Differenza tra leasing e vendita con riserva di proprietà
Tra queste tipologie di negozi, alternativi alla vendita pua, si inseriscono la vendita con riserva di proprietà e il contratto di leasing. Vediamo di seguito in cosa consistono.
- Che cos’è la vendita con riserva di proprietà
- Che cos’è il contratto di leasing?
- Differenza tra leasing e vendita con riserva di proprietà
- Fonti normative
Il principale strumento giuridico rivolto a realizzare lo scambio di beni e/o il trasferimento di un diritto verso il corrispettivo di un prezzo è rappresentato dal contratto di vendita, tanto da essere definito come “madre di tutti i contratti”.
Tuttavia, nel tempo, la complessità e le molteplicità di situazioni che caratterizzano la compravendita di beni e diritti, ha determinato il sorgere di nuove figure negoziali, le quali permettono di affrontare alcuni ostacoli, altrimenti non superabili.
Si pensi a chi per motivi vari, ad esempio fiscali, trovi poco conveniente l’acquisto in proprietà di un bene, ovvero a chi non ha la disponibilità economica immediata per concretizzare in un unico atto l’acquisto di una cosa. Tra queste tipologie di negozi, alternativi alla vendita pua, si inseriscono la vendita con riserva di proprietà e il contratto di leasing. Vediamo di seguito in cosa consistono.
1. Che cos’è la vendita con riserva di proprietà
Non sempre chi vuole comprare un bene ha la possibilità economica di acquistarlo pagando immediatamente l’intero prezzo di vendita, pertanto è invalso nel commercio l’uso di una forma di pagamento che consente di far fronte a questi casi piuttosto comuni; stiamo parlando della vendita con versamento rateizzato del prezzo.
Per meglio chiarire, procediamo con un semplice esempio: Tizio, visitando uno store di telefonini, ha notato la presenza di uno smartphone di ultima generazione dal costo di euro 1.000,00. Tizio, pur desiderando tanto quel modello di telefonino, non ha la disponibilità immediata dei mille euro, né tantomeno intende aspettare di mettere nel tempo del denaro da parte per acquistarlo.
A questo punto il negoziante prospetta a Tizio la possibilità, in alternativa, di acquistare il telefonino mediante una vendita con patto di riservato dominio, ossia con un pagamento frazionato nel tempo, supponiamo in 10 rate mensili da euro 100 (1.000,00 : 100 = 10 rate).
Attraverso il patto di riservato dominio il compratore potrà ottenere dal venditore la consegna immediata del tanto desiderato smartphone, ma ne acquisterà la proprietà soltanto al pagamento integrale del prezzo, ossia con il versamento dell’ultima rata (nell’esempio la n°10).
Orbene, da questo elementare caso ipotetico prospettato, possiamo individuare in cosa si sostanzia la vendita con riserva di proprietà e quale sia la sua ratio legis, cioè le ragioni giuridiche di tale istituto.
Prima di tutto, come già indicato chiaramente dalla sua denominazione, la vendita con riserva di proprietà o patto di riservato dominio (spesso indicata così allorquando introdotta come clausola nel contratto di vendita) consiste pur sempre in una vendita, ma una vendita particolare. La particolarità è data dal fatto che il prezzo del bene viene frazionato entro un certo tempo, laddove la cosa oggetto del contratto viene consegnata subito.
Tuttavia la proprietà definitiva del bene, diciamo il trasferimento di tale diritto dal venditore in capo al compratore, viene rimandata in un momento ulteriore, ossia al pagamento dell’ultima rata del prezzo del bene stesso. Esso è un contratto ad effetti reali, perché comporta il trasferimento della proprietà di un bene o diritto, ma tale effetto viene sottoposto ad una condizione sospensiva, e cioè in attesa del pagamento integrale del prezzo.
Viceversa, gli altri effetti contrattuali, quali la consegna, il godimento ed i rischi di perimento del bene venduto avvengono immediatamente, con la conclusione del contratto stesso. L’ambito di applicazione di tale forma di vendita, ossia l’oggetto del contratto, può essere sia un bene mobile, che un bene mobile registrato oppure un immobile, e persino un’azienda Si ritiene non rientrino i beni consumabili, essendo impossibile la restituzione in caso di risoluzione del contratto, almeno che non sia previsto un obbligo di non consumo fino al pagamento definitivo.
