La capacità di intendere e volere
La capacità giuridica è l’attitudine di un soggetto ad essere titolare di rapporti giuridici, cioè di situazione giuridiche attive e passive. La capacità giuridica si acquista al momento della nascita, quando il feto viene separato dal corpo materno.
- Quando si acquista la capacità di intendere e di volere?
- Chi certifica la capacità di intendere e di volere?
- Quando una persona è incapace di intendere e di volere?
- Come dimostrare l’incapacità di intendere e volere?
1. Quando si acquista la capacità di intendere e di volere?
Per parlare di capacità di intendere e volere, bisogna innanzitutto fare riferimento al concetto di persona fisica, riconosciuta dal nostro ordinamento come soggetto di diritto, ed intesa come qualsiasi essere umano nato vivo, che diventa centro di imputazione di situazioni giuridiche e pertanto soggetto di diritto. Inoltre, il nostro ordinamento distingue tra capacità giuridica e capacità di agire; analizziamo, nello specifico, cosa si intende per capacità giuridica.
La capacità giuridica è l’attitudine di un soggetto ad essere titolare di rapporti giuridici, cioè di situazione giuridiche attive e passive. La capacità giuridica si acquista al momento della nascita, quando il feto viene separato dal corpo materno. E’ necessario, però, che il feto sia nato vivo perché gli possa essere riconosciuta la capacità giuridica. Non si richiede, invece, né il requisito della vitalità né una durata minima della vita.
Anche se la capacità giuridica è riconosciuta ad ogni persona fisica; è, però, configurabile un’ incapacità speciale che indica la preclusione del soggetto rispetto a determinati rapporti.
Essa può riguardare:
- l’età: in relazione ad alcuni rapporti la capacità giuridica non decorre dalla nascita, essendo richiesta una determinata età;
- il sesso: la donna è esclusa da alcune prestazioni di lavoro ritenute particolarmente gravose e indicate in leggi speciali, in relazione alla essenziale funzione familiare che essa è chiamata a svolgere;
- la salute: per esempio, l’interdetto per infermità mentale non può contrarre matrimonio;
- le condanne penali: a seguito di determinate condanne penali è prevista, come sanzione accessoria, la perdita o la sospensione della responsabilità genitoriale sui figli;
- l’onore: ad esempio il fallito non può accedere ad uffici tutelari; gli alimenti possono essere ridotti in relazione alla riprovevole condotta dell’alimentato.
La capacità giuridica cessa solo a seguito dell’evento naturale della morte del soggetto. Infatti, l’art. 22 cost. detta: “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della propria capacità giuridica”, bandendo in tal modo ogni ipotesi di morte civile dell’individuo.
Diversa dalla capacità giuridica, è la capacità di agire; essa è intesa come l’idoneità del soggetto ad acquistare ed esercitare da solo, con il proprio volere, situazioni giuridiche attive e ad assumere situazioni giuridiche passive.
La capacità d’agire, in particolare, è:
- generale: in quanto abilita al compimento di tutti i tipi di atti;
- piena: in quanto legittima il suo titolare a porre validamente in essere l’atto, senza il consenso necessario di altri soggetti.
La capacità d’agire si acquista con il conseguimento da parte della persona fisica della capacità di curare da sé i propri interessi ed affari.. Il legislatore ha fissato il raggiungimento di tale maturità al compimento degli anni diciotto.
Appare, quindi, palese la differenza tra la capacità di agire e la capacità giuridica: con l’acquisto della capacità giuridica, infatti, l’uomo diviene titolare di un’astratta qualità che si concretizza nella idoneità ad essere titolare di posizioni giuridiche; mentre, con l’acquisto della capacità d’agire diventa, in concreto, l’autonomo protagonista e l’autore dell’attività giuridica.
2. Chi certifica la capacità di intendere e di volere?
Alla base della previsione normativa vi è la presunzione che ai diciotto anni l’individuo sia automaticamente pienamente capace di intendere e di volere (c.d. capacità naturale), anche se, in concreto, è possibile che tale capacità, da un lato, sia considerata già acquisita in relazione al compimento di alcuni determinati atti ancor prima del diciottesimo anno di età e, dall’altro, che essa si perda o si attenui anche dopo la maggiore età.
