Il mantenimento dei figli di genitori non sposati

I figli, nati da coppie non unite in matrimonio, godono degli stessi diritti riconosciuti ai figli nati da coppie legate dal vincolo matrimoniale, spettando ad essi il diritto ad essere mantenuti da entrambi i genitori. Vediamo come funziona.

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I figli di genitori non sposati

L'argomento che tratteremo oggi, riguarda il tema del diritto di famiglia e, più precisamente, il diritto di mantenimento riconosciuto ai figli nati da genitori non uniti in matrimonio.

Nel nostro ordinamento, sussisteva una disparità di trattamento tra i figli nati da coppie legate dal vincolo matrimoniale ed i figli nati, invece, da genitori non sposati tra loro, definendo i primi come figli legittimi ed i secondi come figli naturali.

Tale disparità, è venuta meno con la legge n. 219 del 2012, di riforma della filiazione che ha abrogato la differenza di status tra figli legittimi e naturali, eliminando dal codice civile ogni distinzione, come è confermato, dal riformato articolo 315 del codice civile, secondo cui “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.

Dalla nuova legge sul mantenimento dei figli genitori non sposati deriva, che i genitori hanno nei confronti dei figli nati al di fuori del matrimonio, gli stessi diritti e doveri che sono previsti a favore dei figli, nati in costanza di matrimonio. 

Questi, devono provvedere, secondo la loro capacità lavorativa o apporto casalingo, al mantenimento, all’educazione e istruzione dei figli, fornendo l’assistenza morale e materiale, al fine di rispondere alle necessità della prole. 

I figli nati da genitori conviventi lo si ripete hanno gli stessi diritti di quelli nati da genitori sposati cioè di essere mantenuti educati istruiti e assistiti moralmente nel rispetto delle loro capacità delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni.

Ciò è confermato dall’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, l’obbligo dei genitori di mantenere i figli, sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsiasi domanda, dal momento che è sorto sin dalla nascita, il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. Civile, 10 aprile 2012, n. 5652). 

Oltre ad avere dei doveri come genitori e, quindi, oltre a dover mantenere, istruire ed educare il proprio figlio, il padre e la madre vantano anche una serie di diritti. Vediamo quali sono i diritti di un padre non sposato e quali i diritti di una madre non sposata. 

infografica doveri genitori non sposati

Entrambi hanno diritto:

 

  • crescere la prole insegnando alla stessa i princìpi e le regole della vita;
  • rappresentare il figlio e gestire il suoi beni, quando è minorenne;
  • affidamento e visita del minore, anche quando i genitori separano le proprie vite o quando viene meno l’accordo tra gli stessi;
  • diritto ai permessi allattamento 

 

Detto ciò, vediamo nello specifico, il diritto di mantenimento dei figli di genitori non sposati ed il calcolo assegno di mantenimento.

 

Il mantenimento dei figli di genitori non sposati

Il mantenimento dei figli minorenni nati da genitori non legati dal vincolo matrimoniale, può avvenire in base a specifici accordi stipulati dai genitori stessi. Questi, possono disciplinare di comune accordo l’affidamento dei figli, pattuendo presso quale genitore il figlio sarà collocato stabilmente, indicando le modalità ed i tempi di visita riconosciuti all’altro.

È inoltre possibile accordarsi sull’assegno di mantenimento dei figli minorenni, indicando il contributo economico dovuto da ognuno di essi, anche in misura differente secondo la diversa capacità reddituale di cui dispongono. Qualora i genitori, non raggiungano un accordo sull’affidamento e mantenimento dei loro figli, sarà il giudice a dirimere la controversia.

In tal caso infatti, il giudice, valutate tutte le circostanze del caso specifico nell’esclusivo interesse del minore, deciderà sull’affidamento e diritto di visita del genitore non collocatario, determinando la somma di denaro, dovuta da entrambi i genitori, in proporzione al loro reddito a titolo di mantenimento dei figli.

