Le liti in condominio

Nel caso di liti in condominio un ruolo importante risulta averlo l’amministratore, per cui, non necessariamente bisogna intraprendere le vie legali. In questo articolo troverete i casi più frequenti e le azioni esperibili.

liti condominiali

 

1. Introduzione

Le liti nei condomini, in Italia, sono ormai considerabili come una costante, infatti nel 2018 è stato registrato un tasso di crescita superiore rispetto agli anni precedenti. Alla base delle cause pendenti vi sono i casi di liti derivanti dalla convivenza condominiale. Vi sono alcune aree geografiche in cui si raggiungono livelli più elevati rispetto ad altre, infatti le regioni in cui vi sono più cause attinenti a tale materia sono il Lazio e la Campania, con 190.000 cause pendenti, mentre la Sicilia ed il Veneto si contendono la terza posizione con 160.000 cause.

Detto ciò, è necessario pensare al condominio, non inteso come un ambiente che persegue un fine di lucro, in quanto è costituito dalle relazioni tra i condomini, dalle interazioni in capo a determinate materie e che, per tali motivi, deve essere organizzato in modo opportuno, da persone competenti: gli amministratori di condominio. Tuttavia, non è raro assistere a degli “insuccessi” da parte degli amministratori, in quanto, in alcuni casi, nonostante le competenze e la loro preparazione, non sono consapevoli della reale complessità del contesto abitativo in cui dovrebbero amministrare.

Bisogna sottolineare che l’amministratore di condominio non deve solo ed esclusivamente gestire le incombenze e le scadenze quotidiane, al contrario, nella maggior parte dei casi, la gestione dell’ordinaria amministrazione risulta essere la parte meno rilevante dell’attività dell’amministratore condominiale. Il condominio è un’organizzazione complessa, è composto dai fondi condominiali da gestire, dalle risorse umane e materiali, vi sono i condòmini e gli spazi comuni, come ad esempio le pertinenze, le aree verdi e gli ascensori condominiali. Ciò che può essere contestato agli amministratori è il loro preoccuparsi della corretta gestione dei fattori materiali condominiali e di conseguenza disinteressarsi delle relazioni tra i condòmini. Detto ciò, l’aspetto relazionale è considerabile come fondamentale nel caso in cui si voglia garantire un concreto benessere condominiale, in quanto, senza un’adeguata figura che faccia da guida, che sappia gestire gli eventuali conflitti ed intuire come risolvere le liti condominiali, l’organizzazione verrebbe meno e non vi sarebbe quell’armonia che dovrebbe regnare.

I motivi che possono innescare e condurre alle liti nei condomini sono molteplici, addirittura ve ne sono alcuni futili ed inimmaginabili. Nella maggior parte dei casi i motivi alla base di una lite possono riguardare gli odori molesti provenienti dagli appartamenti adiacenti al proprio, ovvero i rumori fastidiosi, ad esempio della televisione ad alto volume, o lo spostamento dei mobili. Un altro frequente motivo di lite può riguardare il rumore provocato dagli animali domestici. Oltre a questi casi più diffusi, ve ne sono anche altri, meno frequenti, ma non con una minore rilevanza, tra cui ricordiamo le problematiche attinenti alle vertenze condominiali ed alla gestione delle zone comuni, come il parcheggio ed il cortile.

Tuttavia, non sempre si riesce a raggiungere un accordo od un compromesso nel caso in cui si adoperi la mediazione, in quanto non sempre si è disponibili a voler andare incontro all’altro condomino. Per cui, nel caso di fallimento da parte della mediazione, si ritiene come opportuno ingaggiare un avvocato in grado di poter rappresentare la propria istanza in tribunale nel miglior modo possibile. Affinché si riesca a far fronte a tali spese ed essere coperti dall’assicurazione, risulterebbe come utile e conveniente stipulare una polizza sulla casa, comprensiva anche della tutela legale. In tale occasione, nel caso in cui avvengano liti ovvero dispute condominiali inattese, si avrebbe la sicurezza di essere tutelati.

