Atti osceni in luogo pubblico
Alcuni atti in luogo pubblico sono ritenuti osceni e il soggetto degli stessi può andare incontro a sanzioni di natura penale.
Il codice penale punisce il reato di atti osceni in luogo pubblico.
Alcuni atti in luogo pubblico sono ritenuti osceni e il soggetto degli stessi può andare incontro a sanzioni di natura penale.
- Cosa si intende per atti osceni in luogo pubblico
- Cosa prevede la regolamentazione penale
- Dispositivo dell'art. 527 Codice penale
- Quando si commette il reato di atto osceno in luogo publico
- Fonti normative
1. Cosa si intende per atti osceni in luogo pubblico?
Atto osceno è una dicitura molto ampia che muta col cambiare della mentalità della società. Molti atti ritenuti osceni quando nacque il codice penale oggi farebbero ridere i bambini.
Per atto osceno si intende quello che offende la moralità pubblica e/o il pudore. Nella pratica sono rimasti gli atti contro la religione, fare sesso in pubblico o atti rientranti in quell’area. Non si considerano oscene le opere d'arte o di scienza.
La giurisprudenza ha dato una definizione di cosa s’intenda per osceno e cioè tutto ciò che cagiona “una reazione emotiva immediata di disagio, turbamento e repulsione in ordine ad organi del corpo o comportamenti sessuali, i quali, per ancestrale istintività, continuità pedagogica e stratificazione di costumi ed esigenze morali, tendono a svolgersi nell'intimità e nel riserbo”. (Cass. penale sent. n. 37395/2004).
Per “luogo pubblico" si intende ogni spazio in cui chiunque, senza alcuna difficoltà, può accedervi.
2. Cosa prevede la regolamentazione penale?
Per intere generazioni tutti gli italiani si basavano sul testo dell’art. 527 del codice penale. La più recente depenalizzazione (D.Lgs n. 7 e 8 del 2016) ha interamente riscritto questo articolo.
Quasi tutti gli atti osceni sono puniti con sanzioni amministrative (leggasi somma da pagare allo Stato), ad eccezione di alcune ipotesi particolarmente gravi non toccate dalla riforma del 2016.
Di fatto, sono rimasti reato gli atti osceni compiuti all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano. Questo per il principio di tutela dei soggetti vulnerabili.
3. Dispositivo dell'art. 527 Codice penale
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni e' soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000.
Si applica la pena della reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantuno euro a trecentonove euro.
4. Quando si commette il reato di atto osceno in luogo publico
Essendo un reato di pericolo, è da intendersi punibile colui che compia un atto che violando il senso comune del pudore sia percepibile da un numero indeterminato di persone (Cass. n. 48532/2004).
La ragione si asside sul fatto che si mette in pericolo la moralità pubblica di un numero non definito di consociati.
Dunque, è proprio il mettere in pericolo questo bene giuridico che giustifica la punizione da parte dello Stato. Anche la più recente giurisprudenza ha affermato che quest’ultima è l’unica fattispecie penalmente punita di atti osceni in luogo pubblico (Cass. penale sent. n. 24108 del 16 maggio 2017 conforme a Cass. penale sent. n. 10025 del 25 marzo 2017).
Il "comune senso del pudore" penalmente rilevante è quello specifico al "comune sentimento del pudore" dei minori. Pertanto, il Giudice deve valutare l’offensività degli atti posti in essere, al fine di una loro qualificazione come "osceni" ai sensi dell'art. 527 c.p (Cass. Pen. Sent. N. 49550 del 27 ottobre 2017).
Fonti normative
Art. 527 del c.p.
D.Lgs n. 7 e 8 del 2016
Cass. penale sent. n. 37395/2004
Cass. n. 48532/2004
Cass. penale sent. n. 24108 del 16 maggio 2017 (conforme a Cass. penale sent. n. 10025 del 25 marzo 2017)
Cass. Pen. Sent. N. 49550 del 27 ottobre 2017
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