Nell’ipotesi in cui i genitori abbiano redditi differenti, il giudice disporrà a carico del genitore dotato di un reddito più elevato il versamento dell’assegno di mantenimento. Verrà inoltre indicata la misura sulla base delle necessità che esige la prole, in considerazione della condizione economica goduta in famiglia, nonché dei redditi che i genitori posseggono e il loro apporto all’assistenza morale e materiale dei figli medesimi.

Come già si è avuto modo di precisare, peraltro, a seguito della promulgazione della Legge 10 dicembre 2012, n. 219, nell’ordinamento giuridico italiano si è dato luogo all’equiparazione in punto di diritto tra i figli legittimi (quelli nati in costanza di matrimonio) e i figli naturali (quelli nati da coppie non coniugate).

Questione sempre attuale e in costante evoluzione è quella che attiene al mantenimento dei figli di genitori non coniugati allorquando questi ultimi decidano di porre fine alla convivenza, in specie allorquando essi abbiano raggiunto e concluso in proposito un accordo negoziale.

Della tematica si è, comunque, nel dettaglio, recentemente occupata la Corte di Cassazione con ordinanza dell’11 gennaio 2022 n. 663, la quale, prendendo le mosse dal principio che, per l’appunto, ritiene la validità ed efficacia tra le parti dell’accordo che regolamenta le modalità contributive del mantenimento del figlio, esclude, comunque che al giudice sia per ciò solo esclusa in radice la possibilità di adottare e prevedere una diversa regolamentazione che consideri maggiormente rispondente all’interesse del minore.

D’altronde, è ben noto che nella regolamentazione degli aspetti riguardanti lo scioglimento della famiglia, sia essa legittima o di fatto, l’interesse primario da prendere sempre in considerazione è quello, laddove ve ne siano, dei figli. Dal già citato articolo 337 comma 4 del codice civile, d’altro canto, deriva chiaramente la disciplina che prevede che ciascun genitore deve, in ogni caso, provvedere al soddisfacimento dei bisogni della prole, ivi compreso, come già anticipato, in prima battuta, quello al mantenimento, nella misura in cui ciò gli sia consentito dai mezzi propri e che, comunque, nell’eventualità di crisi del rapporto di coppia l’assegno a carico dell’uno piuttosto che dell’altro per il mantenimento del figlio va determinato in funzione di una serie di fattori: innanzitutto, all’autonomia dei fattori e degli accordi tra i genitori e, in caso di conflitto tra gli stessi, è rimessa alla scelta del giudice, che si orienta sulla scorta di una serie di criteri individuati dal legislatore, ma comunque sempre improntati all’unico obiettivo della salvaguardia della tutela dell’interesse del minore.

Precipitato applicativo di tale indirizzo è quello secondo il quale la sentenza pronunciata dal giudice ha, invero, la finalità esclusiva di realizzare un controllo meramente esterno sull’accordo tra i coniugi, in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole del rapporto e dei figli, anche in riferimento ai rapporti patrimoniali.

Da tempo si è previsto ed ammesso, invero, che l’obbligo di mantenimento dei figli minori (o maggiorenni se, comunque, non autosufficienti) può essere adempiuto dai genitori mediante il ricorso ad un accordo che attribuisca o obblighi il genitore tenuto a soddisfare l’obbligo ad attribuire al figlio la proprietà di beni mobili o immobili con funzione solutoria-compensativa dell’obbligazione di mantenimento.

Anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono di recente intervenute (cfr. sul punto C. Cass. n. 21761/2021) ad affermare che sono pienamente valide le clausole inserite in accordi di separazione consensuale o di divorzio (e, per analogia, di scioglimento di diverse forme di comunione di vita) che riconoscano a uno o entrambi i coniugi la proprietà di alcuni beni o la titolarità di diritti reali ovvero ne operino il trasferimento in loro favore con lo scopo di assicurare il mantenimento dei figli.

L’accordo in tal senso intervenuto in fase di cessazione di una convivenza di fatto, peraltro, avendo ad oggetto un obbligo ex lege, non necessita di omologazione o di controllo giudiziale preventivo, ma è assoggettato al limite della corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute con le esigenze effettive del figlio.