2. Liti condominiali attive e passive

Come accennato supra, in materia delle parti comuni dell’immobile, possono sorgere dei contenziosi, i quali possono giungere davanti all’Autorità Giudiziaria. Nel caso in cui sia il condominio a promuovere tale azione legale si parlerà di liti attive. Al contrario, nel caso in cui il condominio dovesse difendersi dalle pretese di terzi si parlerà di liti passive. Detto ciò, in entrambi i casi, il soggetto contrapposto al condominio potrebbe essere, anche, uno dei condòmini.

L’art. 1131 del Codice Civile prevede che l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi. Il primo comma prevede il potere dell’amministratore di agire in giudizio, c.d. liti attive. Egli, potrà farlo in tutte quelle circostanze previste nell’art. 1130 del Codice Civile, ad esempio: l’amministratore sarà competente ad iniziare un’azione di danno temuto contro i confinanti, ovvero contro gli stessi condòmini, quando risulti essere necessario al fine di tutelare gli interessi comuni, ovvero nel cominciare l’azione di recupero giudiziale del credito avverso i condòmini morosi. Tale legittimazione ad agire rientra nei casi previsti dal regolamento condominiale ed a quelli in cui il mandato sia stato attribuito dall’assemblea, con la maggioranza dei soggetti intervenuti all’assemblea ed almeno 500 millesimi, ax art. 1136, comma 4 del Codice Civile. A seguito dell’inizio dell’azione si dovrà ritenere l’amministratore come legittimato ad agire in tutti i gradi di giudizio, ciò nel caso in cui il condominio sia parte attiva nelle liti.

Invece, per le liti c.d. passive, ovverosia quelle in cui il condominio è chiamato in causa, l’amministratore può essere convenuto per qualsiasi azione afferente le parti comuni dell’edificio. Risulta essere buona prassi il fatto che, ogni volta in cui venga notificato all’amministratore un atto giudiziario od un provvedimento amministrativo, il suddetto preveda le opportune difese, ma che allo stesso tempo convochi nel minor tempo possibile un’assemblea al fine di far prendere le decisioni considerate come maggiormente consone. I poteri dell’amministratore in riferimento alla legittimazione giudiziaria sono grandemente più estesi per le liti c.d. passive che per quelle attive.

3. Liti condominiali: casi ed azioni esperibili

Già in precedenza si è accennato alle cause a fondamento delle liti condominiali, tuttavia, in questo capitolo si cercherà di farne un’analisi più compiuta e dettagliata. Tra le cause più frequenti vi rientrano i ritardi di alcuni inquilini nel pagamento delle rate condominiali, tale contrattempo porta, spesso, a dei disservizi, come l’aumento degli interessi passivi e le molteplici discussioni nelle assemblee di condominio. Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione, la quale ha stabilito, tramite la sentenza n. 10929 del 18 maggio 2011, l’impossibilità per i condòmini di addebitare penali o costi di mora per i condòmini morosi in ritardo con i pagamenti. La Cassazione ha confermato che la possibilità di prevedere delle penali e degli interessi di mora per i condòmini debba essere votata all’unanimità nell’assemblea condominiale, altrimenti, ogni futura azione legale, sarebbe considerabile come nulla.

Altro caso per cui vi possono essere delle liti, riguarda le questioni legate alla diffamazione ed alle molestie condominiali. Il Codice Civile prevede, per le persone considerate come colpevoli di tali reati, delle sanzioni che vanno da quelle pecuniarie, fino alla reclusione, nei casi più gravi. Tuttavia, inveire contro un altro condomino, inviare delle lettere d’accusa all’amministratore di condominio, oppure assumere dei comportamenti lesivi dell’altrui dignità, non sempre sono azioni legalmente perseguibili. Ad esempio, affinché sia configurabile il reato di diffamazione è necessario che vi sia un danno diretto, cagionato dall’amministratore o dai condomini, cagionato ad un altro inquilino.

