In che cosa consiste il lavoro minorile?
Il lavoro minorile rappresenta una materia molto delicata per questo nel nostro ordinamento viene trattata con particolare attenzione e gode di specifiche tutele e discipline, il mancato rispetto di queste ultime viene severamente sanzionato, ciò a tutela dell’interesse prioritario del minore.
- Cos’è il lavoro minorile
- Tutela del lavoro minorile
- Sanzioni previste per il lavoro minorile irregolare
- Fonti normative
Cos’è il lavoro minorile
Nell’ordinamento Italiano l’espressione lavoro minorile indica il rapporto di lavoro intercorrente tra datore di lavoro e un minore, ossia un soggetto che non abbia compiuto i 18 anni di età. La disciplina sul lavoro minorile è contenuta nella Legge del 17 ottobre 1967, n°977, sulla tutela dei fanciulli e degli adolescenti, aggiornata con il D.Lgs n°345/1999, al fine di adeguarla ai principi e alle prescrizioni della direttiva 94/33/CE del Consiglio, del 22 giugno 1994.
L’art. 1 della Legge n°977/1967 innanzitutto chiarisce chi dove essere considerato minore, ed orbene testualmente recita: “Il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, alle dipendenze di datori di lavoro, e' disciplinato dalle norme della presente legge.
Per "fanciulli" si intendono i minori che non hanno compiuto i 15 anni.
Per "adolescenti" si intendono i minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni compiuti”. L’art. 3 del D.Lgs n°345/1999 ha provveduta a precisare ancor di più quando si parla di minore e di orario di lavoro ad essi collegato, indicando per:
- bambino: il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di età o che è ancora soggetto all'obbligo scolastico;
- adolescente: il minore di età compresa tra i 15 e i 18 anni di età e che non è più soggetto all'obbligo scolastico;
- orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il minore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni;
- periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro. Anche la Costituzione si occupa del lavoro minorile, prevedendo una specifica tutela per il lavoro prestato dai minorenni, ed in particolare dispone circa i principi di parità di retribuzione, a parità di lavoro tra adulti e minori, e di obbligo per questi ultimi di assolvimento scolastico.
L’età minima prevista per poter accedere al mondo del lavoro coincide con il momento in cui il minore conclude il periodo di istruzione obbligatoria e, comunque, non può essere inferiore all’età di 16 anni compiuti, al di sotto dei quali il lavoro è vietato, salvo particolari eccezioni.
A tal proposito è importante evidenziare come il nostro ordinamento rivolge particolare attenzione allo sviluppo psico-fisico dei minori Pertanto, la regola generale è quella di vietare di adibire i minori, soggetti ritenuti ancora deboli, al compimento di attività che possano in qualche modo compromettere la loro salute e la loro dignità o pregiudicare l’adempimento scolastico, salvo che si tratti di attività di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo e sempre entro i limiti predetti.
Ciò in relazione al fatto che in tali circostanze devono sussistere particolari condizioni sia formali che sostanziali, prima di tutte l’assistenza di un genitore o di un tutore. Quando si parla invece di adolescenti, cioè di minori di età compresa tra i 16 ed i 18 anni, la legge prevede la possibilità, per questi ultimi, di svolgere attività lavorativa in settori generici con alcune limitazioni che riguardano la sicurezza per la salute psico-fisica.
Anche a livello internazionale la materia risulta essere oggetto di particolari attenzioni. Va menzionata, sotto questo aspetto, la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la Legge n. 176.
Tale Convenzione è divenuta il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche, con quasi 200 Stati che si sono vincolati giuridicamente al rispetto dei diritti in essa riconosciuti.
L’articolo 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sancisce “il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”.
Tutela del lavoro minorile
La tutela sul piano giuridico del lavoro minorile trova la sua fonte in:
- norme di rango sovranazionale/internazionale;
- norme di rango Costituzionale;
- fonti ordinarie/legislative
Sebbene la materia in oggetto sia il risultato di un lungo processo evolutivo nel tempo, possiamo, in linea di principio ed in estrema sintesi, schematizzare come segue.
- norme di rango sovranazionale/internazionale In applicazione del principio sancito dall’art. 10 della Costituzione italiana, in base al quale il nostro ordinamento si conforma alle norme di diritto internazionale riconosciute, la prima forma di tutela a sostegno delle condizioni di lavoro dei minori è garantita, come detto, a livello internazionale dall’art.32 della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia dell’UE.