Ne consegue che, ove il magistrato, reputi l’accordo inidoneo o insufficiente allo scopo di garantire queste ultime, potrà disporre nel senso che le parti debbano integrarlo ovvero modificarlo, sempre ispirandosi al criterio fondamentale dell’esclusivo interesse materiale o morale della prole.

La Corte Suprema giunge, quindi, all’affermazione dei principi già evocati nei passaggi precedenti in termini di principi di diritto, sicché devono essere compendiati nei seguenti: "In tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cu all'art. 337 ter c.c., comma 4, anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell'autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un'omologazione o controllo giudiziale preventivo; tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l'adempimento di un obbligo ex lege, l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell'effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all'interesse morale e materiale della prole", ancora una volta prendendo in considerazione la centralità della figura del minore anche nelle ipotesi di scioglimento delle situazioni di coppie costituite da genitori non sposati ed ai quali devono essere garantiti, ad oggi, i medesimi diritti spettanti ai figli di genitori sposati.

L’assegno di mantenimento, spetta anche ai figli maggiorenni dei genitori non sposati tra loro se non dispongono dell'autosufficienza economica.

L’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli, non cessa automaticamente quando essi diventano maggiorenni, ma persiste fin quando non siano indipendenti economicamente, tali da sostenersi autonomamente.

In proposito si osservi che la giurisprudenza è da tempo orientata a ritenere che il mantenimento dei figli maggiorenni debba comprendere le spese ordinarie, ma anche quelle ordinarie, tutte le spese relative alla gestione della vita quotidiana – come, a titolo di esempio, quelle da corrispondere per vitto, alloggio, abbigliamento, spese mediche – nonché quelle legate all’istruzione e alla formazione del ragazzo – come le tasse universitarie, l’acquisto di manuali, le spese da sostenere per la frequenza delle lezioni e tutte le ulteriori e diverse a queste correlate -, ma anche quelle che ineriscono all’attività di svago – come la frequenza di corsi sportivi, attività ludiche, corsi di lingue e via dicendo. In tal senso si è recentissimamente orientata la Suprema Corte di Cassazione, con pronuncia del 2018, n. 25134.

A tal fine, il figlio maggiorenne, può rivolgersi al giudice, affinché questi stabilisca a suo favore, il versamento dell’assegno di mantenimento da parte dei genitori.

Tale obbligo viene meno quando il figlio maggiorenne sia autosufficiente economicamente, ossia nel momento in cui svolga una professione, corrispondente alle competenze acquisite nel percorso di studio e in linea alle condizioni di mercato, tale da ricavarne il reddito sufficiente a far fronte autonomamente alle proprie esigenze quotidiane. 

Nel caso di separazione della coppia non sposata esattamente come per quella sposata si tratterà di stabilire un equilibrato regime di affidamento del figlio che per regola generale e salvo eccezioni dovrà essere quello condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori al quale potrà essere assegnata la casa familiare anche se di proprietà esclusiva dell’altro genitore ed un adeguato concorso al mantenimento dello stesso da parte del genitore non collocatario.

Diritti dei figli legittimi e naturali

La tutela giuridica del minore è costituzionalmente sancita dall’art. 30 della Costituzione che recita: “i genitori, anche se non uniti in matrimonio, hanno il dovere di mantenere, educare ed istruire i figli”.

Se poi alcuni soggetti scelgono il matrimonio, civile o concordatario, durante la celebrazione viene loro ricordato il disposto di cui all’articolo 147 c.c., che richiama il dovere di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

Il codice civile all’art. 315 bis c.c. annovera i diritti che sono in capo al figlio indipendentemente dal fatto che sia nato da una coppia sposata oppure non sposata.

Più precisamente, il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Ma non solo, diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, cioè coi fratelli, coi nonni e con gli zii.

