Quando un avvocato può fare causa a un ex cliente? Scoprilo qui
Cause legali avvocato-cliente: quando un avvocato ha diritto a ricorrere contro un ex cliente? Esplora i diritti degli avvocati contro gli ex clienti: parcelle, contratti e controversie legali spiegati in dettaglio.
Quesito cui deve essere fornita risposta positiva, pur nei limiti di cui si dirà nel prosieguo della trattazione, è quello relativo alla possibilità per l’avvocato di promuovere un giudizio nei confronti di un suo ex cliente. In proposito occorre premettere sin d’ora che la facoltà concessa implica, comunque, anche un’attenta disamina delle disposizioni di cui al Codice Deontologico Forense, all’osservanza della quale devono ritenersi assoggettati tutti gli iscritti all’Albo. Come si vedrà meglio nel paragrafo successivo, tra le situazioni che più sovente possono far scaturire conflitti tra gli avvocati e i propri ex clienti si possono rammentare: il mancato pagamento delle parcelle a fronte della puntuale esecuzione del mandato professionale ricevuto; la violazione di accordi contrattualmente previsti in riferimento allo svolgimento dell’attività; ultimo, ma non meno frequente, il caso in cui il cliente diffonda notizie volte a creare discredito e, quindi, danno alla reputazione dell’avvocato di cui si è avvalso.
Casi comuni di conflitto tra avvocati ed ex clienti
Mancato pagamento delle parcelle
L’ipotesi probabilmente più comune e dalla quale scaturiscono la maggior parte delle diatribe tra avvocati ed ex clienti è quella del mancato pagamento da parte di questi ultimi degli onorari spettanti al professionista per la prestazione svolta.
Accade sovente, infatti, che venga conferito mandato professionale per lo svolgimento di un’attività professionale e al momento del pagamento del rispettivo onorario l’avvocato non riesca a farsi corrispondere l’importo concordato. Quale che sia la ragione che spinge il cliente a non saldare il dovuto e, quindi, dipendesse anche eventualmente da un contingente periodo di difficoltà economica, permane, comunque, il diritto dell’avvocato di ottenere il pagamento per l’attività svolta.
Al fine di recuperare quanto dovutogli, pertanto, il legale potrà nei confronti dell’ex cliente muoversi tanto in via stragiudiziale quanto, nell’ipotesi in cui in tal modo non ottenga soddisfazione, promuovendo l’azione giudiziaria.
Salve le possibilità di cui meglio si dirà prosieguo sembra opportuno precisare che l’avvocato può rivolgere all’Ordine professionale di appartenenza un’istanza volta ad ottenere il parere di congruità nella denegata e non creduta ipotesi in cui il compenso non sia stato previamente fatto oggetto di un accordo redatto in forma scritta e concluso con il cliente nel corso dello sviluppo del rapporto.
Violazione di accordi contrattuali
Lo svolgimento del mandato professionale può costituire oggetto di una scrittura privata conclusa con il cliente. Tra gli aspetti che possono essere disciplinati dalla scrittura possono ricordarsi, ex multis, i seguenti:
- l’impegno del cliente a fornire all’avvocato tutti i documenti e le informazioni necessari all’espletamento dell’incarico;
- la previsione e quantificazione consensuale del compenso professionale dovuto per l’espletamento di ogni singola attività che si renda necessaria, eventualmente anche secondo una tariffa oraria;
- le tempistiche entro le quali i pagamenti concordati devono essere effettuati alle scadenze pattuite, anche ove si preveda il pagamento rateale;
- il versamento di eventuale acconto;
- l’obbligo di corrispondere all’avvocato l’intero importo pattuito, anche se minore dovesse essere l’importo liquidato e posto a carico della controparte soccombente;
- la previsione che se in corso di causa venga liquidato un importo superiore rispetto a quello concordato l’eccedenza spetterà all’avvocato;
- la previsione che l’avvocato potrà farsi versare direttamente dalla controparte le spese legali e a trattenerle a titolo di compensazione sino a soddisfazione del proprio credito.
La violazione degli obblighi dedotti nel contratto concluso tra avvocato e cliente da parte di quest’ultimo potrà legittimare l’avvocato all’esercizio di un’azione volta a riconoscere la responsabilità contrattuale derivantene.
Diffamazione o danno alla reputazione dell'avvocato
Ulteriore caso di ampia diffusione nella pratica è quello del cliente che ponga in essere diffamazione o, comunque, tenga un comportamento che comporti un danno alla reputazione dell’avvocato.
Occorre evidenziare che la diffamazione costituisce anche una vera e propria fattispecie di reato, concretizzabile dal soggetto (nel caso specifico il cliente) che, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione. Il comportamento diffamatorio rileva quale che sia la modalità attraverso la quale è attuato.
