Animali domestici nelle aree comuni del condominio
Scopri come gestire il rapporto con gli animali domestici negli spazi comuni del condominio. Esplora le sfide e le soluzioni per promuovere una convivenza armoniosa tra proprietari e animali, assicurando una pacifica coesistenza nella vita condominiale.
Rapporto con gli animali domestici quando questi si trovano in aree comuni del condominio
Prendersi cura di un animale domestico è sicuramente un’ottima cosa, ma implica avere a disposizione gli spazi adatti per poterlo accogliere. Spesso però vi sono persone che, pur vivendo in appartamento, non vogliono rinunciarvi, pertanto bisogna fare attenzione a non arrecare disturbo ai vicini di casa.
Generalmente, a meno che non si viva in affitto e il contratto di locazione non lo vieti espressamente, se si tratta di usuali animali da compagnia e non esotici o rari, dovrebbe essere sempre permesso tenere un animale in condominio e poter usufruire delle parti comuni, anche se vedremo che ci sono al riguardo orientamenti contrastanti.
Dal 2012 la legge tutela la presenza di un animale nel condominio, però è opportuno precisare che bisogna sempre porre attenzione alle regole da seguire, per garantire il rispetto degli spazi e dei diritti altrui.
Le regole di convivenza nei condomini
Il regolamento condominiale è lo strumento che stabilisce diritti, doveri e altre regole di convivenza nel condominio e di norma non può vietare a un condomino di tenere animali nel proprio appartamento. Solitamente nelle palazzine divise in più appartamenti, vivono diverse tipologie di famiglie, ciascuna con le sue esigenze, che non sempre collimano con quelle degli altri.
Un comportamento corretto e rispettoso è alla base di ogni regola per andare d’accordo con i vicini, anche nella gestione degli animali domestici. Ad esempio, i padroni dovranno sempre curare e tenere sotto controllo il proprio animale in modo da assicurarsi che non gironzoli libero, non disturbi abbaiando o producendo altri rumori, soprattutto notturni, e non sporchi gli spazi comuni del condominio.
D’altra parte, chi non possiede animali e non li ama particolarmente dovrà – nella maggior parte dei casi – tollerarne la presenza.
La normativa italiana in materia di animali domestici
L’art. 16 della L. 11 dicembre 2012, n. 220, “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, ha provveduto a integrare l’art. 1138 del c.c. disponendo che il regolamento condominiale non può vietare il possesso o la detenzione di animali domestici nell’appartamento o comunque all'interno del condominio. Il legislatore, con tale inserimento, ha inteso tutelare la relazione affettiva tra il padrone e il proprio animale.
Tuttavia, esistono alcune sentenze che hanno inteso porre dei limiti alla regola generale. Citiamo ad esempio la Cassazione II sez. Civile che, con sentenza 20 ottobre 2016, n. 21307 (riguardante un caso sorto prima dell'entrata in vigore della riforma dell’art. 1138 c.c.), ha stabilito che è possibile vietare la presenza di animali in condominio, ma solo se il divieto è contenuto in un regolamento approvato all'unanimità dei condomini: deve trattarsi di un regolamento di origine contrattuale, vale a dire di un regolamento approvato tramite una delibera d'assemblea a cui hanno partecipato tutti i condomini, o accettato in allegato al rogito di acquisto dell'immobile.
Infatti, il regolamento contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare.
Questo orientamento è stato ripreso dalla pronuncia del Tribunale di Piacenza, con sentenza del 28 febbraio 2020, n. 142, secondo cui l'art. 1138 c.c., ultimo comma, riguarderebbe solo il regolamento di natura assembleare, tenuto conto che la norma non contiene l'inciso "in nessun caso", presente invece nel precedente comma 4, atto a escludere la possibilità di deroga per qualunque tipo di regolamento.
Esistono comunque sentenze che si sono espresse in senso contrario, impedendo cioè in maniera assoluta al regolamento condominiale di vietare agli inquilini di tenere con sé animali domestici (ad esempio vedasi Tribunale di Piacenza, sentenza 22 novembre 2016, n. 527, Tribunale di Cagliari, sentenza 22 luglio 2016, n. 7170).
Il diritto di proprietà e la libertà di possedere un animale domestico
Rispetto al passato, in linea generale, l'interpretazione della norma va sempre più in una direzione che è dalla parte di chi ama gli animali e vuole prendersene cura. L’art. 832 c.c. sancisce che la proprietà è un diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi previsti dall'ordinamento giuridico.
Questo significa che l’animale o il suo padrone, pur potendone liberamente godere, non possono invadere ogni spazio e impedirne la fruizione ad altri, in accordo con l’art. 1102 c.c., secondo cui "ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto".