Inoltre, ha diritto di essere ascoltato in relazione alle questioni e alle procedure a lui relative se ha compiuto dodici anni e, se è capace di discernimento, anche se ha una età inferiore.

La legge individua, poi, all’articolo 316 bis c.c., le modalità con le quali i genitori devono adempiere al loro dovere di mantenere i figli. I genitori devono adempiervi in proporzione alle loro sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale e casalingo. La norma riconosce il valore, in passato spesso negato, del lavoro casalingo delle donne che viene posto sullo stesso piano del lavoro professionale. Sempre l’articolo 316 bis, 1 comma, c.c., aggiunge che la legge tutela i figli anche se i genitori non hanno i mezzi sufficienti per mantenerli.

Spetta, quindi, agli ascendenti più prossimi, quali i nonni, a dovere fornire ai genitori le sostanze necessarie finalizzate all’adempimento dei loro doveri nei confronti dei figli. Se, poi, uno dei genitori non adempie ai suoi doveri, l’art. 316 bis, comma 2, c.c., prevede la possibilità di chiedere al Presidente del Tribunale di ordinare che una quota dei redditi del genitore inadempiente sia destinata direttamente all’altro genitore o a chi in quel momento stia provvedendo a mantenerli, istruirli ed educarli.

Doveri dei figli legittimi e naturali

In capo al figlio sorgono anche dei doveri e ciò sempre indipendentemente dal fatto che sia nato da una coppia sposata oppure non sposata.

Tali doveri sono elencati tassativamente dall’articolo 315 bis, comma 4, c.c. nella parte in cui dispone:

 

  • dovere di rispettare i genitori;
  • dovere di contribuire, in relazione alle sue capacità, alle sue e sostanze e al suo reddito, al mantenimento della famiglia sino a quando convive con essa.

 

Dovere di mantenere i figli in caso di separazione e divorzio o, per le coppie non legate dal vincolo del matrimonio, con la fine della convivenza.

 

Ai sensi dell’articolo 337 ter, c.c., ognuno dei genitori deve provvede al mantenimento dei figli in proporzione al proprio reddito, fatta salva la possibilità che i genitori raggiungano diversi accordi, che il Giudice valuterà nell’interesse dei figli.

Se tra i genitori non si raggiunge l’accordo, è il Giudice che può stabilire che un genitore corrisponda all’altro un assegno periodico tenendo conto delle esigenze del figlio, del tenore di vita del quale lo stesso godeva quando i genitori convivevano, dei tempi di permanenza con ognuno dei genitori, delle risorse economiche di ogni genitore e del valore economico dei compiti domestici svolti dal genitore, di solito la madre.

Una volta comparate le condizioni di ciascuno dei coniugi deciderà quale tra i due è tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento. Nel determinare il mantenimento il giudice deve tenere conto del tenore di vita che il figlio aveva quando la coppia era convivente. In presenza di separazione dei  conviventi, la Legge n. 76/2016 c.d. Legge Cirinnà nel caso di separazione non prevede uno specifico obbligo al mantenimento del convivente debole ma un semplice diritto agli alimenti ed è  è molto precisa sul tema del mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio ma in una convivenza more uxorio. Ogni genitore deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie capacità reddituali ed economiche.

Da quando decorre l'obbligo di versare l'assegno di mantenimento

L’obbligo posto a carico dei genitori, di provvedere al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, trova il proprio fondamento giuridico, nell’articolo 30 della Costituzione, secondo cui “è dovere e diritto dei genitori mantenere… i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”.

In relazione, al mantenimento dei figli nati da genitori non uniti in matrimonio, nell’ipotesi di mancato riconoscimento spontaneo di quest’ultimi, si pone il problema se l’obbligo di mantenere la prole, sorga sin dal momento della nascita del figlio medesimo oppure inizi a decorrere dal momento in cui sopravvenga il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.

In altre parole, si tratta di stabilire, se il provvedimento dell’autorità giudiziaria, che accerti la filiazione naturale e di conseguenza attribuisca lo status di figlio, abbia efficacia retroattiva oppure produca i suoi effetti soltanto per il futuro.

