Patti parasociali
Attraverso questi patti/contratti, viene creato un sistema che stabilisce le regole per gestire le relazioni all’interno della società
- Che cosa sono i patti parasociali?
- Quali sono le caratteristiche dei patti parasociali?
- A che cosa servono?
- Quali sono le tipologie di patti parasociali?
- Qual è la loro durata?
- Conclusioni
1. Che cosa sono?
Si tratta di accordi aventi vere e proprie caratteristiche di contratti, che possono essere stipulati dagli appartenenti ad una compagine societaria o da terzi interessati.
Attraverso questi patti/contratti, viene creato un sistema che stabilisce le regole per gestire le relazioni all’interno della società: i soci firmatari saranno vincolati e dovranno rispettare le modalità in essi stabilite per gestire i rapporti intercorrenti tra di loro, con gli amministratori della società o anche con i terzi.
I patti parasociali, tuttavia, non sono vincolanti per i soci che non li firmano, a differenza delle clausole statutarie che sono vincolanti per tutti i soci. Quest’istituto è stato introdotto dalla riforma del diritto societario, approvata con il d.Lgs. n. 6 del 2003, che stabilisce l’integrazione a livello normativo dei patti parasociali, attraverso il loro riconoscimento nell'ambito del codice civile e, dedicando a loro i seguenti due articoli (il 2341-bis e il 2341-ter).
2. Quali sono le caratteristiche dei patti parasociali?
I patti parasociali possono essere stipulati sia nell’ambito delle società di persone sia in quelle di capitali. Possono essere introdotti durante la fase di costituzione della società oppure successivamente; possono produrre effetti tra tutte i partecipanti alla società oppure solo tra alcuni soggetti determinati.
Grazie a questi accordi è possibile definire un percorso su come agire in determinate occasioni. Va ricordato che la violazione di questi patti è unicamente punibile ad opera degli altri soci contraenti, mentre alla società non è consentito erogare sanzioni per la loro violazione: questa caratteristica li differenzia dalle clausole statutarie, che vincolano tutti i soci della società.
Un patto parasociale, però, può essere inserito nello statuto della società, rispettando la normativa societaria vigente. Sia il Codice Civile che il Testo Unico della Finanza escludono la necessità di requisiti di forma per la validità di tali patti.
3. A che cosa servono?
Questi contratti sono una manifestazione dell’ampio potere di autogestione che è lasciato in capo ai soci nel disciplinare la propria attività imprenditoriale. Inoltre, questi strumenti aziendali possono essere molto utili per raggiungere diversi scopi, tra i quali:
1) limitare l’esercizio dei diritti che consentono di modificare la realtà societaria ovvero il diritto di intervenire in assemblea e anche quello di votare;
2) tutelare gli azionisti di minoranza grazie a specifici accordi sulla direzione del voto;
3) proteggere gli azionisti nel caso di ingresso nella società di un nuovo azionista di maggioranza, dando loro la possibilità di vendere le proprie azioni a un prezzo equo di mercato;
4) proteggere una determinata strategia aziendale a lungo termine.
Questi accordi però non devono ostacolare il raggiungimento degli scopi perseguiti dalla società, dovendo quindi essere conformi alle norme e ai principi dell’ordinamento societario.
4. Quali sono le tipologie di patti parasociali?
I contraenti dei patti parasociali possono individuare diverse obbligazioni, che possono avere oggetti molto diversi tra loro. Tra gli accordi stipulati all’atto della costituzione della società i più diffusi sono i seguenti:
1. il voto in assemblea, ovvero patti che incidono sula posizioni dei soci partecipanti;
2. la scelta degli amministratori e l’attribuzione delle loro facoltà;
3. la circolazione delle quote;
4. prestazioni a carico dei soci a favore della società;
5. la proprietà intellettuale e industriale dei beni immateriali dei soci;
6. il finanziamento iniziale e i successivi conferimenti da parte dei soci.
Tuttavia l’articolo 2341-bis c.c. stabilisce le situazioni che si possono accordare con questi patti:
- l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;
- eventuali limiti al trasferimento delle azioni in tali società o delle partecipazioni in società che le controllano;
- l’esercizio, anche congiunto, di un’influenza dominante su tali società.
I più frequenti, tra le tipologie sopra delineate, sono due:
1. I patti sull’esercizio del diritto di voto, anche chiamati “sindacati di voto”;
2. I patti con cui tutti o alcuni dei soci si obbligano a non vendere le proprie azioni o a cederle a determinate condizioni, conosciuti anche come “sindacati di blocco”.
a. Sindacati di voto
Con questa tipologia di patti parasociali i partecipanti si accordano su come dovranno comportarsi concretamente durante le votazioni in assemblea, affinché tutti i partecipanti abbiano un’unica linea d’azione.
