Rinuncia all’eredità: cos'è, come funziona e quanto costa
Guida completa sulla rinuncia all'eredità: scopri le procedure, i tempi e le implicazioni legali per rinunciare all'eredità in Italia. Informazioni utili per prendere decisioni consapevoli.
La rinuncia all'eredità è un atto legale mediante il quale un individuo decide consapevolmente di rinunciare ai diritti successori su un patrimonio ereditato. Questo processo può essere motivato da varie ragioni, tra cui debiti dell'eredità, complessità delle questioni fiscali o desiderio di evitare responsabilità legali. La scelta di rinunciare all'eredità implica una valutazione accurata delle implicazioni finanziarie e legali, poiché può influire sulla distribuzione dei beni e sulle relazioni familiari. Un atto che richiede ponderate considerazioni e una comprensione approfondita delle leggi successorie vigenti.
Cos’è la rinuncia all’eredità
Il concetto di rinuncia all'eredità nell'ordinamento italiano costituisce un atto giuridico attraverso il quale un erede designato decide volontariamente di escludersi dalla successione di un patrimonio. La rinuncia all'eredità è un atto unilaterale con il quale un soggetto, chiamato all'eredità, manifesta la propria volontà di non accettare il patrimonio lasciato dal defunto, e che può essere esercitato in qualsiasi momento, entro dieci anni dall'apertura della successione. Prevista e disciplinata dal Codice Civile (art. 519), essa rappresenta lo strumento attraverso il quale il chiamato all’eredità decide, in sostanza, di rifiutare di subentrare nella totalità del patrimonio ovvero nella quota di patrimonio del de cuius, tanto se trattasi di successione legittima, quanto testamentaria. È chiaro che la rinuncia all’eredità il più delle volte è una decisione ancorata, diciamo, alla “qualità” dell’asse ereditario.
Quando l’eredità è formata principalmente o esclusivamente da debiti, l’accettazione della stessa comporterà la c.d. confusione del patrimonio del deceduto stesso con quello dell’erede. L’effetto, difatti, sarà il concreto rischio di vedersi aggredire il proprio patrimonio, unito a quello ricevuto in eredità, dai creditori del defunto. Pertanto, in mancanza di attività, ed in presenza di sole passività del de cuius, la rinunzia appare una scelta obbligata. La rinuncia, non può essere sottoposta a condizioni o termini, né può essere limitata ad una sola parte dell’eredità.
In questi casi la dichiarazione di rinuncia sarebbe nulla e priva di effetti. Se essa viene fatta dietro compenso o a favore di altri soggetti chiamati all’eredità, comporta l’effetto contrario, ossia l’accettazione dell’eredità (art. 478 c.c.). Né tampoco è ammessa una rinuncia prima dell’apertura della successione (ossia prima della morte del de cuius), in quanto da considerarsi come violazione del divieto di patti successori. Il diritto di rinunciare all’eredità, così come quello di accettarla, può essere esercitato entro dieci anni dal giorno della morte del defunto.
Entro lo stesso termine è possibile revocare la rinuncia stessa (art. 525 c.c.). Come l’accettazione, non può essere sottoposta a condizioni o termini, né può essere limitata a parte soltanto dell’eredità. In caso contrario, la dichiarazione di rinuncia è nulla e non produce effetti. La motivazione alla base della rinuncia può variare ampiamente. Talvolta, gli eredi rinunciano per evitare di dover affrontare debiti o passività dell'eredità, soprattutto quando il patrimonio netto è insufficiente a coprire gli oneri. Altre ragioni possono includere la volontà di preservare la propria situazione finanziaria personale o di evitare complicazioni fiscali. In alcuni casi, la rinuncia può derivare da questioni familiari o da una scarsa affinità con il defunto. In sintesi, la rinuncia all'eredità costituisce un atto giuridico importante e complesso, che richiede una comprensione approfondita delle leggi successorie italiane e una riflessione ponderata sulle implicazioni personali e familiari connesse a tale decisione.