L’orientamento oggi nettamente prevalente è quello secondo il quale affinché possa dirsi sussistente un’offesa alla reputazione, non è sufficiente l'astratta idoneità delle parole a offendere, ma è necessario che esse siano a ciò destinate, in quanto adoperate appunto nel loro significato sociale, oggettivo, che vengono ad assumere le parole, senza alcun riferimento alle intenzioni del soggetto che le pronuncia.
Pertanto, il comportamento del cliente che sia volto a screditare la reputazione dell’avvocato, arrecandogli un danno, può da questi essere fatto valere, ove ne ricorrano i presupposti descritti dalla normativa di riferimento, in sede penale al fine di accertare la responsabilità del cliente e vedergli comminare la relativa sanzione ed eventualmente anche in sede civile al fine di tentare di ottenere il risarcimento del danno all’immagine che ne derivi.
Aspetti legali e deontologici
Codice deontologico e i diritti degli avvocati
Il Codice Deontologico Forense fissa le norme comportamentali che ogni avvocato è tenuto a seguire in linea generale nonché in maniera più specifica nei rapporti con il cliente, con la controparte, con i colleghi, con gli altri professionisti e le altre parti nei giudizi.
Proprio attraverso l’osservanza di tali regole comportamentali l’avvocato attua i fini della giustizia perseguiti dall’ordinamento giuridico italiano.
Tra le disposizioni che vengono in rilievo nel contesto di questa trattazione si deve rammentare l’articolo 34 del Codice Deontologico Forense, il quale dispone espressamente in materia di proposizione dell’azione da parte dell’avvocato contro il cliente e/o la parte assistita (ove diversa dal primo) per il recupero del compenso non pagato.
La previsione in esso contenuta assume la caratteristica dell’inderogabilità, in quanto in alcun modo può essere ovviata dalle parti per il solo fatto dell’ottenimento del consenso del cliente.
Il disposto dell’articolo 34 del Codice Deontologico Forense, nello specifico, prevede che l’avvocato che voglia agire giudizialmente nei confronti del cliente e/o della parte assistita al fine di ottenere il pagamento del proprio onorario deve previamente rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti dal cliente/dalla parte assistita. Ove contravvenga a tale obbligo l’avvocato andrà incontro all’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Limitazioni legali per un avvocato in causa contro un cliente
Come premesso al paragrafo precedente l’avvocato che intenda intentare una controversia nei confronti di un cliente deve preventivamente procedere a rinunciare a tutti i mandati che questi gli abbia conferito per suo conto.
La ragione è ovvia: non può ragionevolmente credersi che un avvocato che agisca giudizialmente o stragiudizialmente nei confronti del cliente possa contestualmente continuare a tutelare gli interessi del cliente in piena osservanza del dovere di fedeltà del mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela dell'interesse della parte assistita e nel pieno rispetto del rilievo costituzionale e sociale del diritto di difesa di cui all’articolo 24 della Costituzione.
Aspetto peculiare alla questione relativa al dovere di osservare il dovere imposto dall’articolo 28 del Codice Deontologico Forense, il quale in materia di riserbo e segreto professionale sancisce che è consentito all’avvocato di derogarvi per allegare circostanze di fatto in una controversia con il cliente e/o la parte assistita.
Come un avvocato può tutelarsi legalmente
Mediazione e risoluzione extragiudiziale
L’avvocato che si trovi a dover fronteggiare questioni controverse nel rapporto con un cliente o con la parte assistita può tutelarsi legalmente ricorrendo a diverse soluzioni.
Le prime opzioni percorribili sono da identificarsi indiscutibilmente nell’approccio ad una soluzione bonaria del rapporto divenuto ormai controverso e gli istituti che vengono in considerazione si identificano nel ricorso alla procedura di mediazione nonché alla risoluzione extragiudiziale (o stragiudiziale).
La prima è qualificabile come un istituto di risoluzione delle controversie alternativo alla via giurisdizionale e che si avvale del ricorso ad un professionista specializzato e terzo rispetto alle parti e, quindi, imparziale, il mediatore, il cui compito è quello di aiutare le parti nella ricerca di un accordo volto a risolvere la questione, eventualmente formulando egli stesso una proposta di accordo da sottoporre alle parti.
Senza ricorrere necessariamente all’intervento di un mediatore le parti, i.e. l’avvocato e il cliente possono intavolare anche autonomamente una serie di trattative al fine di tentare di raggiungere una soluzione conciliativa che soddisfi gli interessi di entrambi, eventualmente anche facendo ricorso a reciproche concessioni.