Dubbi sulla possibilità di applicarlo al contratto preliminare di vendita. La legge, per evitare l’inserimento di clausole vessatorie, e dunque per tutelare il compratore, ha previsto l’inefficacia delle clausole risolutive del contratto che prevedano la perdita del beneficio del termine, con conseguente effetto risolutivo immediato, dovute al mancato pagamento di una sola rata, qualora questa rata non superi l’ottava parte del prezzo complessivo.
In caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, si applica il c.d. meccanismo riequilibratore di cui all’art. 1526 c.c., in base al quale il compratore ha diritto alla restituzione delle rate versate; il venditore, invece, ha il diritto a vedersi restituire il bene ed a ricevere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno eventualmente subito.
Inoltre, il compratore non può alienare il bene acquistato a rate fino a quando non ne ha la proprietà definitiva con il pagamento integrale. L’eventuale alienazione integrerebbe il reato di appropriazione indebita. Da tutto quanto innanzi esposto, possiamo individuare la ratio legis di tale accordo nella possibilità di contemperare le esigenze di ambo le parti, venditore e compratore.
Per il venditore l’esigenza, per l’appunto, di vendere e far circolare i propri beni, ma al tempo stesso conservarne la proprietà in attesa del versamento integrale del prezzo. Il tutto, onde evitare il rischio di vedersi uscire dal suo patrimonio un bene e non essere pagato; per il compratore, invece, ottenere immediatamente un bene che non può acquistare in un’unica soluzione, e vantando, tra l’altro, la comodità di distribuire il carico del prezzo nel tempo, pagandolo a rate.
2. Che cos’è il contratto di leasing?
Il leasing è una sorta di contratto di affitto (il termine deriva dall’inglese to lease che tradotto è “affittare”) in cui una parte, detta concedente, concede ad un’altra, detto utilizzatore, il godimento di un dato bene, per un periodo di tempo prefissato e dietro il versamento di un corrispettivo di prezzo periodico.
Al termine del periodo prefissato, l’utilizzatore potrà scegliere principalmente se: restituire il bene oppure divenirne proprietario riscattandolo, cioè pagando una quota finale data dalla differenza tra quanto versato periodicamente ed il valore complessivo del bene.
I vantaggi di questa scelta negoziale sono molteplici, soprattutto di tipo fiscale, laddove l’utilizzatore potrà evitare in molti casi il pagamento immediato di tasse e imposte legate ai trasferimenti di beni, nonché dedurre le quote di canone, specie per alcune categorie di operatori (aziende, professionisti, agenti di commercio ecc.). - natura giuridica Il contratto di leasing è stato sempre inserito nell’ambito dei contratti atipici, cioè quelli non aventi una specifica normativa e rimessi alla volontà delle parti quanto la loro definizione e struttura.
Esso presenta una commistione di elementi tratti dalla vendita con riserva di proprietà e dal contratto di locazione previsto dal codice civile (art. 1571 c.c.), e in qualche modo richiama la vendita con patto di riscatto, per quanto attiene la possibilità di “riscattare” e cioè acquistare la proprietà del bene da parte del locatario.
Tuttavia, il leasing ha trovato di recente una sua tipizzazione con la Legge 124/2017 che lo ha disciplinato su diversi aspetti.
- Oggetto del leasing
Il leasing è una forma di finanziamento snella e flessibile, destinata all’acquisto di vari tipi di beni: produttivi, impianti per aziende, automezzi, immobili e beni strumentali all’attività d’impresa, e quindi rivolto verso una clientela eterogenea, tra cui: privati, aziende, professionisti, artigiani, medie e piccole imprese, finanche la Pubblica Amministrazione. Nella pratica esistono varie tipologie di leasing, vediamo brevemente di seguito le principali forme.
