Cosa succede in caso di ingiuria e diffamazione
Per rispondere a questa domanda partiamo da un esempio abbastanza comune: un soggetto che dice ad un altro “sei un cretino!” o un uomo che dice ad una donna “sei una poco di buono!”. È ingiuria o diffamazione?
L’uomo che insulta la donna definendola “una poco di buono” commette ingiuria se si rivolge direttamente alla donna presente in quel momento. Allo stesso modo, sarà ingiuria il “cretino” pronunciato da un soggetto nei confronti dell’altro, purché l’offeso sia presente e abbia percepito l’insulto.
Di converso, sarà diffamazione quel “cretino” o quella “poco di buono” che i colpevoli abbiano divulgato (magari mediante un giornale o il web) in assenza della vittima e senza, quindi, che la stessa possa reagire e difendersi.
Vediamo ora in concreto quando si verifica un’ingiuria e quando una diffamazione, e quale differenza sussiste tra le due ipotesi.
1. Ingiuria e diffamazione: qual è la differenza?
L’ingiuria consiste nell’offesa all’onore e/o al decoro della persona presente e può manifestarsi verbalmente (pronuncia di parole oltraggiose) o realmente (realizzazione di scritti, disegni o atti materiali oltraggiosi).
A ben vedere, ciò che rileva nell’ingiuria – ed è anche l’elemento che la contraddistingue dalla diffamazione- è la presenza della persona offesa: il colpevole pronuncia l’insulto rivolgendosi direttamente alla vittima. Non è necessario, tuttavia, che la vittima e il colpevole si trovino nello stesso luogo in quanto ciò che conta è la percezione diretta dell’offesa da parte della persona cui è destinata. Ad esempio, sarà ingiuria quell’offesa pronunciata da un soggetto nei confronti di un altro che si trovi nella stanza vicina, purché questi l’abbia realmente percepita.
La diffamazione consiste nell’offesa all’altrui reputazione, perpetrata mediante la comunicazione a più persone; è necessario che il messaggio oltraggioso venga comunicato ad almeno due persone, affinché si possa configurare il delitto di diffamazione.
1.1 Pene per chi ingiuria o diffama
Prima del d. lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 (meglio noto come “decreto delle depenalizzazioni”), l’ingiuria era sanzionata penalmente. Oggi, invece, l’art. 594 c.p. è stato abrogato depenalizzando la fattispecie incriminatrice: da illecito penale a illecito civile.
Prima del 2016, dunque, chiunque avesse offeso l’onore o il decoro di una persona presente era punito con la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a € 516,00.
Ad oggi, invece, l’ingiuria configura un mero illecito civile, punibile con una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende che va da un minimo di € 100,00 a un massimo di € 8000,00. Il giudice nel determinare l’importo della sanzione dovrà tenere conto di una serie di elementi, quali:
- Gravita dell’offesa
- Reiterazione dell’illecito
- Opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze dell’illecito
- Arricchimento dell’offensore
- Personalità dell’agente
- Condizioni economiche dell’agente
L’art. 595 c.p. (diffamazione) punisce tutti coloro che, comunicando con almeno due persone, ledano l’altrui reputazione. La pena prevista è la reclusione fino ad un anno o la multa fino a € 1032,00. Vi sono poi delle aggravanti:
- Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione può arrivare fio a due anni e la multa sino a € 2065,00.
- Se l’offesa è perpetrata col mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a € 516,00.
- Se l’offesa è destinata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, le pene sono aumentate.
In entrambi i casi sono previste delle scusanti, che comportano la non applicazione della sanzione per l’ingiuria o la non punibilità per la diffamazione (art. 599 c.p.) nei seguenti casi:
- se le offese sono reciproche
- se il fatto è stato commesso in stato d’ira, dovuto ad un fatto ingiusto e subito dopo di esso
1.2 Denuncia e risarcimento
Se per l’ingiuria, oramai illecito civile, non è più necessario proporre la denuncia-querela, altrettanto non si può dire della diffamazione.
La persona offesa dal delitto di diffamazione, infatti, dovrà sporgere denuncia-querela innanzi alle autorità competenti affinché il colpevole venga punito (art. 597 c.p.).
La denuncia-querela per diffamazione, proponibile entro 90 giorni dal fatto, può essere proposta anche dagli eredi della vittima, se questa sia morta prima del decorso del suddetto termine.
