L'aborto e l'obiezione di coscienza
La legge sull’aborto, consente l’interruzione di gravidanza entro determinate tempistiche, autorizzando il medico ad astenersi dall’intervento abortivo, in qualità di obiettore di coscienza. Vediamo i dettagli.
1. Cosa vuol dire abortire?
L’argomento che tratteremo oggi, riguarda il tema del diritto alla salute, e più precisamente la disciplina dell’aborto in Italia e l’obiezione di coscienza del personale sanitario.
L’interruzione di gravidanza, nel nostro paese, è regolamentata dalla legge sull’aborto, n. 194 del 1978, che distingue due diverse tipologie:
- l’aborto volontario, eseguibile entro la 12 a settimana di gravidanza, ossia nel termine perentorio di 90 giorni dal concepimento. La legge 194, consente l’aborto volontario, qualora possa sussistere un concreto pericolo, alla salute fisica o psichica della gestante, ove essa proseguisse la gravidanza oppure in occasione del parto o per la maternità stessa, a causa dell’esistenza di motivi ostativi alla prosecuzione della gravidanza, quali:
1. problemi di salute;
2. condizioni economiche, sociali o familiari, avverse alla gravidanza;
3. per le circostanze che hanno dato luogo al concepimento;
4. per la possibilità di eventuali anomalie o malformazioni al nascituro.
- l’aborto terapeutico, eseguibile oltre i 90 giorni dal concepimento, ove siano accertate patologie, che comportino:
1. un grave pericolo di morte della donna, a causa della gravidanza o del parto;
2. un grave pericolo per la salute fisica o psichica della gestante, a causa della presenza di anomalie o malformazioni al feto.
Ove, venga accertato che il feto possa vivere autonomamente, il ricorso all’aborto terapeutico, è ammesso esclusivamente in presenza di circostanze, tali da determinare il concreto pericolo per la vita della gestante, con l’obbligo a carico del medico, di
predisporre ogni misura idonea a tutelare la vita del nascituro.
1.1 Qual è la procedura?
L’interruzione di gravidanza, è avviata su richiesta personale della donna.
Qualora, la donna sia minorenne, la legge 194, richiede il consenso dei genitori, esercenti la responsabilità genitoriale oppure del suo tutore. Nell’ipotesi d’aborto entro la 12°settimana, ove sussistono circostanze che impediscono o sconsigliano l’ascolto dei genitori o del tutore oppure essi siano in disaccordo tra loro o negano l’assenso all’interruzione di gravidanza, il medico a cui si è rivolta la gestante, deve inviare, entro sette giorni, una relazione comprensiva del proprio parere, al giudice tutelare del luogo.
Nei successivi cinque giorni, il giudice, provvede all’ascolto della minore, potendo autorizzarla a procedere all’interruzione di gravidanza, in considerazione delle sue motivazioni e della relazione medica.
In caso di pericolo per la vita della minore, il medico rilascia il certificato per l’immediata interruzione della gravidanza, senza che sia necessario il consenso dei genitori o tutore
nonché il ricorso al giudice tutelare. Il consenso dei genitori o del tutore, non è richiesto nemmeno nell’ipotesi di aborto
terapeutico della minore, certificando il medico, l’esistenza di patologie avverse alla gravidanza, e procedendo immediatamente all’intervento, ove sussista pericolo per la vita della donna.
In caso d’interdizione per infermità mentale, la richiesta d’abortire, può essere avanzata dalla donna o dal marito (purché non separato), sentito il tutore oppure direttamente da quest’ultimo. La richiesta deve essere confermata dalla donna, e successivamente il medico, entro sette giorni, invia una relazione, al giudice tutelare, affinché possa decidere sulla richiesta.
1.2 Come abortire?
Qualora, la donna voglia interrompere la gravidanza, può rivolgersi:
- ad un medico di fiducia;
- ad una struttura medica pubblica o convenzionata;
- ad un consultorio.
A seguito degli accertamenti clinici, il medico a cui si è rivolta la donna, esamina con la stessa ed il padre del nascituro (su assenso dalla donna) i motivi ostativi alla prosecuzione della gravidanza stessa, indicando i diritti riconosciuti alla gestante e gli aiuti alla maternità.
Il medico, rilascia un certificato attestante la gravidanza, con il quale, la donna può procedere immediatamente all’aborto, ove sussista un’urgenza, in caso contrario, trascorsi sette giorni, la donna può rivolgersi alla struttura medica, per eseguire l'intervento.
L’interruzione di gravidanza può avvenire attraverso due modalità:
- farmacologica, eseguibile entro sei settimane dalla gravidanza, attraverso la somministrazione alla gestante, di medicamenti che inducono il distacco del feto e la sua espulsione, differenziandosi dall’aborto spontaneo, il cui la morte del feto non è indotta dall’intervento medico.
- chirurgica, eseguibile entro il 90° giorno dalla gravidanza, eccetto i casi d’aborto terapeutico, in cui è possibile intervenire anche successivamente alla scadenza della 12 a settimana, sottoponendo la donna ad una operazione chirurgica per la rimozione del feto.
2. Un medico può rifiutarsi di far abortire?
La risposta alla domanda, è si.
Il medico obiettore può rifiutarsi di eseguire l’interruzione di gravidanza, dichiarando la propria obiezione di coscienza. L'obiezione di coscienza, consiste nel rifiuto, opposto da un soggetto per motivi di natura morale o religiosa, ad assoggettarsi ad una condotta richiesta dall’ordinamento. Essa nasce dal conflitto tra due obblighi, dal momento che l’obiettore di coscienza, al
rispetto della prestazione giuridica da eseguire, oppone la sussistenza, nella sfera della propria coscienza, di motivi etici o religiosi, che contrastino con il comportamento richiesto dalle norme, e per tale motivo ne chiede l’astensione.
La legge 194, consente al medico ed al personale sanitario, di astenersi dal compiere gli atti diretti a provocare l’interruzione di gravidanza, dichiarando pubblicamente la propria obiezione di coscienza. L’obiettore di coscienza, è tenuto a comunicare la propria decisione al medico provinciale e al direttore sanitario della struttura medica (sia essa pubblica o privata, autorizzata ad eseguire l’aborto) ove egli sia assunto in qualità di dipendente.
L’obiezione di coscienza, è sempre revocabile, e non produce effetto qualora l’obiettore, partecipi alle procedure o interventi diretti a provocare l’interruzione della gravidanza, in quanto in tali casi, s’intende revocata di fatto, con effetto immediato. Il medico obiettore ed il personale ausiliario, dichiarando la propria obiezione di coscienza, sono esonerati esclusivamente dal compimento degli atti relativi all’interruzione di gravidanza, essendo sempre dovuta l’assistenza alla donna, sia prima che a seguito dell’intervento.
In ogni caso, qualora sia in pericolo la vita della gestante, l’obiezione di coscienza non può essere sollevata né dal medico obiettore e né dal personale sanitario, ove il loro intervento risulti indispensabile a salvaguardare la vita della donna.
3. Fonti normative
Legge 22 Maggio 1978, n.194: Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.
Roberto Ruocco
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