Il fine è quello di trovare un punto di incontro tra le posizioni contrastanti dell’avvocato e del suo ex cliente e, quindi, una possibile soluzione.
Procedura per il recupero crediti
Qualora l’avvocato intenda muoversi nei confronti dell’ex cliente per il pagamento della parcella non saldata potrà avviare le procedure di recupero del credito in via stragiudiziale o giudiziale.
La prima opzione contempla, innanzitutto, la notifica di una diffida di pagamento, con la quale il legale formalizza la richiesta di pagamento delle somme all’ex cliente, intimandogli di provvedere entro un termine preciso (solitamente 10 giorni dalla ricezione).
L’esito infruttuoso della diffida legittima il ricorso agli ulteriori istituti stragiudiziali o alla via giudiziale.
I primi comprendono, innanzitutto, la richiesta di un’ingiunzione di pagamento, c.d. decreto ingiuntivo, emesso dal Giudice competente inaudita altera parte, essendo il credito dell’avvocato certo, liquido ed esigibile, e che contiene l’ordine di pagare l’importo indicato entro il termine stabilito.
Se non venga eseguito nel termine indicato il pagamento richiesto l’avvocato potrà chiedere che il decreto venga dichiarato esecutivo, attestarne la conformità e dare avvio all’esecuzione forzata, mediante notifica di atto di precetto, ossia la formale richiesta scritta di procedere al pagamento del dovuto in esecuzione del titolo ottenuto nel termine di 10 giorni dal perfezionamento della notifica, cui potrà fare seguito la successiva instaurazione di una procedura esecutiva (sia essa mobiliare o immobiliare o, ancora, presso terzi).
Ricorso per danni morali e materiali
L’avvocato può indiscutibilmente anche agire in via giudiziale nei confronti dell’ex cliente che gli abbia cagionato con il proprio comportamento o con le proprie affermazioni un danno di tipo morale o materiale. Si pensi all’ipotesi in cui, a seguito della revoca o rinuncia al mandato o in costanza di esso, il cliente ponga in essere un atteggiamento diffamatorio, lasciandosi andare ad affermazioni idonee a ledere l’onore e il decoro dell’avvocato, con il fine di mettere in cattiva luce la sua reputazione di fronte alla generalità dei consociati e tali da comportarne il discredito a fronte degli altri.
Tale atteggiamento può essere causa di danni tanto morali quanto materiali nei riguardi del legale, potendo incidere non solo creando un ingiusto turbamento d’animo, ma altresì un danno economico non indifferente potendo seguirne la fuga della clientela. Tali danni possono essere fatti valere nel corso di un giudizio instaurato ad hoc.
Esempi di cause legali tra avvocati e clienti
Studio di casi reali
La casistica contempla casi di varia natura negli esempi di cause legali tra avvocati e clienti, annoverando, per la stragrande maggioranza situazioni in cui il cliente non abbia provveduto al pagamento degli onorari professionali e fornisce, al contempo, limitazioni alle facoltà concesse all’avvocato.
L’ipotesi tipica è quella dell’avvocato che, per il recupero delle sue competenze nei confronti del cliente, promuova una pluralità di azioni esecutive le quali, al contrario, potevano ben concretizzarsi in un’unica azione. Se il tentativo di recuperare gli importi non pagati è in generale legittimo diventa pratica scorretta se espletato con modalità che possano comportare un notevole aggravamento della posizione del cliente (maggiori spese e oneri).
Non è, al contrario, in alcun modo censurabile l’avvocato che, ricorrendone i presupposti di legge e dovendo recuperare i propri onorari, dopo aver esperito ogni tentativo possibile tra quelli previsti dall’ordinamento per ottenere il pagamento del compenso (diffida formale - decreto ingiuntivo – atto di precetto e conseguente avvio di procedura esecutiva mobiliare/immobiliare/presso terzi), formuli e depositi istanza per ottenere la dichiarazione di fallimento nei confronti del cliente inadempiente, preordinata al successivo deposito di un’istanza di ammissione al passivo fallimentare per un importo equivalente alle parcelle rimaste non saldate.
Consigli per evitare conflitti
Buone pratiche nella gestione del rapporto avvocato-cliente
Al fine di tentare di evitare conflitti tra avvocato e cliente è opportuno procedere ad una preventiva puntuale previsione di tutti i dettagli inerenti allo svolgimento del mandato professionale e alle obbligazioni poste a carico delle parti.
Con lo scopo di tutelarsi l’avvocato può farsi rilasciare un acconto e un fondo spese, da scomputare poi da quella che sarà la parcella emessa in esito allo svolgimento dell’intera attività professionale.