La giurisprudenza, più recente, ha stabilito, che l’obbligo di mantenere il figlio naturale, non debba essere ricollegato all’attribuzione del status di figlio ma prescinde da esso, in quanto il dovere di mantenimento, sorge fin dal momento della nascita del figlio, e pertanto connesso esclusivamente alla procreazione del figlio stesso. Ciò non toglie, che sia comunque necessaria, l’emanazione della sentenza di riconoscimento del figlio, ma tale sentenza, avrà efficacia retroattiva, producendo i relativi effetti, a partire dalla nascita del figlio riconosciuto giudizialmente.

Da ciò deriva, che i genitori, hanno nei confronti dei figli, nati fuori dal matrimonio, l’obbligo di provvedere al complesso dei loro bisogni e necessità, per il solo fatto di averli generati. Di conseguenza l’obbligo di mantenimento nei loro confronti, inizia al momento della nascita del figlio, pur se il relativo obbligo sia stato accertato successivamente con la sentenza di riconoscimento o su base volontaria del genitore.

Recentemente, la Suprema Corte di Cassazione, ha confermato tale orientamento, affermando che “l’obbligo del genitore naturale di concorrere nel mantenimento del figlio insorge con la nascita dello stesso, ancorché la procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza, … e ciò implica per il genitore tutti i doveri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ricollegandosi tale obbligazione allo status genitoriale e assumendo, di conseguenza, efficacia retroattiva” (Cass. Civ., Sez. I, 10 Aprile 2012, n. 5652) Si può, quindi, affermare che la sentenza, emessa al termine del giudizio di riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, produrrà i suoi effetti, fin dalla nascita della prole riconosciuta successivamente, non venendo meno, l’obbligo di mantenimento, per il genitore che non l’ha riconosciuto inizialmente, essendo sorto sin dalla procreazione, il diritto del figlio naturale al mantenimento da ambedue i genitori.

Competenza processuale

 

La recente normativa ha infatti stabilito che il Tribunale ordinario è competente nel risolvere le questioni relative all’affido e al mantenimento dei figli sia di coppie sposate che di fatto.

Questa novità presenta aspetti decisamente positivi per la tutela dei diritti. Quando una coppia decide di separarsi non deve necessariamente rivolgersi al Tribunale per regolarizzare le modalità di affidamento e mantenimento dei figli ma tuttavia è sempre consigliabile farlo anche quando si vuole solo formalizzare un accordo tra le parti questo per il fatto che una scrittura privata non è in grado di obbligare giuridicamente i genitori.

I provvedimenti del Tribunale, anche emessi su accordo delle parti, sono vincolanti e questo permette, in caso di inadempimento da parte di uno dei genitori una tutela immediata che diversamente non si avrebbe. I genitori devono, infatti, provvedere alle loro necessità in misura proporzionale alle rispettive capacità reddituali ed economiche. Dopo aver confrontato le diverse posizioni dei due ex conviventi si dovrà decidere chi tra i due è tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento e la misura dello stesso. Nella determinazione dell’entità dell’assegno occorre tener conto del tenore goduto dai figli durante la convivenza.

Altra questione da regolare è quella relativa alle spese straordinarie, stabilite solitamente nella misura del 50% a carico di entrambi i genitori. Questi costi sono correlati alle esigenze di crescita dei figli e si caratterizzano per la loro imprevedibilità e occasionalità. La parificazione dei figli naturali a quelli legittimi comporta l’applicazione del principio della bigenitorialità. Vuol dire che la responsabilità genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori.

Discorso diverso deve essere fatto per la collocazione fisica del figlio. Si devono verificare le esigenze del minore e le necessità per il suo equilibrio psico-fisico, in molti casi è preferibile che il figlio dorma e trascorra le proprie giornate presso l’abitazione del genitore collocatario capace di assicurare una maggiore presenza e cura.

