La responsabilità precontrattuale: natura, disciplina, danno.
Responsabilità precontrattuale: tutto quello che c'è da sapere
1. Cos'è
Si tratta di un obbligo, espressamente previsto dall'art. 1337 del codice civile, che impone alle parti contraenti di agire secondo buona fede nella fase che precede la stipula di un contratto, ossia durante le trattative. In tale lasso di tempo infatti, nessun contraente ha ancora assunto obblighi verso l'altra (il contratto che ne sarebbe la fonte non esiste ancora): tuttavia, deve comportarsi secondo correttezza, lealtà e trasparenza, e ciò per il solo fatto di aver intrapreso le trattative.
2. Che cosa tutela
Da un punto di vista generale, viene tutelata la libertà negoziale delle parti, ossia l'interesse di ciascuna a non sprecare "energie" in trattative che si rivelino poi inutili o dannose in quanto:
- si sono spesi tempo e risorse peraffrontarle;
- si cessa di coltivare altre opportunità;
- viene sottoscritto un patto a condizioni differenti da quelle che sarebbero state stipulate se l'altra parte non si fosse comportata in modo contrario alla buona fede.
3. La buona fede
La buona fede è un concetto ampio ed elastico: anche solo in tema di obbligazioni e contratti, presidia tanto le trattative quanto la stipulazione e l'esecuzione del contratto. Rispetto alla responsabilità in questione, la buona fede riguarda gli obblighi di correttezza e lealtà reciproca dei contraenti (cd concezione oggettiva). Questi, secondo l'orientamento della Cassazione, per non incorrere in forme di responsabilità precontrattuale, dovranno cooperare ed informarsi in modo leale e trasparente, al fine comune di stipulare l'accordo.
4. Le singole condotte
Fra le condotte tipiche che espongono a responsabilità ex art. 1337, la giurisprudenza ha individuato:
- la violazione degli obblighi di chiarezza, avviso e informazione, nonché di custodia e di segreto, che gravano sulle parti. Dalla buona fede deriva infatti l'obbligo di manifestare alla controparte l'effettiva possibilità di sottoscrivere il patto, senza tacere elementi rilevanti rispetto all'equilibrio contrattuale. Rientra in questa categoria anche la chiarezza del linguaggio utilizzato, e soprattutto la veridicità delle informazioni che le parti si comunicano fraloro.Tale obbligo di informazione assume particolare rilievo in certi settori, come ad esempio l'intermediazione finanziaria: l'istituto di credito, nei rapporti con i consumatori, è tenuto a fornire specifiche informazioni che permettano all'investitore non professionale di valutare consapevolmente i rischi connessi ai prodotti finanziari acquistati. L'inganno o l'omissione di un'informazione che andava comunicata, e in generale ogni fittizia rappresentazione della realtà, tale da indurre una parte a pattuire certe condizioni contrattuali in luogo di altre, deve però essere non riconoscibile da chi la subisce. In altre parole, la parte che agisce in mala fede è esposta a responsabilità solo se la condotta infedele non è riconoscibile dalla controparte con l'ordinaria diligenza, oppure se l'informazione omessa doveva essere conosciuta dalla stessa.
- L'interruzione ingiustificata delle trattative, se queste sono giunte ad un livello tale, da generare nella controparte, il legittimo affidamento sulla conclusione del contratto. Non essendo ancora stato stretto l'accordo, le parti sono genericamente libere di abbandonare la trattativa, ma se questa è giunta al punto da indurre l'altro a confidare, senza colpa, nella stipulazione del contratto, chi la interrompe senza un motivo apprezzabile sarà esposto a responsabilità precontrattuale.
5. Gli obblighi di comunicazione
Oltre alla buona fede durante la fase delle trattative, il codice civile, al successivo art. 1338, impone alle parti uno specifico onere di informazione, la cui violazione provoca responsabilità precontrattuale: ciascuna parte, conoscendo o dovendo conoscere una causa di invalidità del contratto, qualora non la comunichi all'altra, sarà tenuta a risarcire il danno patito dalla controparte che, senza colpa, ha confidato nella validità dell'accordo.
Si noti che la legge in questo caso impone sia l'obbligo di comunicare, sia il previo dovere di informarsi, non diverso dal generale dovere di conoscere ciò che è permesso e vietato gravante su tutti i consociati (è dovere di ognuno, quando intraprende trattative finalizzate alla stipula di un negozio, informarsi sulle regole che disciplinano quel particolare tipo di "affare").
Proprio alla luce di quanto detto, si spiega perché non sussiste una tale responsabilità quando la causa di invalidità dell'accordo, conosciuta da uno dei soggetti e da questo taciuta, derivi da una regola che deve essere nota a tutti i cittadini (si parla di presunzione assoluta di conoscenza).
In altre parole, per alcune norme la legge da per scontato (e non ammette prova contraria) che i destinatari di tali regole le conoscano (es. qualsiasi cittadino sa o dovrebbe sapere che l'omicidio è vietato), quindi se il vizio che invalida un contratto deriva da ciò (nell'esempio, un contratto avente per oggetto un "omicidio su commissione" sarebbe privo di validità), ciascuna parte non dovrà informare l'altra circa l'esistenza di tale vizio. Si tratta in pratica del brocardo "la legge non ammette l'ignoranza".