In esso si statuisce che gli stati che ne fanno parte rilevano il diritto di ciascun bambino o adolescente di essere protetto contro qualsiasi tipo di sfruttamento economico e contro qualsiasi tipo di costrizione a svolgere lavori che possano in qualche modo comportare rischi per la loro educazione, salute o che possano compromettere il loro sviluppo psichico, morale o sociale.
La Convenzione, obbliga gli Stati che l'hanno ratificata a uniformare le norme di diritto interno con quelle della Convenzione medesima, nonché favorire ed attuare tutti i provvedimenti che risultino necessari ed indispensabili ad assistere i genitori e le istituzioni nell'adempimento dei loro obblighi nei confronti dei minori.
Di fondamentale importanza è il meccanismo di monitoraggio previsto dall'art.44 della Convenzione in parola, il quale prevede che tutti gli Stati aderenti sono tenuti all'obbligo di presentare al Comitato Onu sui diritti dell'infanzia un rapporto periodico sull'attuazione, nel loro rispettivo territorio, dei diritti previsti dalla Convenzione. A tutelare i giovani minori che si avvicinano al mondo del lavoro la Comunità Europea con la Direttiva 94/33 ha stabilito i principi base in merito ai rapporti lavorativi con minorenni.
In primo luogo, come in precedenza rilevato, la direttiva ha fissato il compimento del sedicesimo anno di età, per poter accedere ad un lavoro, come requisito fondamentale ed imprescindibile, secondariamente e non per importanza la direttiva ha fissato un percorso obbligatorio di istruzione o di formazione professionale. Inoltre nella direttiva in esame si è stabilito che i minori, di età compresa tra i 16 e i 18 anni, non possono svolgere lavori particolarmente faticosi tali da poter arrestare il loro pieno sviluppo fisico.
A tal proposito nel D. Lgs 262/2000 (disposizioni in materia di protezione di minori sul lavoro) si specificano alcuni rigorosi limiti e/o divieti a cui devono essere sottoposti i minori a lavoro, i principali sono:
- Non possono svolgere lavori che li sottopongano a rumori che superano gli 87 db, che li mettano a contatto con sostanze tossiche, corrosive, esplosive o cancerogene che potrebbero esporli a rischi gravi per la salute;
- Non possono lavorare in luoghi nei quali vengano usati arnesi taglienti o celle frigorifere; Non possono compiere lavori che comportano l’uso di saldatrici;
- Non possono fare lavori che richiedano l’uso di martelli pneumatici o altri strumenti vibranti;
- Possono svolgere lavori su navi in costruzioni, all’interno di gallerie o all’interno di cantieri edili in cui esista il rischio di crolli.
Sempre nel suddetto decreto legislativo si è stabilito che, prima di essere avviato ad un qualsiasi genere di lavoro, il minore deve obbligatoriamente essere sottoposto ad una visita medica preventiva, ed in seguito ulteriori visite periodiche per confermarne l’idoneità.
- Costituzione
Anche la Costituzione italiana sancisce l’importanza di tutelare il lavoro minorile, il cui art. 37 dispone: “La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di la- voro, il diritto alla parità di retribuzione”.
Rileva, il richiamo alla tutela del lavoro minorile attraverso il compito della Repubblica, e dunque al legislatore in primis, di prevedere norme speciali per tali fini, a testimonianza di quanto sia sentita l’esigenza di tutela in questo delicato settore. Inoltre, garantisce il diritto alla parità di retribuzione, sancendo così il principio che il lavoro svolto dai minori non debba per ciò solo essere sottostimato.
- fonti ordinarie/legislative
Le fonti legislative ordinarie sulla tutela del lavoro minorile sono ampie, ed anche in questo caso rappresentano il risultato di un lungo percorso storico-evolutivo. Tuttavia, la normativa che ci interessa segnalare, in questa sede, è la Legge del 17 ottobre 1967, n°977, sulla tutela dei fanciulli e degli adolescenti, aggiornata con il D.Lgs n°345/1999, che ha avuto il compito di adeguare la disciplina precedente con i principi e alle prescrizioni della direttiva 94/33/CE del Consiglio, del 22 giugno 1994.
La legge Italiana prevede che il periodo di istruzione obbligatoria deve essere di almeno 10 anni, finalizzati al conseguimento di un titolo di studio di scuola superiore secondaria o di una qualifica professionale.
Sempre a tutela del lavoro prestato da minori, la legge prevede anche l’obbligo per il datore di lavoro, che intende impiegare un minore nello svolgimento di un’attività aziendale, di presentare il certificato penale del casellario giudiziale al fine di verificare l’esistenza di condanne o sanzioni interdittive che possano comportare il divieto per lo stesso di avere contatto con soggetti minorenni.
