Il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio
Il figlio nato da persone non sposate può essere riconosciuto? Quali effetti ne derivano? Vediamo come funziona.
1. Il riconoscimento del figlio
L'argomento che tratteremo oggi riguarda il tema della filiazione, e precisamente, il riconoscimento di un figlio concepito da due persone non unite in matrimonio.
La filiazione consiste nel rapporto intercorrente tra genitore e il concepito in origine denominata legittima o naturale se riguardava rispettivamente il figlio concepito da genitori sposati o non uniti in matrimonio.
Occorre precisare che il D.l. 154/2013 ha eliminato la distinzione tra i figli legittimi e naturali, venendo meno le discriminazioni derivanti dai diversi status e rendendoli omogenei sul piano giuridico.
Qualora il figlio sia nato da una coppia non sposata oppure da genitori uniti in matrimonio con un'altra persona all'epoca del concepimento, sarà possibile chiederne il riconoscimento, ossia procedere ad una dichiarazione attraverso la quale uno ovvero entrambi i genitori dichiarano che un soggetto è il proprio figlio.
Detto ciò, analizziamo la procedura per ottenere il riconoscimento del figlio.
1.1 Il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio
Generalmente, il riconoscimento del figlio avviene al momento della nascita, quale conseguenza automatica del matrimonio sussistente tra i genitori.
Viceversa, nell'ipotesi di genitori non sposati, tale automatismo può non sussistere, dato che il riconoscimento potrà avvenire anche da uno solo di essi. Tuttavia l'altro può chiedere il riconoscimento in un momento successivo (riconoscimento tardivo).
Il riconoscimento di un figlio, nato al di fuori del rapporto matrimoniale, può essere compiuto al momento della nascita ovvero successivamente alla nascita o al concepimento del nascituro attraverso una dichiarazione resa dinanzi all'ufficiale di stato civile oppure contenuta in un atto pubblico o nel testamento (art. 254, cod. civ.).
In quest'ultima ipotesi, il riconoscimento avrà effetto a partire dalla morte del testatore.
Ottenuto il riconoscimento, esso non può venir meno dal momento che è irrevocabile (art. 256, cod. civ.). Inoltre, non può comprendere clausole che ne limitino gli effetti, pena la nullità della clausola inserita (art. 257, cod. civ.).
Qualora il soggetto da riconoscere muoia prima del riconoscimento, esso produrrà effetti nei confronti dei discendenti del figlio da riconoscere (art. 255, cod. civ.).
Non è possibile procedere al riconoscimento quando quest'ultimo osti con lo stato di figlio, già acquisito dalla persona da riconoscere, cioè quando sia stata già riconosciuta da un altro soggetto, dovendo in tal caso procedersi dapprima al disconoscimento per poi seguire la procedura disciplinata dall'art. 250, cod. civile (art. 253, cod. civ.).
1.2 La procedura per effettuare il riconoscimento
La legittimazione al riconoscimento è attribuita ad entrambi i genitori, sia madre che padre, anche qualora fossero stati uniti in matrimonio con un altro soggetto al momento del concepimento e può essere compiuto sia congiuntamente che separatamente, purché abbiano compiuto almeno sedici anni, ovvero, se sussistono circostanze particolari e per l'interesse del figlio, siano autorizzati dal giudice gli infra-sedicenni (art. 250, cod. civ.).
Per procedere al riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio, occorre il suo assenso quando abbia già compiuto quattordici anni, pena l'inefficacia del riconoscimento.
Viceversa, quando il figlio da riconoscere non abbia ancora compiuto quattordici anni, è necessario il consenso dell'altro genitore che lo abbia già riconosciuto.
In tal caso, il consenso dell'altro genitore non può negarsi se il riconoscimento del figlio risponde al suo primario interesse.
Infatti, il riconoscimento è un diritto soggettivo sacrificabile quando sussiste un pericolo di danno gravissimo allo sviluppo psico-fisico del minore in relazione all'attribuzione della genitorialità (Cass. Civ., 3 Febbraio 2011, Sent. n. 2645).
Se il genitore che ha già riconosciuto il figlio si oppone al riconoscimento tardivo dell'altro genitore, questi può ricorrere dinanzi all'autorità giudiziaria.
In tal caso, il giudice adito fissa un termine entro il quale notificare il ricorso all'altro coniuge convenuto. Decorsi trenta giorni dalla notifica, senza che quest'ultimo abbia proposto opposizione al riconoscimento, il giudice provvede con sentenza.
Nel caso in cui l'altro genitore si opponga, il giudice, assunte le informazioni necessarie alla pronuncia, provvede all'ascolto del minore che abbia compiuto almeno dodici anni ovvero d'età inferiore, nell'ipotesi in cui il minore abbia la capacità di comprendere la natura e finalità del riconoscimento, e dispone i provvedimenti urgenti che appaiono necessari, fatta eccezione nell'ipotesi in cui l'opposizione sia del tutto infondata.
Al termine del giudizio, egli provvede con sentenza e assume i provvedimenti sul mantenimento e affidamento del figlio e sull'attribuzione del cognome.
1.3 Il riconoscimento in costanza di matrimonio
Può accadere che il riconoscimento di un figlio, nato fuori dal matrimonio, venga effettuato da uno dei genitori in un momento successivo e, in particolare, quando egli sia unito in matrimonio con una terza persona.
In tal caso, nel relativo procedimento, il giudice adotta anche i provvedimenti sull'affidamento del minore nonché quelli rispondenti al suo interesse morale e materiale (art. 252, cod. civ.).