Come si rinuncia all’eredità?
La rinuncia all'eredità deve essere fatta espressamente. L’art. 519 del c.c. nell’indicare le modalità di rinuncia indica implicitamente che l’unica forma consentita è quella espressa e formale: “La rinunzia all'eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni”. È necessario, dunque, che vi sia una chiara ed inequivocabile manifestazione di volontà del chiamato all’eredità di non voler subentrare nel patrimonio del defunto. Pertanto, chi intende rinunciare deve compiere tale atto in modo esplicito e inconfutabile.
La legge italiana richiede che la rinuncia venga effettuata per iscritto, attraverso una dichiarazione formale. Questa può essere redatta personalmente dall'interessato o redatta da un notaio, da presentare a quest’ultimo o presso la cancelleria del Tribunale del luogo in cui la successione si è aperta (luogo di ultima residenza del defunto). La dichiarazione deve contenere informazioni essenziali, come l'identità del rinunciante, la descrizione dettagliata dell'eredità, e l'espressa volontà di rinunciare ai diritti successori. L’atto di rinuncia, dunque, presenta i seguenti requisiti:
Unilateralità: L'individuo che detiene il diritto rinuncia unilateralmente, cedendolo senza trasferirlo ad altri. Essendo un atto unilaterale, si ritiene applicabile l'art. 1324 c.c, il quale stabilisce che la disciplina dei contratti può essere applicata in quanto compatibile. Vi è un dibattito sulla possibile applicazione dell'art. 1322 agli atti unilaterali, ma la tesi maggioritaria propende per la teoria della tipicità degli atti unilaterali.
Carattere non recettizio: La rinuncia non ha un destinatario immediato; se c'è un aumento del patrimonio di un altro soggetto, questo avviene in modo mediato e indiretto e non può costituire l'obiettivo del rinunciante.
Efficacia immediata: A meno che non siano presenti condizioni particolari, la rinuncia ha un effetto immediato e, di conseguenza, è generalmente irrevocabile, tranne nel caso della rinuncia all'eredità.
Che documenti servono per fare la rinuncia all’eredità?
Nel caso la dichiarazione (per motivi per lo più economici) la si voglia presentare in Tribunale, occorre, generalmente, munirsi dei seguenti documenti:
- Dichiarazione sostitutiva di certificazione di morte (in caso di decesso di coniuge, ascendente o discendente) o estratto dell'atto di morte per gli altri casi (in pratica il certificato di morte del defunto)
- Documento di identità valido e codice fiscale del rinunciante
- Copia del codice fiscale del defunto e del richiedente
- Copia autenticata dell'eventuale testamento
- Copia autenticata dell'autorizzazione del Giudice tutelare, se tra i rinuncianti sono presenti minorenni, persone dichiarate interdette o inabilitate
Di regola, ogni Tribunale richiede il deposito di ulteriori documenti e prevede modalità diverse per la presentazione della dichiarazione. Dunque, è consigliabile farsi assistere da un avvocato per avere tutte le informazioni necessarie al riguardo. Parimenti, nel caso la si voglia eseguire dinanzi al Notaio, occorreranno i documenti utili e necessari a tal scopo che, in linea di principio, non si discostano molto da quelli suddetti. Sarà comunque cura del Notaio precisare la documentazione necessaria alla rinuncia all’eredità.
Quanto costa fare un atto di rinuncia all’eredità?
La rinuncia all'eredità è un atto giuridico che, in alcuni casi, richiede un intervento ufficiale per garantire la sua validità. Due opzioni comuni sono rappresentate dalla formalizzazione davanti a un notaio o presso la cancelleria del Tribunale.
La rinuncia all'eredità davanti al notaio: Formalizzare la rinuncia all'eredità davanti a un notaio è una prassi comune. Questo professionista legale autorizzato assicura la corretta registrazione dell'atto e fornisce una copia autenticata. I costi possono variare in base alla complessità dell'eredità e alla tariffa del notaio. In media, i costi possono oscillare tra qualche centinaio a diverse migliaia di euro.
