In quali casi si configura uno sfratto per morosità?
Al giorno d’oggi sono tantissimi i contratti di locazione ad uso abitativo o commerciale (meglio noti come contratti d’affitto) che danno luogo a situazioni poco piacevoli, quali lo sfratto per morosità.
- La mora e lo sfratto per morosità
- La procedura di sfratto
- Diffida ad adempiere
- Convalida di sfratto e giudice competente
- Sfratto per mancato pagamento oneri accessori
- Il Decreto cura Italia e il blocco degli sfratti
- Fonti normative
Negli ultimi tempi sono sempre più numerose le persone che non riescono a pagare l’affitto della casa e, di conseguenza, sono vittime di uno sfratto.
Dall’altro lato, i proprietari delle case non possono stare inermi ad aspettare un pagamento, per giunta non certo, e lasciare l’immobile nelle mani di chi non lo paga. A tal proposito, giova fare alcune considerazioni.
Non si tratta di mostrarsi avari e insensibili a determinate situazioni di indigenza per le quali sono previsti anche appositi sussidi sociali (pensiamo, ad esempio, alle case popolari). I proprietari, difatti, non possono non pretendere il pagamento del canone nei tempi pattuiti e, in mancanza, procedere ad intimare lo sfratto per morosità, pena il pregiudizio per il loro patrimonio. Vediamo ora in cosa consiste lo sfratto per morosità.
1. La mora e lo sfratto per morosità
Nel campo del diritto per mora s’intende, in generale, il ritardo ingiustificato, di una delle parti di un contratto, nell’eseguire la propria prestazione, soprattutto nei casi in cui essa debba compiersi a date scadenze predeterminate. La mora può riguardare sia la prestazione del debitore, ma anche quella del creditore.
Se la mora attiene all’inadempimento di una prestazione, lo sfratto per morosità si configura proprio nel caso di mancato pagamento dei canoni di locazione (c.d. pigione) alle scadenze stabilite nel contratto, ex art. 658 c.p.c. In altri termini, lo sfratto per morosità è intimato tutte le volte in cui il conduttore, cioè il soggetto che prende in affitto un determinato immobile, non paga il canone previsto al locatore, cioè il proprietario dell’immobile.
Il contratto di locazione ad uso abitativo o commerciale fissa l’importo del corrispettivo che il conduttore è tenuto a versare periodicamente (di solito, mensilmente) a favore del locatore e il termine entro cui questo pagamento dovrà avvenire (di solito, nei primi giorni del mese). Lo stesso contratto prevede anche che, qualora il conduttore non paghi la pigione nei termini concordati al locatore, quest’ultimo potrà procedere al cosiddetto sfratto per morosità con conseguente risoluzione del contratto di locazione medesimo.
2. La procedura di sfratto
Il locatore può richiedere lo sfratto per morosità solamente in presenza dei seguenti requisiti:
- copia del contratto di locazione concluso tra le parti e debitamente registrato presso l’Agenzia delle Entrate: ne consegue che in presenza di un “affitto in nero” il proprietario non è legittimato ad avanzare una simile richiesta e avrà non poche difficoltà per ottenere il rilascio dell’immobile, con il rischio di subire anche una denuncia tramite segnalazione alla Guardia di Finanza (per approfondimenti vedi “Come si denuncia un affitto in nero” a questo link…….);
- copia delle quietanze dei canoni precedenti; • copia della diffida ad adempiere inviata in precedenza; Quando si può richiedere lo sfratto per morosità? A tal proposito deve distinguersi a seconda del tipo di contratto di locazione stipulato:
- locazione ad uso abitativo: è sufficiente la mancata corresponsione anche di un solo canone mensile (L. 431 del 9 dicembre 1998)
- locazione ad uso commerciale: è sufficiente una parziale e non intera corresponsione della pigione, cioè il locatore potrà intimare lo sfratto per morosità nell’ipotesi in cui il conduttore paghi solo in parte il canone mensile, salvo non sia previsto espressamente nel contratto.
3. Diffida ad adempiere
Prima di rivolgersi al giudice, il locatore deve aver posto in mora il conduttore, cioè deve avergli inviato un’apposita diffida ad adempiere, art. 1454 c.c. La diffida ad adempiere ha lo scopo di porre il conduttore davanti ad un ultimatum: o adempie o il contratto si risolve. Essa presenta la stessa struttura della lettera di messa in mora:
- Descrizione minuziosa dei fatti
- Richiesta di adempimento: in questo caso, il locatore chiede il pagamento del canone o dei canoni non corrisposti
- Avvertimento: il proprietario intima all’altra parte di adempiere entro e non oltre un congruo termine (di solito, 15 giorni) con l’avvertimento espresso che in caso di decorso infruttuoso del suddetto termine, cioè la prestazione non sia stata ancora eseguita malgrado la diffida, il contratto si intenderà risolto e si procederà allo sfratto per morosità.
