Come fare denuncia per abbandono del tetto coniugale
Quando un matrimonio finisce e, quindi, attraversa quella che viene comunemente definita “fase patologica” può accadere che uno dei due coniugi abbandoni il cosiddetto tetto coniugale, ossia l’abitazione presso la quale al momento della celebrazione avevano ritenuto di fissare la residenza familiare e presso la quale si è svolta la comunione di vita tipica del rapporto.
- Quando si può fare denuncia per abbandono del tetto coniugale?
- Cosa rischia chi viene denunciato per abbandono del tetto coniugale?
- Ecco come fare una denuncia per abbandono del tetto coniugale
- L’elemento soggettivo del reato
Scopri come procedere legalmente se il tuo coniuge ha abbandonato il tetto coniugale. In questo articolo ti guideremo attraverso i passi necessari per fare denuncia e ottenere la giusta tutela legale. Può accadere che, ricorrendo alcuni presupposti, peraltro, tale condotta integri una fattispecie di reato.
Viene, in particolare, in rilievo il tipo di reato prevista e punita dall’articolo 570 del codice penale, che appunto sanziona la fattispecie della “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”. Vediamo nel prosieguo quando la condotta può assumere rilevanza penale ed essere, conseguentemente, sanzionata alla luce della disposizione testé citata.
Quando si può fare denuncia per abbandono del tetto coniugale?
Occorre precisare che non in ogni caso l’abbandono del tetto coniugale integra, come accennato, il reato di cui all’articolo 570 c.p., ma solo ricorrendo taluni presupposti. Nel dettaglio, il comma primo della norma dispone che possa essere punito a titolo di violazione degli obblighi di assistenza familiare chiunque “abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine della famiglia, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà o alla morale dei genitori o alla qualità di coniuge”.
Dal tenore letterale del precetto normativo emerge chiaramente che, oltre al vincolo parentale, anche un quid pluris, un elemento aggiuntivo costituito dalla convivenza o della coabitazione. Il reato è, infatti, configurabile esclusivamente qualora sussista un nucleo familiare caratterizzato alla stabile coabitazione o convivenza e, quindi, innanzitutto, per i rapporti coniugali, oltre che per i rapporti parentali intercorrenti fra i diversi membri del nucleo familiare.
In specie, la condotta prevista dal primo comma dell’articolo 570 c.p. è integralmente incentrato sulla sottrazione del soggetto attivo agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà di genitore o alla qualità di coniuge, ovvero una violazione del precetto solidaristico intrafamiliare, composto di un aspetto economico e di uno materiale oltre che di altro morale, come individuabili ai sensi degli articoli 143, 147 e 148 del codice civile (che, per l’appunto, sanciscono i doveri reciproci dei coniugi nonché dei doveri dei coniugi nei confronti della prole.
Soggetti attivi (e, quindi, agenti punibili) possono essere il padre, la madre oltre agli affidatari di soggetti minori quando l’atteggiamento integrante reato concerne il rapporto con i figli. Ove si abbia riguardo al rapporto di coniugio, invece, la disposizione sembra riferirsi precipuamente ai casi di sussistenza di vincolo matrimoniale avente effetti civile.
La Corte di Cassazione è stata chiamata sul punto a perimetrare l’ambito operativo della fattispecie ed è giunta ad affermare che gli obblighi di assistenza familiare che sono volti a integrare la fattispecie possono essere violate nell’ipotesi di mancato mantenimento economico nonché di abbandono morale (cfr, in proposito C. Cass., Sezione VI, 24 luglio 2007, n. 30151). Inoltre, sempre la Corte di Cassazione, con ulteriore pronuncia (cfr. C. Cass. Pen., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 12310) ha ritenuto che nella forma dell’abbandono del domicilio domestico il reato di cui all’articolo 570 c.p. non sia integrata per il mero fatto storico dell’avvenuto allontanamento di uno dei coniugi dalla casa coniugale, ma si perfeziona soltanto se il predetto allontanamento risulti sprovvisto di una giusta causa e si connoti per il peculiare concreto disvalore dal punto di vista etico e morale.