1) Leasing finanziario: questa forma si caratterizza per la presenza di 3 soggetti, e cioè: il fornitore, la società di leasing e l’utilizzatore. La società di leasing assume il ruolo di intermediario finanziario (spesso è una banca) nonché di locatore/concedente, in quanto acquista il bene dal fornitore e lo concede in leasing all’utilizzatore.
Si tratta di uno strumento di finanziamento indiretto, utilizzato per lo più da imprenditori che necessitano di macchinari costosi o immobili per la loro attività, ma che non ritengono conveniente, o non possono procedere per assenza di liquidità immediata, con l’acquisto diretto in proprietà e, pertanto, si rivolgono a società di leasing, banche ovvero finanziatori specializzati.
Quest’ultimi, procedono con l’acquistare il bene, scelto dall’utilizzatore (imprenditore), presso il fornitore ed a cederlo in locazione all’utilizzatore stesso in cambio di pagamento di canoni per un dato tempo prestabilito.
L’utilizzatore assume tutti i rischi e le responsabilità per l’uso del bene. Al termine di tale periodo l’utilizzatore potrà optare per l’acquisto del bene, pagando una somma a titolo di “riscatto” ovvero proseguire con una proroga del leasing, oppure restituire il bene.
2) Il leasing operativo: detto anche renting: con questa modalità le figure coinvolte sono solo 2, il fornitore concedente e l’utilizzatore. In questo caso è il fornitore stesso a fornire il bene in locazione, e il contratto presenta delle peculiarità, quali: la durata del contratto è più breve; i rischi a carico dell’utilizzatore sono minori; non vi è opzione di riscatto o acquisto che sia; la possibilità di risolvere il contratto in qualsiasi momento; nel prezzo dei canoni sono compresi vari servizi. Questo tipo di contratto rientra più esattamente nel genere del noleggio, una figura molto simile al leasing (si pensi ad es. al noleggio di autoveicoli).
3) Leasing di godimento e traslativo: con il primo si tratta di finanziare l’utilizzo di beni destinati a perdere valore nel tempo e quindi consentire un impiego temporaneo del bene; con il secondo invece lo scopo è il finanziamento di beni mobili come gli autoveicoli ovvero immobili con uno schema simile alla vendita con riserva di proprietà, e dunque fin dall’origine persegue una finalità di trasferimento della proprietà.
Ciò perché il bene, alla scadenza del contratto, conserva un suo apprezzabile valore ed utilità per l’utilizzatore.
- Lease-back
Con tale contratto l’utilizzatore assume il duplice ruolo di fornitore del bene ed utilizzatore stesso. In sostanza, il soggetto cedente vende il bene (di solito un immobile) ad una società di leasing la quale, divenuta proprietaria, lo concede in locazione allo stesso cedente, il quale pagherà i canoni concordati ed alla scadenza potrà riscattare il bene ceduto.
Si tratta di una forma di leasing utilizza dalle imprese per ottenere liquidità (un finanziamento) senza dover necessariamente perdere il bene, che potrà essere nuovamente riscattato alla scadenza del contratto.
- Rent to buy
Si tratta di una particolare variante del leasing di recente formazione utilizzato soprattutto nel settore immobiliare. Esso consente a chi non può, per varie ragioni, ottenere il mutuo per acquistare una casa di ottenerla dapprima in locazione e poi, successivamente, procedere con all’acquisto, detratti sul prezzo di vendita i canoni versati.
3. Differenza tra leasing e vendita con riserva di proprietà
Da quanto sopra illustrato, è di tutta evidenza che tra i due istituti vi siano delle analogie. Il leasing è sempre stato considerato un contratto atipico, rientrando nella previsione di cui all’art. 1322, che concede alle parti la possibilità di concludere contratti non appartenente a tipi aventi una disciplina particolare.
Proprio in virtù di questa sua originaria atipicità è stato concepito come un contratto rivolto a realizzare un finanziamento indiretto. Esso, presenta elementi simili alla locazione prevista dal codice civile, perché consente il godimento di un bene altrui, ma alla base è un finanziamento, poiché permette all’utilizzatore di ottenere, per il tramite della società di leasing, un bene che altrimenti non potrebbe acquistare.
