Come sfrattare un inquilino per finita locazione?
I due tipi di sfratti più comuni sono lo sfratto per morosità e quello per finita locazione, di cui ci occuperemo in questa sede. Non è infatti raro che il locatore, debba intimare al conduttore l'allontanamento di quest'ultimo a seguito dello spiramento del termine contrattualmente previsto. Vediamo come si può procedere in un caso come questo.
- Procedimento di sfratto ex art 657 e seguenti del codice civile
- Cosa succede se l'inquilino non si oppone o non compare in giudizio?
- Cosa succede se il coinquilino si oppone al giudizio?
- Quali sono i costi per l'attivazione della procedura?
- Fonti normative
1. Procedimento di sfratto ex art 657 e seguenti del codice civile
Come appena detto, nel caso in cui a seguito dello scadere dei termini del contratto di locazione il conduttore non dovesse spontaneamente lasciare l'immobile, il locatore può esperire una procedura di sfratto innanzi all'autorità giudiziaria. Tale procedimento, inizia con l'intimazione ad abbandonare il locale da parte del locatore nei confronti del conduttore, con allegata citazione di quest'ultimo per ottenerne la convalida.
La citazione del conduttore, deve contenere una sorta di avviso con il quale si intende far sapere al conduttore che in caso di mancata comparizione o di opposizione in giudizio entro i termini stabili dalla legge, il giudice procederà all'esecuzione della citazione per mezzo dello sfratto dell'inquilino.
Si specifica poi che, il tempo che deve necessariamente intercorrere tra la notifica della citazione in giudizio all'inquilino e il giorno dell'udienza, devono trascorrere almeno 20 giorni liberi.
Inoltre, la parte avversaria, si potrà costituire in giudizio sia tramite deposito di comparsa di risposta in cancelleria, sia direttamente il giorno dell'udienza. Anche il locatore dovrà depositare l'intimazione e la relata di notifica in cancelleria, dando ufficialmente inizio al procedimento di sfratto.
2. Cosa succede se l'inquilino non si oppone o non compare in giudizio?
Dal momento in cui l'inquilino non si presentasse in giudizio e quindi non opponesse resistenza alla citazione a lui intimata, il giudice convaliderà lo sfratto e farà apporre la formula esecutiva proprio sull'atto di citazione in giudizio (in gergo si è soliti dire che la formula esecutiva, che consiste in un timbro delle autorità, si pone “in calce” all'intimazione in giudizio), con efficacia a partire da 30 giorni successivi.
Una volta trascorso questo termine, si procede all'esecuzione dello sfratto. Ovviamente tutto questo discorso è valido solo ed unicamente nel caso in cui si è certi che l'inquilino abbia ricevuto correttamente l'intimazione a giudizio, vale a dire se vi è la certezza che questi sia stato posto in condizioni eventualmente di difendersi.
Discorso diverso invece si deve fare se l'inquilino non sia potuto per cause di forza maggiore o caso fortuito essere venuto a conoscenza del procedimento, o se egli per cause a lui non imputabili non si sia potuto costituire per tempo in giudizio o presenziare alla data di udienza.
3. Cosa succede se il coinquilino si oppone al giudizio?
In questo caso, se il giudice ravvisa la sussistenza di gravi motivi presentati dal convenuto per iscritto, si aprirà un procedimento denominato di ordinaria cognizione: in tal caso, si aprirà un vero e proprio giudizio, in cui i tempi non sono immediatamente definibili come invece sopra esplicitato. Si darà dunque seguito ad una vera e propria causa civile.
Nel caso contrario invece, il giudice emetterà un'ordinanza di rilascio non impugnabile e che è immediatamente esecutiva, a cui il giudice potrà addebitare ulteriori costi a titolo di danno.
Si ricorda poi, che l'opposizione può anche essere fatta dopo la convalida dello sfratto, se il convenuto dimostri di non essere potuto venire a conoscenza del giudizio per caso fortuito o cause di forza maggiore: l'opposizione però deve essere fatta entro 10 giorni dalla data della convalida.
4. Quali sono i costi per l'attivazione della procedura?
L'attore ha l'onere del pagamento di un contributo unificato che si calcola, o sulla base dei canoni eventualmente ancora dovuti, oppure (come interessa a noi in questo caso) in base al valore del contenzioso. Per avere un'idea sull'esatto valore dell'importo, si fa riferimento ad una tabella comune, facilmente rinvenibile sul Web. Il compenso per il difensore (che non sempre è necessario in procedimenti come questo) si aggira tra i 600 e i 700 euro.
Fonti normative
art. 657 e seguenti del Codice Civile.
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