo generico, il dolo eventuale, invece, si caratterizza in ragione di alcuni elementi caratterizzanti, individuati ad opera della dottrina e della giurisprudenza nella rappresentazione di un fatto tipico quale possibile conseguenza, in concreto, della condotta del reo, il quale, pur non agendo al fine preciso di realizzare la fattispecie criminosa descritta dal dato normativo, si determina a porre un essere la condotta nonostante l’eventualità di integrare il reato ed, anzi, accettando la possibilità che questo concretamente si realizzi.
In adesione agli orientamenti più recenti il dolo eventuale si ha quando l’accettazione del rischio sia conseguenza di una ponderazione, di un preciso bilanciamento che il soggetto abbia consapevolmente fatto tra il bene esposto a pericolo tenendo la condotta e l’obiettivo avuto di mira e abbia accettato il rischio in conseguenza di una scelta che a valle del bilanciamento e della ponderazione subordini al perseguimento dell’obiettivo primariamente perseguito il sacrificio del bene giuridico presidiato dalla norma incriminatrice (cfr. tra le altre Cass., 15 marzo 2011, n. 10411).
La differenza tra le due forme di dolo summenzionate viene, in sostanza, connessa alla rappresentazione del livello di possibilità di verificazione del risultato. A seconda che la linea di demarcazione sia posta attorno alla certezza o alla semplice probabilità l’area di estensione del dolo diretto si amplia o si riduce, con una complementare riduzione o crescita del dolo eventuale.
La preservazione del confine tra dolo eventuale e dolo diretto impone di assegnare a tale ultima figura solo l’ambito di applicazione segnato da una ben elevata probabilità di verificazione.
3.ESEMPIO DI DOLO EVENTUALE
Tra i casi di maggiore risonanza mediatica che hanno visto l’applicazione dell’istituto del dolo eventuale si rammenta quello che ha riguardato il recente caso Vannini, in cui il Signor Ciontoli, padre della fidanzata del primo, è stato dichiarato dalla Suprema Corte di Cassazione colpevole di omicidio doloso, a titolo di dolo eventuale, in quanto, allo scopo di evitare che trapelasse il fatto che aveva egli stesso sparato con l’arma di ordinanza col rischio di perdere conseguentemente il proprio posto da agente segreto, accettava, seppur non essendosi prefissato tale intento, che il ragazzo morisse in conseguenza della sua condotta.
A tale conclusione gli Ermellini pervengono sulla scorta della considerazione che l’agente ometteva di fornire i dettagli della dinamica dell’incidente, i quali avrebbero potuto essere utili al fine di consentire una corretta ricostruzione degli avvenimenti nonché ai sanitari accorsi per meglio comprendere come intervenire per salvare il Vannini.
La Cassazione, infatti, conclude nel senso che ove tempestivamente notiziati del fatto che era stato sferrato un colpo di pistola nella direzione della vittima e della posizione nella quale quest’ultima era stata colpita l’intervento che avrebbero potuto prestare avrebbe potuto essere salvifico e, pertanto, la morte del Vannini avrebbe potuto essere evitata.
CONCLUSIONI
In conclusione, il dolo eventuale è una delle forme in cui può atteggiarsi l’elemento soggettivo del reato e si tratta da sempre di figura che da sempre impiega gli sforzi della dottrina e ancor più della giurisprudenza tanto sotto un profilo definitorio quanto sotto un profilo di delimitazione dalla altre forme di dolo.
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