La figura dell’imprenditore agricolo

Il Codice cerca di estendere la specificazione dell’imprenditore agricolo nella maniera più ampia possibile e, per fare questo, cerca di individuare tutte le attività che possono essere ricomprese in tale settore.

imprenditore agricolo

Chi è l'imprenditore agricolo?

La nozione di imprenditore agricolo è ricavabile dal disposto dell’articolo 2135 c.c. ed assume rilievo in quanto al soggetto riconducibile a tale nozione si applica una disciplina di favore rispetto a quanto normalmente previsto per gli altri imprenditori, quale, a titolo di esempio, il non assoggettamento alla disciplina prevista per il fallimento.

Nel testo del codice l’imprenditore agricolo è definito in relazione all’attività concretamente svolta ed in specie si definisce tale colui che si dedica alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all’allevamento di animali e alle attività connesse. In passato erano state formulate diverse tesi volte a distinguere tale figura di imprenditore dall’imprenditore commerciale.

Tra le diverse teorie elaborate in proposito quella che da sempre raccoglievano le maggiori adesioni erano la teoria del ciclo biologico e quella del collegamento con il fondo. In base alla prima tesi si sarebbero dovute considerare agricole tutte le attività di sfruttamento di cicli biologici naturali, vegetali o animali.

Aderendo alla seconda impostazione, invece, si sarebbe richiesto che l’attività fosse collegata al fondo, ossia allo sfruttamento della terra e delle sue risorse, con la conseguente esclusione dal concetto di agricoltura di quelle attività di allevamento o di coltivazione che, pur sfruttando i naturali processi di sviluppo di animali e vegetali, sono svolte in modo svincolato dal fondo.

Non risultava, tuttavia, chiaro se fosse sufficiente che la coltura avvenisse nella terra o fosse necessario che fosse esposta a rischi atmosferici caratteristici di coltivazioni tradizionali, se fosse sufficiente un qualsiasi tipo di legame con la terra ovvero se fosse necessario un collegamento con un’azienda che usasse la terra in veste di fattore produttivo.

Vi era, peraltro, un orientamento che esaltava, invero, la funzione del rischio c.d. atmosferico, ma che si esponeva a molteplici obiezioni. In primis, la considerazione che esistono diverse attività che risultano essere in varia misura esposte al rischio atmosferico e che non sono sicuramente agricole e non parrebbe che il ricorso ad accorgimenti volti a prevenire tale rischio possa fungere da accertabile criterio di discriminazione tra attività agricole ed attività commerciali.

Più convincente sembrava, invece, la tesi che richiedeva un collegamento con l’azienda agricola, così limitandosi la nozione di bestiame ai soli animali utilizzabili nella coltivazione del fondo o destinati ad essere alimentati con prodotti da esso provenienti. I dubbi ermeneutici sin qui esposti sono stati, peraltro, risolti dal legislatore l’introduzione di un comma secondo, con il quale si è disposto che per coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali si debbano intendere le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase diretta al ciclo stesso, abbia esso carattere vegetale o animale, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco o, ancora, le acque dolci, salmastre o marine.

Un ulteriore questione è posta dall’individuazione delle attività connesse di cui al comma terzo dell’articolo 2135 del codice civile, laddove prevede che

“Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale o forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.”

Orbene, in proposito, si osserva che debbono considerarsi attività connesse tipiche quelle che attengono alle attività di alienazione e trasformazione dei prodotti agricoli, le quali richiedono l’impiego di un’organizzazione distinta da quella necessaria per l’esercizio delle attività principali (l’attività dell’agricoltore che venda i suoi prodotti è considerato come attività agricola fondamentale, mentre un problema di connessione emerge esclusivamente allorquando l’agricoltore istituisca apposita rete di vendita).

Un primo requisito essenziale che deve essere posseduto da un’attività affinché possa considerarsi come connessa consiste nel fatto che essa risulti inserita nell’ambito di un’impresa agricola ed abbia ad oggetto beni prodotti dallo stesso agricoltore che la esercita. Le attività connesse tipiche, peraltro, debbono possedere un ulteriore requisito, dovendo rientrare nell’esercizio normale dell’agricoltura. Al fine di individuare l’esatto perimetro di tale concetto, invero, sembra doversi fare ricorso a quanto previsto dagli usi locali.

Anche se non espressamente indicate dalla legge, sussistono altre attività per le quali si discute se possano o meno essere ricondotte alla nozione di attività connesse, seppur in senso atipico. Il caso riguarda, in specie, la bonifica. In proposito si è asserito che lo svolgimento dell’attività deve essere inserito nell’impresa agricola e per accertare l’esistenza di una connessione si richiede che l’attività in questione si trovi in un rapporto di c.d. accessorietà economica e funzionale con l’attività agricola principale.