- Vantaggi: Maggiore rapidità nell'elaborazione dell'atto, Servizio personalizzato e consulenza legale aggiuntiva.
- Svantaggi: Costi più elevati rispetto ad altre opzioni.
La rinuncia all'eredità presso la cancelleria del Tribunale:
Gli esborsi in Tribunale sono:
- Al momento della rinuncia: una marca da bollo di € 16,00, oltre ad una tassa di € 200,00, con mod. F23 e codice tributo 109T
- Al momento del ritiro della copia autentica della dichiarazione di rinuncia: una marca da bollo di € 16,00 e una di € 11,80
Risulta opportuno chiarire che tali costi sono indicativi potendo modificarsi in base all’Autorità giudiziaria presso la quale si procede alla rinuncia. E’ necessario, a nostro avviso, rivolgersi ad un avvocato che saprà orientarsi più facilmente.
- Vantaggi: Costi fissi, indipendenti dalla complessità dell'eredità; Accessibile a chi cerca un'opzione più economica.
- Svantaggi: Processo potenzialmente più lungo rispetto alla procedura notarile.
Quali sono i termini per la rinuncia all’eredità?
La rinuncia all'eredità può essere effettuata in qualsiasi momento, entro dieci anni dall'apertura della successione. L'apertura della successione avviene al momento della morte del defunto. Il termine di dieci anni per la rinuncia all'eredità è un termine di decadenza, che decorre dalla data della morte del defunto. La rinuncia all'eredità effettuata oltre il termine di dieci anni è nulla. Conseguenze della rinuncia all'eredità La rinuncia all'eredità ha effetti retroattivi, come se il chiamato all'eredità non fosse mai stato chiamato. In pratica, questo significa che il chiamato all'eredità che rinuncia:
- Non acquista alcun diritto sul patrimonio del defunto
- Non risponde dei debiti del defunto
La rinuncia all'eredità può avere importanti conseguenze giuridiche, sia per il chiamato all'eredità che per gli altri eredi. Per questo motivo, è importante valutare attentamente la propria situazione prima di decidere di rinunciare all'eredità.
E’ possibile revocare la rinuncia all’eredità?
Il diritto di rinunciare all’eredità, così come quello di accettarla, come abbiamo visto, può essere esercitato entro dieci anni dal giorno della morte del defunto. In caso di accertamento giudiziale dello stato di figlio, tuttavia, il termine inizia a decorrere dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Ma se dopo la rinuncia ci ripenso e voglio accettare l’eredità, posso modificare la mia scelta? Ebbene si! La revoca della rinuncia all'eredità costituisce un'opzione che offre una certa flessibilità nelle dinamiche successorie. Tuttavia, è importante sottolineare che tale facoltà non è illimitata. La rinuncia può essere revocata fintanto che l'eredità non è stata acquisita da terzi e finché il diritto di accettarla non è prescritto.
Questa possibilità di revoca fornisce agli eredi un margine di riflessione e la chance di rivalutare la propria decisione, soprattutto in situazioni in cui circostanze impreviste o nuove informazioni possono influenzare la scelta iniziale La rinuncia, dunque, è revocabile se l’eredità non è nel frattempo già stata acquistata da altri chiamati all’eredità e fino a che il diritto di accettarla non è prescritto. Si ricordi, in generale, che la rinuncia è incompatibile con un comportamento del chiamato all’eredità che invece si mostri agire come vero e proprio erede. Si pensi a chi usi l’auto di proprietà del defunto (tipico esempio comune), è chiaro che così facendo mostra la sua volontà di entrare nel patrimonio del defunto medesimo. Decade altresì dal diritto di rinunciare, e si considera erede puro e semplice, il chiamato all'eredità che ha sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità stessa.
Chi rinuncia all’eredità deve pagare i debiti del defunto?