L’animale domestico ha quindi diritto di entrare nel giardino o cortile condominiale e in tutte le aree comuni. Riguardo all’ascensore condominiale, è sorta la problematica relativa alla validità di norme regolamentari che vietano l'utilizzo dell'ascensore in compagnia di animali domestici. In generale, si ritiene che il divieto di usare l’ascensore in compagnia di animali sia valido se contenuto in un regolamento contrattuale, oppure in un regolamento deliberato anche a semplice maggioranza prima della riforma del 2012, vista la non retroattività della norma.
Non potrà essere in alcun modo vietato l'utilizzo dell'ascensore al non vedente accompagnato dal proprio cane guida, in quanto la legge stabilisce per questi cani il diritto di libero accesso a tutte le strutture, anche quelle pubbliche (L. 14 febbraio 1974, n. 37 e s.m.i.). Finora si è parlato di animali domestici, quindi genericamente cani, gatti, coniglietti, criceti e altri animaletti che solitamente si adattano bene alla vita in appartamento.
Chiaramente, si ricorda che è vietato allevare un esemplare appartenente a una specie protetta, ad esempio perché a rischio di estinzione o pericolosa, mentre diverse specie esotiche si possono tenere con sé solo se si è in possesso del certificato che ne autorizza la detenzione (legge 7 febbraio 1992, n. 150).
Se invece un inquilino decidesse di allevare un cosiddetto animale da cortile, come una gallina, un’oca o un gallo, questo sarebbe consentito qualora la persona fosse in possesso di un giardino privato, ma per non più di dieci esemplari e rispettando una distanza di almeno dieci metri da un’altra proprietà.
Come gestire il rapporto con gli animali domestici nel condominio
Esistono alcune responsabilità per i padroni. Riguardo ai cani, in base all’Ordinanza del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali del 6 agosto 2008, questi devono venire iscritti all’anagrafe canina istituita presso i Comuni ed essere dotati di un chip di riconoscimento.
La citata ordinanza stabilisce altresì che ai fini della prevenzione dei danni o lesioni a persone, animali o cose, il proprietario o detentore di un cane deve utilizzare sempre il guinzaglio di lunghezza non superiore a 1,50 metri durante la conduzione dell’animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree espressamente riservate ai cani, portare con sé una museruola da applicare in caso di rischio per l’incolumità di persone o animali o su richiesta delle Autorità competenti, affidare in propria assenza l’animale a persone in grado di gestirlo correttamente, acquisire un cane assumendo informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche nonché sulle norme in vigore e infine assicurare che il cane presenti sempre un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali, rispetto al contesto in cui vive.
Tutti questi adempimenti devono essere perseguiti con molta attenzione, in quanto ai trasgressori possono essere comminate multe. Inoltre, in caso di danni cagionati, se ne dovrà rispondere sia civilmente che penalmente.
L'art. 2052 c.c. stabilisce che “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. Per quanto riguarda invece le conseguenze penalistiche, l'art. 590 c.p. può sanzionare le lesioni colpose avvenute in conseguenza dell'aggressione da parte dell’animale, non governato secondo le dovute regole di diligenza e prudenza.
Riguardo alla possibilità che gli animali producano rumori, si può far riferimento all'art. 844 c.c., che genericamente riguarda le emissioni e la possibilità per i vicini di casa di opporsi ad esse solo se superano la normale tollerabilità.
Raccomandazioni per una convivenza serena tra proprietari di animali domestici e condomini
Come abbiamo visto, la normativa italiana si orienta sempre più in maniera favorevole verso chi decide di occuparsi di un animale domestico, che può avere effetti benefici sull’umore ed essere una vera e propria compagnia per persone sole e anziane, pur non scordando che esistono precisi doveri, sia verso l’animale che nei confronti di coloro che si trovino a vivere o anche solo a transitare in prossimità dello stesso.
Se il proprietario si comporterà correttamente, mettendo in atto accorgimenti perché la presenza del proprio animale non provochi disturbo ad altri, difficilmente i vicini saranno portati a non tollerarne la presenza. Viceversa, se un condomino si lamenta della presenza dell’animale anche qualora il proprietario metta in campo ogni accorgimento per limitare il disturbo arrecato, è possibile farglielo gentilmente notare.
Spesso un dialogo pacifico è sufficiente a risolvere le situazioni con cordialità e buon senso. Solo qualora il conflitto dovesse permanere, si potrà ricorrere a un Avvocato che potrà consigliare le migliori modalità per far valere i propri diritti che si ritengono lesi.