Il secondo comma della disposizione in commento prevede, d’altronde, che la pena comminata per il reato si applica congiuntamente a chi malversi o dilapidi i beni del figli minori ovvero del coniuge oppure ancora faccia mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa.
Cosa rischia chi viene denunciato per abbandono del tetto coniugale?
A fronte della commissione del fatto tipico descritto dalla disposizione il soggetto agente, a seguito di celebrazione di procedimento penale instaurato a querela di parte, potrà essere condannato con la condanna della reclusione fino a un anno ovvero, in alternativa a discrezione del magistrato procedente, con la multa da 103,00 a 1032,00 euro.
La commisurazione della pena è rimessa, come di consueto, al libero apprezzamento del giudice che si baserà sulla valutazione delle caratteristiche tipiche del fatto concreto. Quanto appena espresso vale dal punto di vista penalistico. Tuttavia, la condotta di abbandono del tetto coniugale può comportare conseguenze anche dal punto di vista civilistico. Infatti, in taluni casi può comportare l’addebito della separazione, sia essa consensuale ovvero giudiziale.
Ecco come fare una denuncia per abbandono del tetto coniugale
Come si è avuto modo di precisare nei paragrafi precedenti, l’abbandono del tetto coniugale può essere fatto valere può essere fatto valere in un duplice modo. Ove la condotta non integri il reato di cui all’articolo 570 c.p. e, quindi, possa eventualmente assumere rilevanza solo ai fini della richiesta e dell’addebito della separazione essa potrà essere fatta valere nel corso del giudizio di separazione giudiziale dinnanzi al giudice civile.
Se, come visto, dall’abbandono del tetto coniugale conseguano, invece, tutti quei comportamenti descritti dalla disposizione penale e che si è già avuto modo di analizzare in precedenza il reato commesso e accertato esso è punibile a querela di parte.
Tale querela può, di norma, essere sporta presso gli uffici delle forze dell’ordine ovvero direttamente presso gli uffici della Procura della Repubblica competente per territorio entro il termine perentorio ordinario di tre mesi, L’articolo 570 c.p. fa espressamente salvo il caso in cui il fatto relativo alla violazione degli obblighi di assistenza, cui il soggetto si sottrae abbandonando il tetto coniugale, coinvolga anche i figli minori. Ricorrendo tale ipotesi il fatto diventa procedibile d’ufficio oltre che denunciabile senza limiti di tempo e, quindi, anche ben oltre i tre mesi previsti per la situazione in precedenza prescritta.
L’elemento soggettivo del reato
Affinché il fatto consistente nella condotta di abbandono del tetto coniugale nei termini delineati nei paragrafi precedenti sia punibile ex art. 570 c.p. è, altresì, necessario che sia commesso a titolo di dolo generico, ossia che l’autore lo abbia commesso con coscienza e volontà di venire meno agli obblighi legislativamente previsti.
Ove la condotta si concretizzi nel far mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti minorenni o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa è, invece, sufficiente che manifesti la volontà di sottrarsi senza giusta causa agli obblighi derivanti dal proprio status familiare nella consapevolezza dello stato di bisogno della persona offesa.
Conclusione
Per concludere, sembra opportuno dare atto del fatto che occorre in materia che si dia luogo ad un accertamento del fatto puntuale e molto accurato, in modo da verificare se il fatto effettivamente integri o meno gli estremi della fattispecie di reato, al fine di comprendere se si debba agire in sede penale oppure si possa far valere il fatto in uno con la richiesta di separazione giudiziale e insistere per l’addebito della stessa, con tutte le conseguenze che ne derivano in punto di diritto, specie per quanto attiene alla previsione dell’assegno di mantenimento.
Chiara Biscella
Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...