Assolutamente no. Innanzitutto, ereditare non è un obbligo: chiunque può rinunziare all’eredità. A questo punto una domanda sorge spontanea: perché mai una persona dovrebbe rinunciare ad un’eredità? Per rispondere a questa domanda, si rende doverosa una premessa. L’erede eredita tutto, nel bene e nel male. Ciò significa che l’erede subentra al defunto in tutte le sue situazioni attive e passive. Si aprono, a questo punto, due scenari, innanzi ai quali l’erede si determinerà, verosimilmente, a rinunciare all’eredità.
a) Situazione debitoria del de cuius – defunto.
Non è detto che un’eredità sia sempre composta di sole ricchezze: queste ultime ben potrebbero sussistere, ma il defunto – c.d. de cuius – potrebbe avere avuto, in vita, anche qualche piccolo debito, o qualche debito piuttosto consistente, o addirittura essersi trovato in una situazione di sovraindebitamento. A questo punto il soggetto che eredita, si trova a subentrare non solo in tutti i beni e i crediti del defunto o di una quota di essi, ma anche nelle posizioni passive del defunto, ossia i debiti dello stesso, che andranno ad unirsi ai crediti e debiti dell’erede stesso (c.d. confusione del patrimonio). Se l’attivo dell’eredità non dovesse bastare, l’erede dovrà pagare “di tasca propria”.
In questi casi, è verosimile che l’erede opti per una rinuncia all’eredità, in quanto ereditare rappresenterebbe un costo, essendo il patrimonio ereditario composto di partite passive maggiori di quelle attive. E se l’erede non conoscesse esattamente la situazione patrimoniale del defunto, come potrebbe adottare una decisione? In tal caso, la legge gli offre lo strumento dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario: l’erede può decidere, entro dieci anni – o entro tre mesi se in possesso dei beni ereditari – dall’apertura della successione, di accettare l’eredità, ma riservandosi di rinunziarvi, qualora scoprisse una situazione debitoria tale, da rendere antieconomica una eventuale accettazione.
Entro tre mesi dalla data di accettazione con beneficio di inventario, l’erede dovrà procedere con l’inventario di ogni bene lasciato dal defunto. In caso di accettazione con beneficio di inventario, il patrimonio dell’erede e quello del defunto non vano a confondersi rimanendo rigorosamente divisi e i creditori non potranno aggredire l’eredità, oggetto del beneficio di inventario. Chi rinuncia all’eredità deve presentare la dichiarazione di successione? Il chiamato all’eredità dovrà fare la dichiarazione di successione. Essendo tale dichiarazione un adempimento di tipo fiscale, che non comporta necessariamente l’accettazione dell’eredità, il chiamato all’eredità, una volta fatta la dichiarazione di successione, potrà poi decidere se accettare l’eredità o se rinunziarvi.
L’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire, con la risposta a interpello n.296/2022, quali siano i soggetti onerati dalla presentazione della dichiarazione in parola. Dunque, l'obbligo della presentazione della dichiarazione di successione incombe sui soggetti chiamati all'eredità, almeno fino al momento della loro rinuncia. Al di fuori delle ipotesi di rinuncia o di nomina di un curatore dell'eredità, l'esistenza dei soggetti chiamati all'eredità, alla luce di quanto sopra evidenziato, comporta per gli stessi l'obbligo di presentazione della dichiarazione di successione, a prescindere dalla loro qualità di erede, testamentario o legittimo. Sono obbligati a presentare la dichiarazione:
- I chiamati all'eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali
- Gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell'assente
- Gli amministratori dell'eredità e i curatori delle eredità giacenti
- Gli esecutori testamentari
b) Carattere e iter della dichiarazione di successione
La successione ha, fra gli altri, effetti anche sul piano fiscale, vista la tassa sulle successioni – e sulle donazioni, che sono a tutti gli effetti un anticipo sull’eredità – reintrodotta nel nostro ordinamento. Allorquando un soggetto decede, dunque, gli eredi saranno tenuti al pagamento della tassa. Per tale motivo, vi è un obbligo tassativo di presentare, presso l’Agenzia delle Entrate, la dichiarazione di successione: tale adempimento ha, dunque, carattere fiscale. Il termine entro cui tale dichiarazione va presentata è di dodici mesi dalla data dell’apertura della successione, pena le sanzioni per il ritardo. Tale adempimento va necessariamente effettuato telematicamente, attraverso l’apposito portale dell’Agenzia delle Entrate ed è, perciò, consigliabile rivolgersi ad appositi professionisti, come i CAF. La tassa va corrisposta al momento della dichiarazione di successione.