Nel caso in cui uno o più condòmini dovessero manifestare dei comportamenti lesivi della dignità e della libertà, ripetuti e persecutori nei confronti di altri inquilini, vi potrebbe essere il reato di stalking condominiale. Tale reato è previsto dall’art. 612 bis del Codice Penale ed è stato introdotto recentemente al fine di proteggere gli inquilini contro le azioni moleste prolungate nel tempo. Per dimostrare la veridicità delle molestie, delle ingiurie e degli atti persecutori subiti è necessario fornire le prove concrete attraverso le testimonianze ovvero dichiarazioni ritenute credibili dal giudice. Tra le sanzioni previste dalla legge vi è l’impedimento per il reo di frequentare determinati luoghi comuni all’interno del condominio, ovvero avvicinarsi ad una certa distanza dalla vittima della persecuzione, invece, non è configurabile l’allontanamento del colpevole di stalking dal condominio, in quanto rappresenta il suo domicilio. Al fine di una più completa analisi, vedi sentenza n. 26878 del 2016 della Corte di Cassazione.

Le liti condominiali avvengono nella maggior parte dei casi per problemi legati ai pagamenti delle spese condominiali. Per cui, l’amministratore può eseguire un’azione legale contro i condòmini morosi, tramite l’emissione di un decreto ingiuntivo che obblighi l’inquilino inadempiente a versare l’importo dovuto. Coloro che non sono d’accordo con le delibere condominiali possono decidere d’impugnare la delibera, a patto che tale procedimento avvenga entro 30 giorni dalla data della riunione. Molto spesso accade che le contestazioni del decreto ingiuntivo vengono annullate a causa del ritardo nella presentazione della domanda, in quanto sono 30 i giorni utili per impugnare la delibera condominiale, e complessivamente 40 i giorni per la contestazione del decreto ingiuntivo. Per cui risulta necessario provvedere immediatamente ad un’azione legale.

Le liti condominiali non devono, sempre, sfociare in un procedimento legale, sia perché si tratta di una spesa per il condominio, sia a causa dell’iter burocratico e del tempo necessario per seguire tale pratica, quando in realtà potrebbe essere evitato con una mediazione condominiale. Infatti, attraverso il d. l. 69 del 2013 è previsto l’obbligo della mediazione civile prima dell’avvio di azioni legali, in base a quanto stabilito dalla legge n. 220 del 2012 di riforma del Codice Civile. La normativa prevede che le controversie condominiali debbano essere trattate tramite un procedimento di mediazione, da inoltrarsi presso gli uffici delle autorità competenti situati presso la circoscrizione in cui è domiciliato il condominio. L’amministratore può partecipare a tale processo di mediazione, in seguito all’autorizzazione dell’assemblea condominiale con la maggioranza dei voti, la quale è chiamata anche ad autorizzare la procedura di mediazione stessa. Le parti dovranno cercare di raggiungere un accordo e nel caso di esito positivo il mediatore potrà imporre ad entrambe le parti l’obbligo di rispettare tale accordo. Invece, nel caso in cui tale accordo non si riesca a raggiungere si richiederà l’intervento del giudice di pace, il quale deciderà come risolvere la controversia.

Possono rientrare nelle mediazioni le tematiche attinenti alle gestioni delle parti comuni del condominio, al regolamento del condominio, alla revoca dell’amministratore o al pagamento dei contributi condominiali. Sono esclusi dalla mediazione i procedimenti di sfratto, le azioni a carattere cautelativo e controversie private tra due condòmini. La durata del processo di mediazione non può superare i 3 mesi. Come affermato dalla sentenza del 2 maggio 2016 del Tribunale di Modena, affinché sia valido il procedimento di mediazione devono partecipare entrambe le parti in causa, per cui non basta la sola presenza dei propri avvocati. L’intento della mediazione è quello di prevedere una comunicazione tra le parti, al fine di trovare una soluzione congiunta e consensuale. Gli organismi competenti nello svolgere i procedimenti di mediazione condominiale possono essere consultati presso il sito ufficiale del Ministero della Giustizia, ove si può ottenere la lista completa dell’Albo degli organismi di mediazione e le relative sedi territoriali.

Luca Terrinoni

Fonti normative:

Codice Civile: artt. 1130, 1131, 1136 comma 4.

Codice Penale: art. 612 bis.

Decreto Legge 69 del 2013

Legge 220/2012

Sentenza n. 26878 del 2016 della Corte di Cassazione

Sentenza n. 10929 del 18 maggio 2011 della Corte di Cassazione

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