La normativa che disciplina questa figura professionale

L’ordinamento giuridico italiano differenzia le figure di imprenditore commerciale da quello agricolo. È interessante notare come il legislatore ha dato un risalto particolare a questa ultima figura imprenditoriale, definendo specificatamente le attività che rientrano nell’imprenditoria agricola, mentre la figura di imprenditore commerciale si ricava per differenza, di modo i soggetti che non svolgono le attività agricole specificate dalla legge, sono imprenditori commerciali.

Il Codice Civile, nell’art. 2135, qualifica l’imprenditore agricolo quale esercente una delle seguenti attività:

  • coltivazione del fondo;
  • selvicoltura;
  • allevamento di animali.

Il Codice cerca di estendere la specificazione dell’imprenditore agricolo nella maniera più ampia possibile e, per fare questo, cerca di individuare tutte le attività che possono essere ricomprese in tale settore.

Pertanto è imprenditore agricolo anche chi esercita le attività sopra descritte attraverso la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo e il bosco.

Il codice accomuna poi le figure di imprenditore agricolo è quella di imprenditore ittico. Infatti, la definizione dell’art. 2135 c.c., si estende anche alle attività di allevamento e di coltura che si sviluppano nelle acque dolci, salmastre o marine.

Spiegata la definizione generale di imprenditore agricolo, è possibile individuare, anche grazie alle diverse disposizioni legislative succedutesi nel tempo, le diverse tipologie con cui tale operatore economico si differenzia nel mercato.

Pertanto avremo:

- Coltivatore diretto, inteso come soggetto che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi ed al governo del bestiame. Tale figura, già compresa nel codice civile nell’art. 2083, rubricato “piccoli imprenditori”, viene poi meglio definita dall´ art. 48 della Legge 2 giugno 1961, n. 454, secondo cui il coltivatore diretto è colui che impieghi persone del nucleo familiare nella misura di un terzo della complessiva forza lavorativa di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame.

- Imprenditore agricolo professionale, identificato come l’imprenditore agricolo che possieda particolari conoscenze tecniche nel settore agrario, oltre a ricavare almeno il cinquanta percento del proprio reddito globale dalle attività agricole individuate nel paragrafo precedentemente, anche in veste di socio di una società, purché vi dedichi la metà delle proprie giornate lavorative.

Le attività svolte dall'imprenditore agricolo

Nella nozione di imprenditore agricolo rientrano anche tutta una serie di attività che il codice definisce “connesse” a quelle sopra elencate. Pertanto, è imprenditore agricolo anche colui che, nell’esercizio della propria attività, compie una serie di attività non propriamente legate ai cicli produttivi agricoli ma strettamente connessi a questi.

Infatti, il codice prevede che rientri nella qualifica di imprenditore agricolo anche i soggetti che pongano in essere operazioni commerciali (quali la manipolazione, la trasformazione, la commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli) o i servizi correlati, compresi quelli alberghieri, purché strettamente legati alle attività agricola che qualifica tale tipo di imprenditore.

Rientrano nella categoria di imprenditore agricolo anche i titolari di agriturismi, purché appunto, rispettino il criterio di prevalenza nell’uso dei propri prodotti. Così come vi rientra chi esercita attività di allevamento di equini (a prescindere dalla razza), in connessione con l'azienda agricola (art. 9 D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173), oppure (come sopra ricordato) anche chi esercita l'attività di pesca in maniera professionale (imprenditore ittico, equiparato all'imprenditore agricolo ex art. 2 l. 10\05\2005 n. 226 modificato dal d.lgs. 26\05\2004 n. 154).

È importante sottolineare come, al fine di permanere all’interno della disciplina di imprenditore agricolo, tutte queste attività devono rispettare il principio di prevalenza.

L’applicazione di tale principio presuppone che l’imprenditore, affinché possa godere dei privilegi previsti per il settore agricolo, debba compiere le operazioni commerciali, ovvero le altre attività connesse, principalmente rivolgendole verso i frutti della sua attività agricola.

Il regime IVA, agevolazioni e i contributi previdenziali del imprenditore agricolo

L’imprenditore agricolo gode di alcune agevolazioni fiscali. Per l’imprenditore agricolo sono previsti tre diversi tipi di regimi fiscali per l’IVA:

- uno di esonero totale dell’imposta;

- un regime speciale;

- il regime ordinario.

Innanzitutto, la legge prevede un esonero totale per l’imposta di valore che riguarda l’imprenditore il cui valore d’affari non superi in un esercizio € 7.000, sempre purché il valora d’affari dipenda almeno per due terzi dalla cessione di prodotti agricoli.

Questi imprenditori non avranno alcuna contribuzione IVA, ma saranno comunque obbligati alla tenuta dei documenti fiscali riferiti alle loro attività. Il regime speciale dell’IVA, invece, applicato quindi a quegli imprenditori il cui volume d’affari superi i 7.000 euro, prevede un regime speciale di detrazione IVA.