c) Esonero dalla presentazione della dichiarazione di successione
Ex art. 28 del T.U. sull’imposta di successioni, non vi è alcun obbligo di presentazione della dichiarazione di successione, presso l’Agenzia delle Entrate, nei seguenti casi:
- Eredità devoluta al coniuge ed ai parenti in linea retta – ascendenti e discendenti, non i fratelli –, con un attivo che non superi euro centomila
- Assenza, fra i beni ereditari, di beni immobili o di diritti reali su beni immobili
- Rinunzia all’eredità
d) La situazione del rinunciante
È possibile, come detto, che la dichiarazione di successione venga presentata prima che un erede rinunci alla sua parte di eredità: in tal caso, il rinunciante non è ancora considerato tale, essendo erede a tutti gli effetti e, conseguentemente, gli verrà imposto, come a tutti gli altri, il pagamento delle relative tasse e imposte. Successivamente, l’erede che intenda rinunciare potrà procedere alla relativa formalizzazione, per poi presentare una nuova dichiarazione di successione – diversa da quella trasmessa in precedenza da altro erede –, ma non dovrà corrispondere le imposte, senza che, peraltro, possa richiedere la restituzione della tassa di successione, precedentemente corrisposta in occasione della prima denuncia di successione.
Per ottenere il rimborso della tassa di successione precedentemente versata, occorrerà un’integrazione della precedente dichiarazione di successione, che potrà essere fatta soltanto dall’erede che abbia effettuato la prima dichiarazione: in tal caso, soltanto tale erede potrà fare richiesta di rimborso. Ciò in ossequio alla risposta di Agenzia Entrate n. 677/2021. In un recente arresto giurisprudenziale, la Corte di Cassazione è intervenuta in una decisione su una controversia riguardante gli effetti della rinuncia all'eredità, esaminando anche il rapporto tra la rinuncia stessa e la presentazione della dichiarazione di successione. La vicenda ha avuto inizio con un avviso di accertamento notificato agli eredi presunti di una persona fisica con un'impresa individuale. In seguito a un ribaltamento favorevole della sentenza di primo grado, la Corte d'appello, constatata la rinuncia all'eredità da parte degli appellanti, li ha esclusi dalla qualifica di eredi.
La Corte di Cassazione è stata successivamente chiamata a decidere sulla questione, sollevata dall'Agenzia delle Entrate, riguardante la revocabilità della rinuncia all'eredità. La Corte ha respinto il ricorso, confermando che la rinuncia è revocabile entro il decennio dall'apertura della successione, a meno che altri eredi non l'abbiano già accettata. L'ordinanza ha anche chiarito le implicazioni fiscali della rinuncia e le misure a disposizione dell'Erario per tutelare i propri interessi in situazioni di incertezza sulla devoluzione dell'eredità (Cass. Civ. n.21006/2021).
Fonti normative
- Codice Civile. Artt. 456, 459, 467, 468, 469, 470,480, 484, 490, 522, 523, 524, 554, 555 e 557.
- Testo Unico 31 ottobre 1990, n. 346
- Corte di Cassazione, Sez. II, Pres. Campanile – Rel. Carrato, 20 giugno 2019, n.16623.
Hai bisogno di un avvocato specializzato in eredità? Esponici il tuo caso. AvvocatoFlash ti metterà in contatto con i migliori avvocati in questo campo. Tre di loro ti invieranno un preventivo, gratuitamente, e sarai tu a scegliere a chi affidare il tuo caso.
Marco Mosca
Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...