La nullità del contratto può essere sanata? Quali sono i rimedi?
Nel caso in cui le parti concludano un negozio nullo, dunque non idoneo a produrre effetti, le disposizioni di legge prevedono un rimedio legale di “recupero” dello stesso, definito conversione. Vediamone insieme le principali peculiarità.
- La nullità del contratto
La conversione del contratto nullo
La norma: art. 1424 c.c. - Fonti normative
1. La nullità del contratto
Ai sensi dell’art. 1418 c.c., un contratto è nullo quando:
- è contrario a norme imperative, ovvero a quelle norme non derogabili per volontà delle parti (ad esempio, l’art. 1351 c.c. sancisce che il contratto preliminare deve essere stipulato nella stessa forma prescritta per il contratto definitivo);
- manca uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c.;
- è illecito l’oggetto, ovvero quando la cosa dedotta nel contratto è il prodotto – o lo strumento – di attività contrarie a norme proibitive, all’ordine pubblico o al buon costume. Un esempio concreto può essere la vendita di cose rubate o di sostanze stupefacenti.
Ai sensi dell’art. 1346 c.c. l’oggetto deve, altresì, essere possibile e determinato o determinabile.
- è illecita la causa, ovvero la funzione del contratto. Tale situazione si concretizza in un contratto che obblighi le parti a prestazioni in sé lecite, ma delle quali è vietato lo scambio (ad esempio, in un ipotetico contratto di prostituzione, sarebbe lecita la prestazione – l’attività sessuale non è vietata – ma illecito lo scambio tra denaro ed attività sessuale);
- è illecito il motivo, ovvero quando lo stesso è contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. In particolare il motivo illecito, per rendere nullo il contratto, deve esserne il motivo esclusivo e comune ad entrambe le parti (art. 1345 c.c.).
2. La conversione del contratto nullo
Come anticipato nella prima parte dell’articolo, un contratto non ha effetti vincolanti quando non è idoneo a regolare i rapporti tra le parti.
Tuttavia, il nostro ordinamento prevede, all’art. 1424 c.c., la figura della conversione la quale consente – a determinate condizioni – il recupero del negozio nullo.
2.1 La norma: art. 1424 c.c.
Ai sensi dell’art. 1424 c.c. “il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità”.
Ciò significa che il nostro ordinamento consente la conversione di un contratto nullo in un altro negozio, avente effetti giuridicamente diversi ma analoghi a quelli che il primo avrebbe prodotto se fosse stato valido, tenuto conto dell’iniziale obiettivo perseguito dalle parti.
Il rimedio della conversione, tuttavia, è possibile solamente al verificarsi di determinate condizioni, quali:
- necessità che il nuovo e diverso contratto possegga i requisiti di forma e sostanza previsti dalla Legge;
- ricerca della volontà delle parti, avuto riguardo allo scopo perseguito da queste ultime, con accertamento che le stesse avrebbero voluto stipulare il nuovo e diverso contratto se avessero conosciuto le cause di nullità di quello originario (ad esempio, un contratto di abitazione nullo può validamente convertirsi in una locazione).
Con riferimento alla volontà delle parti, nello specifico, ciò che rileva è certamente l’intento pratico perseguito. Per meglio dire, la conversione deve poggiare, più che sulla ipotetica intenzione dei soggetti (difficilmente accertabile), sul presupposto della corrispondenza tra il risultato raggiungibile con il nuovo contratto e quello inizialmente previsto dalle parti nel contratto nullo.
Fonti normative
Artt. 1418 e 1424 c.c.
Artt. 1325, 1345, 1346 e 1351 c.c.
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