Il giudice può autorizzare l'inserimento del figlio nella famiglia del genitore che compie il riconoscimento, purché sussistano due condizioni:
- occorre, innanzitutto, che esso risponda all'interesse superiore del minore;
- in secondo luogo, è necessario il consenso sia del coniuge del genitore riconoscente e dei figli conviventi che abbiano compiuto sedici anni, nonché dell'altro genitore che abbia già riconosciuto il figlio.
Nell'ipotesi in cui il riconoscimento del figlio avvenga precedentemente alle nozze, per il suo ingresso in famiglia, è necessario il consenso sia dell'altro genitore già riconoscente che del coniuge, fatte eccezioni le ipotesi in cui il figlio conviva già con genitore al momento del matrimonio ovvero quando l'altro coniuge sia a conoscenza della presenza del figlio.
Qualora i genitori non raggiungano un accordo, ovvero il consenso sia negato dagli altri figli conviventi, la decisione è presa dal giudice nell'interesse supremo del figlio, provvedendo anche al suo ascolto se ha compiuto dodici anni o meno, nell'ipotesi in cui esso comprenda la natura e finalità del procedimento.
L'art. 251, cod. civ., invece, si occupa dei figli, un tempo definiti incestuosi, in quanto nati da soggetti legati da vincoli di parentela o affinità e precedentemente impossibilitati ad essere riconosciuti dai loro genitori, fatta salva l'ipotesi in cui questi erano in buona fede sulla conoscenza della parentela o quando venisse meno il legame d'affinità, a causa della nullità del matrimonio da cui derivava.
Oggi, invece, al fine di salvaguardare il benessere del figlio, la norma prevede che il riconoscimento possa essere autorizzato dal giudice, tenuto conto dei suoi interessi nonché per evitargli qualsiasi pregiudizio.
2. Gli effetti del riconoscimento
Il riconoscimento di un figlio, nato fuori dal matrimonio, produce effetti nei confronti del genitore che l'ha compiuto e nei confronti dei parenti dello stesso (art. 268, cod. civ.).
Con il riconoscimento, sorgono a carico del genitore gli obblighi e doveri di mantenere, istruire ed educare i figli, in considerazione delle loro capacità ed inclinazioni.
Il riconoscimento comporta anche l’assunzione della responsabilità genitoriale sui figli e dell’usufrutto legale sui loro beni personali, nonché la loro rappresentanza sino al diciottesimo anno nel compimento degli atti e nell'amministrazione dei beni.
Il riconoscimento, compiuto da uno dei genitori, non può dettare indicazioni sull'altro genitore, e ove presenti, sono inefficaci.
Qualora esse siano annotate nei registri dello stato civile, devono essere eliminate.
Col riconoscimento, il figlio acquisisce il cognome del genitore che per primo l'ha riconosciuto ovvero il cognome paterno se il riconoscimento avviene nello stesso tempo da entrambi i genitori.
Ove la paternità venga provata, successivamente al riconoscimento materno, il figlio potrà prendere anche il cognome paterno, potendolo aggiungere o sostituire al cognome della madre.
In caso di minorenni, il giudice, nel disporre, ascolta preventivamente il figlio che abbia almeno dodici anni o un'età inferiore ove sia capace di comprendere l'atto.
Nel caso in cui il figlio assuma un ulteriore cognome, per effetto del riconoscimento, egli avrà diritto a mantenere il precedente, quando quest'ultimo sia divenuto tale da identificarlo, potendo in tal caso aggiungerlo, sostituirlo o farlo precedere al cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento o al cognome dei genitori, quando l'abbiano riconosciuto entrambi nello stesso momento.
3. L'impugnazione del riconoscimento
Il riconoscimento può essere impugnato, in primo luogo, in caso di difetto di veridicità, ossia quando non vi è coincidenza tra chi ha compiuto il riconoscimento e chi effettivamente ha concepito il soggetto (art. 263, cod. civ.), fornendo la prova che il soggetto che ha effettuato il riconoscimento non è colui che ha realmente concepito il figlio.
L'azione può essere promossa per difetto di veridicità da chi ha compiuto il riconoscimento, da chi vi abbia interesse e da chi è stato riconosciuto.
In tal caso, può agire anche il curatore, designato dal giudice, su istanza del figlio che abbia compiuto quattordici anni, nonché dal pubblico ministero o dall'altro genitore se il figlio ha un'età inferiore.
L'azione non si prescrive riguardo al figlio. Viceversa, chi ha compiuto il riconoscimento può impugnarlo entro un anno dall'annotazione dello stesso sull'atto di nascita.
Ove il riconoscente provi che, all'epoca del concepimento, non conosceva il suo stato d'impotenza, il termine decorre da quando ne ha avuto conoscenza e comunque non oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Anche per gli altri che siano interessati all'impugnazione, si applica tale termine di cinque anni.
In secondo luogo, il riconoscimento può essere impugnato da chi l'ha posto in essere per violenza, ossia quando il consenso sia stato estorto tramite la minaccia di un male ingiusto. L'azione va proposta entro un anno dal termine della violenza, ovvero dalla maggiore età se il riconoscente era minorenne.
Infine, può essere impugnato quando l'autore era incapace, perché dichiarato interdetto dal giudice, da parte del rappresentante o dell'interdetto stesso entro un anno dalla revoca dell'interdizione.
Roberto Ruocco
Fonti normative
Codice civile: Libro I delle Persone e della Famiglia, Titolo VII Dello Stato di figlio, Capo IV Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, articoli: 250 – 268.
Cassazione Civile: Sentenza n. 3 Febbraio 2011, 2645
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Roberto Ruocco
Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...