Le novità legislative

Quanto indicato nel paragrafo 7, lascerà spazio, nel 2022, alle novità introdotte con la legge delega n. 206/21, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 09.12.2021, denominata “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in maniera di esecuzione forzata”.

Alla luce dei profondi mutamenti sociali e della disorganicità della disciplina del diritto di famiglia, la legge delega su indicata prevede l’istituzione di un nuovo, e finalmente unico, Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie. Esso verrà organizzato in due sezioni:

1. Circondariale, monocratico, presso il Tribunale, che sarà competente per tutte le controversie civili affidate al Tribunale per i Minorenni ex art. 38 Disp. Att. C.p.c., per controllo giurisprudenziale degli atti urgenti di tutela del minore posti in essere dalla pubblica autorità (art. 403 c.c.), sulle misure dell’affido ai sensi della l. n. 184/1983, nonché su tutte quelle materie su cui è già competente il Tribunale Ordinario;

2. Distrettuale, collegiale, presso la Corte di Appello, cui sarà attribuita la competenza penale e di sorveglianza del Tribunale per i Minorenni e sarà, altresì, investito delle impugnazioni per le decisioni emesse dal giudice monocratico.

Tali strutture, nell’esercizio del potere giurisdizionale, saranno coadiuvate dal c.d. Ufficio del Processo, di cui presumibilmente faranno parte anche i magistrati onorari. Esso consentirà al giudice togato di demandare una serie di incombenze quali, a titolo esemplificativo, le ricerche giurisprudenziali, le indicazioni in tema di mediazione familiare e le altre alternative al contenzioso giudiziale.

Va da sé che il criterio per la competenza territoriale è costituito dalla residenza abituale del minore. Anche il procedimento è destinato a subire delle notevoli modifiche. Si prevede che gli atti processuali siano connotati da sinteticità. Fin dall’atto introduttivo del giudizio, inoltre, dovranno essere articolati i mezzi di prova di cui intende avvalersi il ricorrente e dovranno, altresì, essere prodotti tutti i documenti reddituali.

Vera, seppur forse troppo minuziosa, rivoluzione potrebbe ottenersi con la predisposizione del c.d. piano genitoriale che, sempre in ossequio al principio del “the best interest of child”, coinvolgerà tutti gli aspetti della vita della prole, nata tanto da unione matrimoniale che da convivenza more uxorio. Ciò è tanto vero che le parti saranno obbligate ad indicare tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche svolte dai figli, le loro abitudini, le frequentazioni amicali e parentali consueti e le vacanze di cui godono durante l’anno.

L’inottemperanza al piano genitoriale disposto dal Giudice, così come tutte le condotte poste in essere da un genitore volte ad ostacolare l’esercizio delle modalità dell’affidamento e, dunque, la potestà genitoriale, saranno oggetto di provvedimenti sanzionatori. La previsione di quest’ultimi, si auspica fungano da deterrente dal compiere atti che impediscano il corretto svolgimento del piano.

Orbene, è di lapalissiana evidenza che priorità verrà assegnata alla figura dei minori, la cui audizione competerà sempre e solo al Giudice togato e la cui tutela dei diritti verrà assicurata dalla figura del Curatore speciale, già presente nel nostro ordinamento, ma attualmente interpellata in maniera molto residuale.

Ulteriore novità è rappresentata dai casi di violenza domestica e di genere: il Giudice verificherà personalmente le ragioni sottese ed utilizzerà le norme sugli ordini di protezione, poco applicate in quest’epoca. Sotto altro profilo, uno sguardo va necessariamente volto alla negoziazione assistita, il cui ricorso era negato per le ipotesi di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio.

Il Legislatore, a parere della scrivente, era incorso in un macroscopico errore non includendo tale fattispecie, soprattutto alla luce del Riforma delle Filiazione intervenuta nel 2012 che aveva parificato i figli legittimi e quelli naturali.