La soluzione più garantista, tuttavia, consiste nella predisposizione per iscritto di una scrittura privata, avente forza di legge tra le parti, mediante la quale procedere a disciplinare in maniera dettagliata e specifica tutti gli aspetti inerenti allo svolgimento del mandato e alle rispettive e reciproche obbligazioni.
In tal caso, la parte diligente potrà, a fronte dell’inadempimento dell’altra valutare se sia opportuno procedere con l’avvio di procedure stragiudiziali o giudiziali volte a far valere le proprie ragioni e ottenere quanto dovuto dall’altra.
Importanza della trasparenza nei contratti
Affinché la parte adempiente possa far valere eventuali violazioni contrattuali poste in essere dall’altra è necessario che il contratto concluso in occasione del conferimento del mandato professionale risulti essere del tutto trasparente. Ciò implica che esso deve essere redatto in maniera del tutto chiara e intelleggibile, senza che possa dare adito a dubbio interpretativo alcuno.
Sembra, pertanto, opportuno che il mandato contempli tutti i diritti e gli obblighi spettati e posti a carico di ciascuna parte nella maniera più dettagliata e lineare possibile, utilizzando un linguaggio accessibile e tale da evitare l’insorgenza di dubbi interpretativi di sorta.
Inoltre, sembra potersi affermare che il contratto deve provvedere a disciplinare tutti gli aspetti fondamentali del rapporto professionale avvocato-cliente, quali l’oggetto del mandato, i costi preventivati e gli onorari applicabili, le tempistiche di corresponsione degli stessi, in modo tale da non consentire all’altra parte di lamentare che le informazioni fornite fossero dubbie.
Domande frequenti
Il diritto fondamentale di un avvocato nei confronti del cliente è sicuramente quello di poter esigere che questi gli corrisponda il pagamento degli onorari dovuti per l’esercizio dell’attività professionale in suo favore. In caso di omesso pagamento del dovuto da parte del cliente l’avvocato può intraprendere le attività di recupero del credito insorto, scegliendo tra la via giudiziale e stragiudiziale.
La risposta al quesito è sicuramente positiva, potendo l’avvocato citare in giudizio l’ex cliente per ottenere la condanna al pagamento dell’onorario non pagato.
Qualora l’avvocato venga diffamato dal cliente potrà denunciare penalmente il fatto affinché il Giudice in sede penale emetta sentenza di condanna. Eventualmente l’avvocato potrà anche procedere con la richiesta di risarcimento in sede civile del danno all’immagine che ritenga di aver subito per l’effetto delle affermazioni diffamatorie rese dall’ex cliente.
Il codice deontologico forense prevede espressamente che l’avvocato che intenda denunciare il cliente per qualsivoglia ragione deve preventivamente rinunciare al mandato ricevuto, non potendosi ritenere compatibile l’azione nei confronti con il cliente con i doveri e obblighi posti dal mantenimento dell’incarico.
Le controversie tra avvocato e cliente possono comunemente essere risolte mediante il ricorso ai generali strumenti di risoluzione stragiudiziale (notifica diffida – richiesta di emissione di provvedimento monitorio – notifica di atto di precetto – avvio procedura esecutiva mobiliare o immobiliare o presso terzi) o giudiziale.
Quali sono i diritti di un avvocato contro un cliente?
Il diritto fondamentale di un avvocato nei confronti del cliente è quello di ricevere il compenso concordato per la prestazione professionale eseguita. In caso di mancato pagamento, l’avvocato può agire per il recupero del credito, tanto in via stragiudiziale quanto in via giudiziale.
Un avvocato può citare un cliente per mancato pagamento?
Sì, l’avvocato può avviare un’azione giudiziaria nei confronti dell’ex cliente che non abbia corrisposto gli onorari dovuti. Prima di procedere, è necessario che l’avvocato rinunci a tutti i mandati ricevuti da quel cliente, in conformità al Codice Deontologico Forense.
Cosa fare se un cliente diffama un avvocato?
In caso di diffamazione, l’avvocato può procedere per via penale denunciando il cliente affinché un giudice accerti il reato. Inoltre, può agire in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni all’immagine o reputazione professionale subiti.
Quali sono i limiti legali per un avvocato che denuncia un cliente?
In base al Codice Deontologico Forense, l’avvocato che intende denunciare il proprio cliente deve prima rinunciare al mandato. Non è compatibile, infatti, continuare a rappresentare lo stesso cliente e, nel contempo, agire contro di lui.
Come risolvere una controversia tra avvocato e cliente?
Le controversie tra avvocato e cliente possono essere risolte ricorrendo a soluzioni stragiudiziali (come la mediazione o la negoziazione assistita) o, se necessario, portate in sede giudiziale. È sempre consigliabile tentare prima la via bonaria per evitare lunghi e costosi procedimenti.
Chiara Biscella
Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...