Questi patti possono stabilire che i partecipanti debbano votare in modo specifico su determinate situazioni o in modo sempre uniforme per determinate questioni. Questo esercizio può essere realizzato con un consenso unanime o con la maggioranza dei soci, che possono votare personalmente oppure tramite un loro rappresentante.
Un sindacato di voto sarà nullo se in contrasto con la normativa vigente oppure se inteso a modificare la libera volontà dei soci. Va osservato che, nel caso in cui un socio partecipante al patto non votasse in modo conferme a questo, la delibera sarebbe considerata comunque valida – dovendo solo rispondere agli altri soci per i danni – a meno che possa essere impugnata per il verificarsi un conflitto di interessi tra alcuni partecipanti e la società (art. 2377 c.c.).
b. Sindacati di blocco
Con questi patti parasociali i partecipanti si impegnano a non vendere le proprie azioni per un periodo di tempo o a venderle solo a particolari condizioni, ad esempio rispettando il diritto di prelazione o gradimento di altri soci partecipanti prima di procedere alla vendita.
Lo scopo finale, chiaramente, è quello di mantenere in maniera inalterata l’assetto societario. Una diversa classificazione distingue tra patti parasociali c.d. “complementari”, con i quali si procura un vantaggio alla società, e patti parasociali c.d. “collaterali”, con cui il socio si vincola ad esercitare in un certo modo i diritti derivanti dal contratto di società.
Ancora, il T.U.F individua all’art. 122, oltre a quelle già delineate dal Codice Civile, altre due tipologie di patti parasociali, inerenti alle società facenti ricorso al mercato del capitale di rischio: i sindacati di consultazione e i sindacati per l’acquisto concertato di azioni.
5. Qual è la loro durata?
Il limite di durata dei patti parasociali, per specifiche tipologie di patti e, in particolare, quelli aventi la funzione di stabilizzare la gestione della società o gli assetti proprietari, è sancito dall’art. 2341-bis c.c.
Questo articolo prevede che tali patti non possano avere una durata superiore a 5 anni. Nonostante tale previsione, in assenza di una specifica indicazione dei limiti temporali, i soci hanno il diritto di recedere con un preavviso di 180 giorni.
Va osservato che il termine dei patti parasociali può essere comunque rinnovato a scadenza sopraggiunta. Per le società che fanno ricorso al capitale di rischio, che sono le società quotate, i patti parasociali devono inoltre seguire altre regole: devono essere comunicati alla società ed espressamente dichiarati all’apertura di ogni assemblea.
Se i partecipanti non effettuano la dichiarazione in assemblea, che dovrà essere allegata nel verbale, non potranno esercitare il voto. Se votassero comunque, la delibera potrebbe essere annullata ex art. 2377 c.c., ma solamente nel caso in cui il voto impugnabile fosse decisivo per l’adozione della delibera.
I patti parasociali possono inoltre contenere penali per inadempimento, che sanzionano il loro mancato rispetto da parte dei soci. Il recesso dai patti parasociali si esercita applicando una clausola apposita sui patti medesimi.
Nel caso in cui nessuna clausola specifica fosse prevista, troverebbe applicazione l’art. 1373, 2° c.c. Si ricorda che anche il TUF, oltre ad imporre l'assoluta trasparenza dei patti parasociali, ha previsto norme che ne regolano la durata ed i tempi del recesso, a seconda della tipologia del patto.
6. Conclusioni
La normativa così definita ha l’effetto di sancire i parametri relativi ai patti parasociali, individuando molte varianti operative, dal momento che non vi è un’unica tipologia di accordo sociale. Si osserva che, anche se lo scopo di tali patti dovrebbe essere quello di disciplinare i comportamenti dei soci, si corre il rischio di attribuire un’eccessiva tutela agli interessi particolari dei singoli, lasciando da parte quelli generali della società.
Gli interessi personali dei singoli soci, inoltre, possono mutare nel tempo. Questi, ad esempio, potrebbero trovarsi nella situazione di essere tenuti ad esprimere un determinato voto attualmente contrario al loro interesse, al fine di non incorrere in responsabilità contrattuale per la violazione del patto.
In questo senso, un patto parasociale potrebbe essere considerato come una “trappola” per il partecipante, che non può prevedere il futuro, che non conosce gli altri patti eventualmente stipulati tra gli altri membri della società. e le cui azioni possono subire variazioni una volta firmato l'accordo.
Georgina Martinez Herrera
Bibliografia
- Cicatelli E., Interpretazione dei patti parasociali e conformazione dei limiti al trasferimento della partecipazione nella s.r.l., Rivista del Notariato, fasc.6, 1° dicembre 2020.
- De Iuliis C.M., Norme e schemi di diritto delle società di capitali, G. Giappichelli, 2016.
- Fortunato S., La Società a responsabilità limitata: Lezioni sul modello societario più diffuso, G. Giappichelli, 2017.
- Vocaturo C., Nota a Sentenza, Cassazione civile, 23 novembre 2001, n.14865, sez. I