Sul punto, singolare e illuminante è apparso il decreto emesso dal Tribunale di Como in data 13.01.2016 che ha rilevato come l’accordo stipulato dai conviventi more uxorio con figli avrebbe dovuto essere esaminato dal Tribunale in camera di consiglio, ai fini della ratifica delle conclusioni condivise dalle parti, previa audizione dei genitori da parte del Giudice Relatore, in conformità al protocollo adottato ad oggi dai Tribunali per i ricorsi proposti congiuntamente dai genitori naturali ex art. 337 bis del codice civile. Oggi, la legge delega n. 206/21, prevede finalmente che, tale strumento di deflazione del contenzioso, sia applicabile anche ai figli nati al di fuori del matrimonio.

In particolare, l’art. 1, comma 35, introducendo modifiche all’art. 6 del d.l. 132/2014, convertito dalla l. n. 162/2014, così stabilisce: “a) alla rubrica, dopo le parole: «o di divorzio» sono aggiunte le seguenti: «di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti»; b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: 1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra i genitori al fine di raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate.

Può altresì essere conclusa tra le parti per raggiungere una soluzione consensuale per la determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente e per la determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del codice civile, e per la modifica di tali determinazioni”.

Ma vi è di più. Lo strumento di ADR appena enunciato sarà finalmente accessibile anche ai non abbienti, che potranno così beneficiare del patrocinio a spese dello Stato. Tuttavia, vi è da chiedersi quando questo quadro sarà dipinto totalmente e vedrà, cosi, la sua completa realizzazione.

Giova, difatti, rammentare che la disciplina appena descritta è contenuta in una legge delega al Governo. Questi sarà obbligato ad emanare:

a) entro il 31.12.2022, i decreti attuativi, che avranno efficacia dolo decorsi due anni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;

b) entro il 31-12-2024, le norme di coordinamento necessarie a prevedere la disciplina che regolerà la fase transitoria, fissando le date oltre le quali i procedimenti saranno definiti in base alle nuove disposizioni e, dunque, dal Tribunale della Famiglia.

L’Assegno Unico e Universale

Com’è ben noto, dal 2022 è entrato in vigore il c.d. Assegno Unico, corrisposto dall’Inps, un aiuto economico alle famiglie attribuito per ogni figlio a carico fino al compimento di 21 anni, ovvero senza limiti di età in caso di figli disabili.

Esso assorbirà i seguenti sostegni: Bonus Mamma domani, Bonus bebé, assegni familiari, detrazioni fiscali per figli fino a 21 anni. Al di là degli importi spettanti che poco attagliano a tale trattazione e che, comunque, andranno parametrati all’Isee dei genitori, è opportuno comprendere chi sia il soggetto legittimato alla richiesta in caso di separazione, divorzio o cessazione della convivenza more uxorio. Orbene, i genitori hanno la facoltà di richiedere l’assegno al 50%, cliccando su tale opzione, già prevista sul portale dell’Inps di guisa che l’altro genitore potrà inoltrare la restante domanda sulla sezione “Completa la domanda presentata dall’altro genitore”.

Attenzione! La fase istruttoria della pratica consentirà all’Ente la verifica dell’ammissibilità o meno della domanda. Di contro, allorquando un genitore è affidatario esclusivo del figlio, egli potrà richiedere la corresponsione del 100% dell’assegno.

Ultima ipotesi. Nella prassi, sovente a garanzia dei diritti dei minori, è possibile che intervenga la figura del tutore. In tal caso, l’Assegno de quo è erogato al tutore o all’affidatario nell’esclusivo e preminente interesse del minore.

Fonti normative

Legge 10 dicembre 2012, n. 219: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali

Codice civile: articoli 315, 315 bis, 336 bis, 337 ter, 337 septies

Cassazione Civile, Sentenza 10 aprile 2012, n. 5652

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Avvocato Roberto Ruocco

Roberto Ruocco

Mi chiamo Roberto Ruocco, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza, presso l'Università degli Studi di Salerno, nell'anno 2013. Successivamente ho svolto il Praticantato Forense, presso uno studio legale, attivo in tutta la ...