È fortemente consigliato, tuttavia, rivolgersi ad un legale, il quale adotterà il provvedimento che reputerà più opportuno e più vantaggioso per il singolo.
4. Convalida di sfratto e giudice competente
Come abbiamo già detto, il locatore potrà richiedere al giudice la convalida dello sfratto per morosità solamente dopo aver inviato la diffida ad adempiere. Se la suddetta diffida non sortisce l’effetto sperato, il proprietario dovrà rivolgersi ad un legale, il quale può essere anche un avvocato online, affinché rediga l’apposito atto di citazione con il quale si chiederà il rilascio dell’immobile e il pagamento dei canoni.
L’atto di citazione viene poi notificato al conduttore affinché compaia in udienza innanzi al giudice. Il conduttore ha due possibilità:
- provvedere al pagamento dei canoni: la procedura per sfratto per morosità non potrà continuare. È consentito al locatore, tuttavia, poter chiedere la risoluzione del contratto per ritardato pagamento.
- non provvede al pagamento dei canoni: la procedura continua.
Il giorno dell’udienza, che deve essere fissato almeno 20 giorni dopo la notifica dell’atto, possono presentarsi i seguenti scenari:
- il locatore non compare: il giudice dichiara nulla la citazione.
- il conduttore non compare oppure compare e non si oppone: il giudice pronuncia la convalida.
- il conduttore compare ed oppone eccezioni non fondate su prova scritta: il giudice, su istanza del locatore, pronuncia ordinanza di rilascio, con riserva di valutare le eccezioni del conduttore.
Il giudice, peraltro, pronuncia un separatox decreto ingiuntivo per i canoni scaduti e da scadere. Infine, è bene precisare che, quando si intima lo sfratto, la citazione a comparire deve farsi dinanzi al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata, Si tratta di una competenza funzionale ed inderogabile.
5. Sfratto per mancato pagamento oneri accessori
Il mancato pagamento dei canoni di locazione sicuramente è il motivo più ricorrente che determina il locatore ad agire per la procedura di sfratto. Tuttavia, tale procedura non necessariamente risulta ancorata al solo mancato pagamento dei canoni.
Difatti, ben può accadere che il conduttore, pur essendo in regola nel pagamento della pigione, non abbia adempiuto al versamento degli oneri accessori, ossia quelle spese, in genere di tipo condominiale, che rappresentano un costo collegato al contratto di locazione medesimo.
Si pensi, tanto per citare qualche esempio, alle spese per il riscaldamento centralizzato, per la manutenzione ordinaria, i contributi per l’acqua, i servizi di pulizia e igiene del fabbricato, ovvero di portineria e/o vigilanza.
In tal caso, la legge prevede che il mancato pagamento, nei termini di scadenza previsti, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisca motivo di risoluzione contrattuale. In questa evenienza, dunque, il locatore potrà agire attraverso la procedura di sfratto nelle modalità indicate nei paragrafi precedenti, salvo sanatoria in corso di giudizio.
6. Il Decreto cura Italia e il blocco degli sfratti
A causa della grave situazione di emergenza generata dall’epidemia del Coronavirus, il Governo italiano ha disposto il blocco degli sfratti su tutto il territorio nazionale. Il provvedimento è contenuto nel c.d. “decreto Cura Italia”, che contiene una serie di misure economiche per far fronte alla crisi generata dal Covid-19, stabilendo, per l’appunto, la sospensione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, fino alla data del 30 giugno 2020, poi prorogata al 01/09/2020, mentre un emendamento proposto dai LEU e PD nel il Decreto Rilancio, ha previsto il blocco fino al 31/12/2020.
Emendamento, quest’ultimo, approvato in commissione Bilancio della Camera. La legge, sia chiaro, non consente la sospensione del pagamento del canone, ma prevede la possibilità per l’inquilino di recedere anticipatamente, per giusta causa, dal contratto di locazione, a causa dell’emergenza economica dovuta alle misure restrittive.
È sempre fatto salvo il diritto del proprietario di ricorrere alla procedura di sfratto per morosità, instaurando così un nuovo giudizio. Il provvedimento in parola, difatti, interviene solo per le procedure di sfratto per morosità già pendenti alla data dell’emanazione del decreto stesso, limitandosi a posticipare gli effetti, e dunque l’esecuzione, salvaguardando gli inquilini morosi.
7. Fonti normative
- Legge 431 del 9 dicembre 1998: disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo
- Legge 27.07.1978 n. 392 disciplina delle locazioni di immobili urbani
- Decreto Legge 17 marzo 2020 n.18
- Codice di procedura civile: art. 658, 661, 662, 663, 664, 665, 667 c.p.c.
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