Inoltre, talvolta per il compimento di alcuni atti di natura particolare è richiesta dalla legge un’età diversa. Secondo la dottrina, poi, vi sarebbero una serie di atti che, pur potendo essere considerati veri e propri negozi giuridici, non richiedono tuttavia la generale capacità di agire del soggetto agente ma, in considerazione della loro quotidianità, essi presuppongono, in chi li compie, semplicemente la capacità di valutarne e comprenderne il significato.
3. Quando una persona è incapace di intendere e di volere?
La capacità di agire è limitata o esclusa, anche dopo il compimento degli anni diciotto, se un soggetto si trovi in condizioni psico – fisiche che lo rendano incapace di badare ai propri interessi ovvero abbia riportato condanne penali particolari.
Si distingue tra incapacità legale e naturale. I casi di incapacità legale assoluta sono:
- minore età;
- interdizione giudiziale;
- interdizione legale.
Si ha, invece, incapacità legale relativa in caso di:
- inabilitazione;
- emancipazione.
Vi è, infine, l’incapacità naturale o di fatto; che consiste in uno stato di fatto in cui viene a trovarsi una persona maggiorenne o emancipata che, sebbene non interdetta, né inabilitata, si provi tuttavia essere stata, per qualsiasi causa, incapace d’intendere e di volere al momento del compimento dell’atto.
Gli atti posti in essere in tale stato sono annullabili; in particolare: - per gli atti unilaterali: è necessario dimostrare l’incapacità ed il grave pregiudizio dell’attore; - per i contratti: è da dimostrare la malafede dell’altro contraente, che risulti dal pregiudizio subito dall’incapace, dalla qualità del contratto o altrimenti - per gli altri atti: è sufficiente dimostrare la sola incapacità naturale. Ma, in concreto, come si fa a dimostrare l’incapacità di intendere e di volere?
4. Come dimostrare l’incapacità di intendere e volere?
Come abbiamo visto, l’incapacità legale e l’incapacità naturale si distinguono per le seguenti ragioni:
- l’incapacità legale opera de iure, mentre l’incapacità di intendere e di volere ha rilevanza giuridica solo si può dare la prova rigorosa che il soggetto era effettivamente incapace nel momento in cui compiva l’atto;
- per l’incapacità legale viene in considerazione un criterio di determinazione normativa delle cause; per l’incapacità di intendere e di volere, invece, si fa ricorso ad un criterio valutazione ex post dell’atto compiuto, consistente nell’accertamento, da parte del giudice, del fatto che il soggetto si trovasse in una condizione di incapacità di intendere o di volere, per qualsiasi causa, anche transitoria.
Di conseguenza, un soggetto può essere al tempo stesso legalmente capace e naturalmente incapace di agire. Al contrario, un soggetto legalmente incapace di agire può essere al tempo stesso capace di intendere e di volere.
E’ da sottolineare, infine, che allo scopo di assicurare una tutela giuridica ai soggetti incapaci il legislatore ha previsto alcuni istituti rivolti alla loro protezione; essi sono:
- la responsabilità genitoriale;
- la tutela;
- la curatela;
- l’amministrazione di sostegno.
Con riguardo ai procedimenti di cui ai suddetti istituti di protezione degli incapaci; sebbene sia previsto dalla legge che il relativo ricorso possa essere proposto al giudice tutelare da diversi soggetti, la Corte costituzionale ha sostenuto che spetta al giudice la decisione finale, nonché l’individuazione dell’istituto che garantisca all’incapace la tutela più adeguata alla sua situazione.
Dott.ssa Chiarastella De Angelis
Riferimenti normativi:
- Art. 22 Cost.;
- Art. 37 Cost.;
- Art. 2 c.c.
- Art. 85 c.c.;
- Art. 350, n. 5 c.c.;
- Art. 440, co. 1 c.c.;
- Art. 32 c.p.;
- Art. 428 comma 1 c.c.;
- Art. 428 comma 2 c.c.;
- Corte Cost. sent. 440/2005;
- Cass. 12-6-2006, n. 13584.
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