Si deve infatti considerare che le norme contenute negli artt. 1337 e 1338 cod. civ.sono finalizzate a tutelare, durante la fase preparatoria, il contraente in buona fede che viene "ingannato o fuorviato da una situazione apparente, non conforme a quella vera", oppure a tutelarlo "dall'ignoranza della causa di invalidità del contratto che gli è stata taciuta": tuttavia, continua la Cassazione, "se vi è colpa da parte sua, se cioè egli avrebbe potuto, con l'ordinaria diligenza, venire a conoscenza della situazione reale e, quindi, l'invalidità del contratto, non è più possibile applicare lanorma".
6. Natura della responsabilità precontrattuale.
Per lungo tempo, la giurisprudenza ha sostenuto la tesi secondo cui saremmo davanti aduna forma particolare di responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che veniva applicato il regime previsto dall'art. 2043 cod.civ. in tema di onere della prova, di termine prescrizionale, e di danno risarcibile. Alla base di questa tesi sta il dato che l'accordo non si è ancora formato, e pertanto i contraenti sono vincolati solo dal generale dovere di non ledere i diritti altrui, gravante su tutti, non avendo (ancora) assunto gli specifici obblighi derivanti dalpatto. Recentemente tuttavia, la Suprema Corte ha mutato posizione, sostenendo chesi tratterebbe di una responsabilità più vicina a quella contrattuale.
Il ragionamento seguito dai giudici si basa su una cd "responsabilità da contatto": il solo aver iniziato le contrattazioni fa pesare su ciascun soggetto coinvolto un dovere specifico (la correttezza e tutto quanto che ne deriva), più vicino ai reciproci obblighi che i soggetti coinvolti di un negozio giuridico si "scambiano", rispetto al generale dovere di non nuocere agli altri. In sostanza, non siamo davanti ad un dovere generico, che obbliga "tutti" (soggetti indeterminati), ma ad un preciso dovere posto in capo a persone determinate, legate da uno specifico rapporto che li distingue dalla generalità degli altri cittadini (l'essere parti in trattativa). A sostegno di questa tesi propende anche il tenore letterale dell'art. 1337 cod.civ, che parla di "parti", e quindi indica che siamo già in presenza di obblighi determinati, ben lontani dal generale dovere di non ledere i diritti altrui e per questo assimilabili a quelli contrattuali.
7. Risarcimento del danno
Sulla base del cambiamento di orientamento giurisprudenziale appena evidenziato, in relazione al danno risarcibile occorre considerare due aspetti:
- tipo di danno: da un'idea solamente "negativa" di danno risarcibile, dato dalle due componenti del danno emergente (le "spese vive") e del lucro mancante (opportunità di guadagno perse), si è passati ad una concezione "differenziale". Infatti, stante l'obbligo di comunicarsi a vicenda le informazioni utili a valutare il contratto in via di formazione, se il dato taciuto ha finito per indurre la controparte a chiudere il contratto a condizioni peggiori di quanto avrebbe fatto, questa avrà diritto ad essere risarcita di tale "differenza", pur restando valido il negozio. Rimane fuori da questo tipo di risarcibilità il solo danno "positivo" (ossia l'interesse alla stipula effettiva dell'accordo in caso di interruzione ingiustificata delle contrattazioni);
- limite al danno: quando qualcuno non esegue la prestazione dovuta in base ad un contratto, si potrà da costui pretendere il ristoro del solo danno prevedibile al momento della stipula dell'accordo stesso. Nei casi di responsabilità ex art. 2043 cod. , invece, tale limite non è previsto (ad esempio, in caso di sinistro, chi causa l'incidente dovrà pagare tutti i danni derivanti dal suo comportamento imprudente, colpevole o addirittura intenzionale, e non solo quelli che erano "prevedibili" - purché sussista il cd nesso dicausalità). Inquadrare la responsabilità in esame nella categoria della responsabilità da contratto limita quanto si può chiedere a titolo di ristoro.
8. Conseguenze su onere della prova e prescrizione.
Inquadrare la responsabilità in esame come responsabilità contrattuale ha effetti anche sul termine di prescrizione dell'azione risarcitoria: 10 anni, contro i 5 che determinano la prescrizionedella responsabilità extracontrattuale (in certi casi addirittura2).
Altra rilevante conseguenza riguarda infine l'onere della prova. Per regola generale, chi agisce in giudizio ha l'onere di provare i fatti che pone alla base delle sue pretese: nella responsabilità contrattuale tuttavia, l'onere della prova viene parzialmente invertito (non è il danneggiato a dover dimostrare la colpa dell'altro, ma è quest'ultimo a dover dimostrare l'assenza di colpa, ossia che l'inadempimento è dovuto ad una causa a lui non imputabile).
Quindi, mentre in caso di responsabilità extracontrattuale il danneggiato deve dimostrare il comportamento, l'evento dannoso (nonché l'ammontare del danno), il nesso di causalità fra la condotta e il danno, e soprattutto l'elemento psicologico del danneggiante (colpa, ossia imprudenza, o addirittura dolo, cioè intenzionalità), in caso di responsabilità contrattuale, il danneggiato può limitarsi a provare l'esistenza della stipulazione ed il mancato adempimento, sarà la parte inadempiente, citata in giudizio, che si dovrà eventualmente difendere dimostrando che la mancata esecuzione della prestazione dovuta è stata provocata da una causa a lui non ascrivibile.
Emilio Stacchetti
Fonti normative
Artt. 1337, 1338, 2043 cod. civ.
Cass. n. 5920/1985, n. 5927/1998, n. 4258/1997, n. 3272/2001, n. 5114/2001, n. 16149/2010, n. 14188/2016, n. 27648/2011, n. 24438/2011.
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