In entrambi i casi, le vittime possono, entro 5 anni, richiedere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (art. 2947 c.c.). Beninteso, non tutte le offese saranno suscettibili di risarcimento: è, dunque, fortemente consigliato rivolgersi ad avvocati esperti della materia per evitare di incorrere in cause inutili.
Riguardo al nuovo illecito civile dell’ingiuria, occorre fare alcune precisazioni.
Il d. lgs. 15 gennaio 2016, n.7 ha stabilito, in virtù del principio del favor rei (cioè favorevole al reo), la retroattività della legge: la legge non vale solo per l’avvenire ma anche per il passato. Ne discende, pertanto, che chi abbia commesso un’ingiuria prima dell’entrata in vigore del predetto decreto andrà esente da pena al pari di chi la commetterà nel futuro. L’unica conseguenza che si avrà sarà la condanna al risarcimento del danno in sede civile e il pagamento della sanzione.
E cosa succede se uno è già stato condannato per ingiuria?
In questo caso il colpevole sarà esente da pena per evitare discriminazioni tra chi ha commesso un’ingiuria nel passato e chi la commetterà nel futuro. Nello specifico, si deve distinguere a seconda della fase in cui si trova il giudizio:
- Sentenza passata in giudicato: il condannato potrà chiedere la revoca della sentenza ex art. 667, comma 4, c.p.p.
- Giudizio pendente: il giudice dovrà pronunciare sentenza assolutoria perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, revocando anche i capi (cioè le parti) della sentenza che riguardano la condanna al risarcimento del danno.
E allora ci si chiede se la vittima di ingiuria rimane senza tutela, considerato che il giudice penale non può più pronunciare una sentenza di condanna. In realtà, la persona offesa avrà il diritto di agire ex novo (cioè con una nuova azione) in sede civile per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile.
1.3 Ingiuria e diffamazione sul web
Ad oggi, le offese si diffondono abbastanza facilmente sul web, soprattutto grazie all’uso dei social network.
Basti pensare, ad esempio, come oramai sia dilagante il fenomeno degli haters, cioè di coloro che letteralmente “odiano” una persona (di solito è un personaggio pubblico) riempendola di insulti.
E come ci si difende dagli haters?
Al pari di quanto accade nella vita reale, anche gli insulti pronunciati nel mondo virtuale sono punibili. A tal proposito, chi scrive frasi oltraggiose e/o pubblica post e/o foto lesive dell’altrui reputazione è punibile per diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3, c.p.[2]
La pubblicazione su un social network (Facebook, Instagram, Twitter) è suscettibile di offendere la reputazione altrui in maniera ben più grave della medesima diffamazione perpetrata verbalmente.
Difatti, il social network rappresenta una modalità di comunicazione di massa che consente la diffusione incontrollata di un messaggio. Pensiamo a come un post condiviso sul social network più famoso (Facebook) sia in grado di raggiungere un numero indefinito di persone, potendo essere condiviso più volte e da più persone.
E sono proprio queste dinamiche di diffusione incontrollata e incontrollabile del messaggio oltraggioso che fanno rientrare i social network nella definizione di “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” di cui all’art. 595, comma 3, c.p.
Deve precisarsi, tuttavia, che il social network, pur essendo oramai un mezzo di comunicazione a tutti gli effetti, non può essere assimilato al mezzo della stampa. Bisogna, difatti, distinguere l’informazione professionale, ove rientrano non solo i giornali cartacei ma anche quelli online, dall’informazione non professionale, rappresentata da blog, forum, bacheche di Facebook.
E chi scrive una recensione negativa su TripAdvisor è punibile per diffamazione aggravata?
A dispetto di quanto si potrebbe credere, lo scrivente non sarà punibile per effetto della scusante del diritto di critica. Il diritto di critica, al pari del diritto di cronaca giornalistica, esclude la sussistenza del delitto di diffamazione purché il soggetto agente abbia rispettato i tre principi fondamentali:
- Verità: la notizia pubblicata sia vera e non alterata
- Pertinenza: ci sia un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti in relazione alla loro attualità e attività sociale
- Continenza: il linguaggio usato non deve sconfinare nell’insulto
Fonti normative
- lgs. 15 gennaio 2016, n. 7: disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell’art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67.
- Codice penale: artt. 595, 597, 599 c.p.
- Codice civile: art. 2947 c.c.
- Codice di procedura penale: art. 667 c.p.p.
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