L’impresa di leasing anticipa l’intero prezzo del bene, indicato dall’utilizzatore, acquistandolo ed in cambio ottiene il pagamento di canoni comprensivi delle spese di acquisto, interessi e quote di profitto, con la garanzia che in caso di inadempimento dell’utilizzatore, resterà proprietaria del bene. Solo con la recente legge n°124/2017 il leasing ha trovato una sua tipicità, prevedendo una delineata disciplina.
Il leasing come detto presenta elementi in comune con la vendita con riserva di proprietà. Analizziamoli di seguito gli elementi similari e quelli in cui si diversifica.
- elementi comuni:
1) il rischio di perimento e/o sottrazione della cosa che rimane a carico dell’utilizzatore, così come nel patto di riservato dominio resta a carico dell’acquirente;
2) il pagamento frazionato, così come la vendita con riserva di proprietà si caratterizza per il pagamento rateizzato del prezzo, di solito mensile, nel leasing abbiamo un pagamento periodico di canoni (anche in questo caso con cadenza di regola mensile);
3) nel solo leasing traslativo, un ulteriore elemento in comune era dato in passato dal rimedio applicabile ai casi di risoluzione del contratto per inadempimento. In tale ipotesi, difatti, la giurisprudenza aveva ribadito più volte che trovava applicazione il meccanismo riequilibratore delle prestazioni previsto dall’art. 1526 c.c. per la vendita con riserva di proprietà.
Di recente, tuttavia, è intervenuta la Legge n°124/2017, con la quale sono stati disciplinati gli effetti della risoluzione per inadempimento, prevedendo ora espressamente quali siano le conseguenze.
- differenza con la vendita con riserva di proprietà
1) Gli effetti reali
Nella vendita con patto di riservato dominio, lo scopo delle parti è fin dall’origine, ossia fin dalla conclusione del contratto, di determinare il trasferimento della proprietà di un bene o diritto verso il corrispettivo di un prezzo, sia pure sotto la condizione sospensiva del pagamento integrale di tutte le rate del prezzo pattuite Nel leasing, invece, il trasferimento della proprietà del bene è solo un elemento eventuale, rimesso alla volontà dell’utilizzatore, tra l’altro, e nella maggior parte dei casi, da esplicarsi con dichiarazione di volontà solo al termine della locazione stessa. Infatti nel contratto di leasing viene indicato che, al termine dello stesso, l’utilizzatore avrà facoltà di optare per la proroga del leasing, oppure per la restituzione del bene ovvero per l’acquisto definitivo.
2) I soggetti del contratto
Nel leasing spesso i soggetti sono 3: il fornitore del bene, la società di leasing che acquista dal fornitore e l’utilizzatore, laddove nella vendita con patto di riservato dominio di regola i soggetti sono 2.
3) conseguenze dell’inadempimento
Nella vendita con riserva di proprietà l’inadempimento si applica il meccanismo riequilibratore previsto dall’art. 1525 del c.c., ovverosia l’utilizzatore avrà diritto alla restituzione di canoni già corrisposti, salvo l’obbligo di pagare al concedente venditore, oltre all’eventuale risarcimento del danno, un equo compenso, in misura tale da remunerare il solo godimento.
Nel leasing la legge 124/2017 ha indicato una dettagliata disciplina in base alla quale, il concedente ha diritto alla restituzione del bene; quest’ultimo deve corrispondere all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene e dal prezzo ricavato da tale vendita dovranno essere dedotte: la somma dei canoni scaduti, e non pagati, e quelli a scadere fino alla data della risoluzione; del prezzo pattuito per il caso di acquisto; le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita.
Fonti normative
- Art. 1523, 1524, 1525, 1525 c.c.
- Cassazione Civile, Sez. Un., 28 gennaio 2021, n. 2061
- Cass. civ., 27 settembre 2011, n. 19732
- Tribunale di Reggio Emilia ordinanza del 02/11/2017
- Art. 138 e 139 Legge n°124/2017
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Avv. Marco Mosca