Per quanto riguarda il rapporto di lavoro tra minore e datore di lavoro, esso segue la normativa vigente con riferimento alla generalità dei lavoratori pertanto dovrà essere assicurata la parità di retribuzione lavorativa a parità di prestazione di lavoro, regola, quest’ultima, come abbiamo visto sancita a livello Costituzionale. Indubbiamente la disciplina contenuta nella legge n°977/1967, con gli aggiornamenti successivi, resta tra le principali fonti ordinarie di riferimento.
Vediamo alcuni aspetti salienti.
L’Allegato I della suddetta Legge elenca le attività vietate ai minori, legate alla loro sicurezza e salute, in quanto li possono esporre a particolari agenti chimici, tra i quali si citano:
- Agenti fisici: atmosfera a pressione superiore rispetto a quella naturale o i rumori con esposizione media giornaliera superiore a 90 decibel LEP-d;
- Agenti biologici: mansioni che espongono il minore ad agenti biologici che possono causare gravi malattie o che sono stati geneticamente modificati;
- Agenti chimici: come sostanze e preparati qualificati dalla legge come tossici, corrosivi, infiammabili, esplosivi o nocivi, irritanti; al piombo o all’amianto;
La legge n°977/67 impone, dunque, al datore di lavoro obblighi di valutazione ed informazione relativi ai rischi e alla sicurezza dell’ambiente in cui i minori debbono operare. Inoltre, prima di assumere il minore o di modificarne le mansioni, deve effettuare una serie di valutazioni tra cui:
- sviluppo non ancora completo, mancanza di esperienza o di percezione dei rischi;
- attrezzature e sistemazione del luogo e del posto di lavoro;
- natura, grado, durata dell’esposizione ad agenti chimici, biologici e fisici;
- movimentazione manuale dei carichi;
- pianificazione dei processi di lavoro;
- situazione della formazione e dell’informazione dei minori.
L’art. 8 della legge in parola impone, invece, l’obbligo di sottoposizione del minore a visita medica al fine di effettuare una valutazione circa la sua idoneità psico-fisica. La visita dovrà essere ripetuta a periodi e sino al compimento della maggiore età.
Tali visite sono effettuate tramite il Servizio Sanitario Nazionale. Logicamente sono previsti dei vincoli e dei limiti per tutelare la giovane età dei lavoratori, infatti la legge prevede particolari disposizioni sul lavoro minorile in materia di : Orario di lavoro, sono previste 8 ore lavorative giornaliere per un massimo di 40 ore settimanali (età 16-18 anni), ovvero 7 ore giornaliere e 35 ore settimanali (minori di 16 anni) ;
Lavoro notturno, il quale è vietato quando si tratta di lavoratori minorenni in quanto potrebbe danneggiare il loro sereno sviluppo psicologico; Riposo settimanale, il quale deve essere assicurato per almeno due giorni a settimana, preferibilmente consecutivi e che comprendano la domenica;
Ferie annuali, non possono essere inferiori a 30 giorni.
Sanzioni previste per il lavoro minorile irregolare
La violazione delle normative, sopra citate, in materia di lavoro minorile comporta a carico del datore di lavoro l’applicazione di un sistema sanzionatorio in parte penale ed in parte amministrativo, infatti le violazioni in questione possono essere: Illeciti amministrativi, puniti con sanzioni amministrative, Illeciti di natura penale, puniti con l’arresto o con una pena alternativa dell’arresto fino a 6 mesi o dell’ammenda.
Per quanto riguarda gli illeciti amministrativi essi potranno essere definiti mediante il pagamento entro 60 giorni dalla contestazione immediata o dalla notifica degli estremi della violazione commessa.
L’ipotesi di lavoro minorile irregolare si può configurare quando il datore di lavoro contravviene:
- Ai divieti di adibizione al lavoro dei minori, in tal caso sarà punito con l’arresto fino a 6 mesi;
- Alle disposizioni in materia di età minima per l’ammissione al lavoro, il datore sarà punito con l’arresto per un periodo non superiore a 6 mesi o con un’ammenda fino a 5.164 euro;
- Alle disposizioni in materia di idoneità a lavoro del minore, in questo caso sarà punito con l’applicazione della sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro;
- Alle norme sull’impiego di lavoro di minori nello spettacolo e punito con la sanzione fino a 2.582 euro.
Fonti normative
Artt. 34/37 Costituzione Italiana Art. 32 della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia dell’UE Direttiva della Comunità Europea 94/33 Legge del 17 ottobre 1967, n°977 D.Lgs n°345/1999 d.Lgs 262/2000 dei Diritti dell’Infanzia dell’UE d.Lgs 262/2000
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