La disciplina infatti è contenuta nell’art. 34 del DPR n. 633/72. Tale regime “ordinario” nel settore agricolo, prevede delle detrazioni dell’imposta IVA diverse da quello per le altre attività commerciali. Infatti, a differenza della classica partita di giro, le detrazioni IVA si basano non sugli acquisti effettuati dall’imprenditore agricolo, bensì su percentuali di compensazione fissati dalla legge.

Pertanto, l’IVA applicabile alle operazioni effettuate dall’imprenditore agricolo dipende dal tipo di prodotto oggetto di cessione e dalla relativa aliquota di compensazione stabilita dalla legge per tale prodotto.

Ogni prodotto, infatti, ha delle percentuali di compensazione proprie. Le percentuali di compensazione sono contenute nella Tabella A, parte I, allegata al DPR n. 633/72. Applicazione del regime speciale per i produttori agricoli.

Per quanto riguarda i contributi previdenziali, sono obbligatoriamente iscritti alla gestione INPS i Coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali. Anche dal punto di vista delle prestazioni previdenziali, l’imprenditore agricolo gode di alcune agevolazioni.

Una delle prime riguarda gli imprenditori agricoli under 40, i quali sono esonerati dal versamento dei contributi previdenziali. L’esonero è totale per i primi 3 anni di attività e nei successivi 3 anni prevede delle contribuzioni ridotte.

Differenze tra imprenditore agricolo e commerciale

Abbiamo detto, all’inizio del presente articolo, che la legge definisce specificamente l’imprenditore agricolo mentre non specifica nel dettaglio cosa sia un imprenditore commerciale.

Si ritiene, pertanto, che tale definizione sia residuale rispetto a quello agricolo e che, pertanto, chiunque eserciti in forma di impresa un’attività diversa da quelle elencate dall’art. 2135 c.c. per l’imprenditore agricolo, sia un imprenditore commerciale.

Inoltre, come ricorderemo, sono imprenditori agricoli anche i soggetti che effettuino operazioni commerciali riferite, prevalentemente, ai loro prodotti. Quanto invece un soggetto commercializzi, o più in generale, effettui attività connesse a quelle agricole per beni prodotti da terzi, egli rivestirà la qualifica di imprenditore commerciale.

Oltre ai vantaggi fiscali sopra descritti, ciò che differisce maggiormente l’imprenditore agricolo da quello commerciale è la mancanza di adempimenti previsti dalla legge per l’imprenditore agricolo.

La prima differenza da considerare è che gli imprenditori agricoli non sono obbligati ad iscriversi nel registro delle imprese, a differenza degli imprenditori commerciali. Oltre all’assenza di pubblicità nei confronti di terzi, l’imprenditore agricolo non è neanche obbligato alla tenuta dei libri contabili.

Ma la differenza che più risalta la figura di imprenditore agricolo, riguarda l’impossibilità di questo imprenditore di fallire così come l’impossibilità di accedere alle altre ipotesi di crisi di impresa in caso di insolvenza.

Il motivo di questa previsione è abbastanza intuitivo. Il rischio della produzione gravante su un imprenditore agricolo è sicuramente diverso da quello che invece si addossa un imprenditore commerciale.

Il primo, infatti, non sarà soggetto esclusivamente all’alea del mercato, così come ogni altro imprenditore, ma sarà altresì esposto alle variabili biologiche/metereologiche che possono, fortemente, incidere sul volume di affari agricoli nel corso di un esercizio commerciale.

Conclusioni

Il nostro ordinamento prevede delle agevolazioni per gli imprenditori agricoli, sia da un punto di vista fiscale, sia per quanto riguarda la soggezione alle imposte. Questo favore accordato alla categoria in questione riguarda sicuramente una serie svariata di motivi. Sicuramente la tradizione agricola della nostra economia, sensibile ad un settore legato e dipendente dalla coltivazione.

Oppure la politica agraria fascista in vigore proprio quando il Codice Civile veniva scritto. Vero è che il settore agricolo è un settore commerciale molto attenzionato negli ultimi decenni anche per quel che riguarda la politica europea che sul settore agricolo dedica proprio delle voci di spesa e di intervento molto importanti (PAC).

Forse sarà veramente questo il settore in cui il nostro paese potrò farsi forza della competenza proprie della sua tradizione e farsi trainante rispetto agli altri competitor europei.

Sei un imprenditore agricolo e necessiti di consulenza per la tua attività? Vuoi conoscere le agevolazioni fiscali previste per la tua attività agricola? Vuoi estendere la tua impresa senza perdere i diritti e i privilegi dedicati all’imprenditore agricolo? Scrivi ad Avvocato Flash e sarai subito contattato dai professionisti competenti in materia

Avvocato Chiara Biscella

Chiara Biscella

Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...