Le tariffe degli avvocati
Il supporto di un avvocato spesso è fondamentale per far valere correttamente le proprie ragioni, ma come viene calcolata la parcella dell’avvocato?
- Quali sono le tariffe degli avvocati?
- Come si calcola la parcella di un avvocato?
- Cos’è il divieto del patto quota lite?
- Come sapere se la parcella di un avvocato è giusta?
Quali sono le tariffe degli avvocati?
L’avvocato, è un libero professionista, che svolge la propria attività, in piena autonomia ed indipendenza, eseguendo l’incarico conferitogli dal cliente, in osservanza ai doveri di probità, fedeltà, decoro, diligenza e competenza ex art. 9 Codice Deontologico Forense.
Essendo la sua una prestazione di tipo professionale, l’incarico ad esso conferito genera il sorgere di un compenso, salvo le ipotesi di gratuito patrocinio che rimane a carico dello Stato. Egli, è libero di pattuire il compenso spettante per l’incarico ricevuto, dovendo renderlo noto per iscritto al proprio cliente, fornendo tutte le informazioni necessarie in relazione alla controversia.
Va detto, a tal proposito, che non sempre risulta possibile determinare con certezza la misura del compenso, tenuto conto che una controversia può sfociare e concludersi in tanti possibili esiti, non sempre prevedibili a priori Si pensi al raggiungimento di un imprevedibile accordo con la controparte subito dopo la notifica di un atto di citazione, che riduce, evidentemente, l’iter procedimentale innanzi al giudice, e di conseguenza può incidere (in diminuzione) sulla misura del compenso. In questo caso, una controversia che inizialmente si presenta complessa e richiede l’intervento del Giudice per dirimersi, si conclude anzitempo, con una provvidenziale transazione.
All’opposto, ben può accadere che una vertenza che si presenti apparentemente di facile e pronta soluzione, per motivi svariati, diventa più complessa e richiede un maggior numero di ore per impegno e complessità. Tipico esempio si ha nelle separazioni tra coniugi, che spesso iniziano come consensuali, cioè basate su accordi “pacifici” tra i coniugi stessi, ma poi, d’incanto, si trasformano, inesorabilmente, in litigiose querelle giudiziali.
Ordunque, per le ragioni esposte, anziché pattuire in anticipo la misura complessiva del compenso, spesso gli avvocati si affidano alle “tariffe forensi”, che prevedono l’applicazione di appositi parametri che variano in base ad una serie di elementi, tra cui la complessità del caso, alle fasi giudiziali, l’Autorità Giudiziaria competente, i gradi di giudizio (ad es. in primo e/o secondo grado, ovvero in Cassazione ecc.)
Come si calcola la parcella di un avvocato?
Il D.M. 55/2014, recentemente aggiornato con il D.M. 147/2022, che ha previsto un incrementato del 5%, rappresenta il criterio principale per la determinazione dei compensi, che concorreranno a formare la parcella dell’avvocato. Tale tabella prende in considerazione alcuni parametri, i quali variando, comportano una diminuzione ovvero un aumento dei compensi.
Essi sono: l’Autorità Giudiziaria competente, il grado di giudizio, la materia oggetto del contendere ed il valore della controversia. A questi criteri si aggiungono le varie “fasi” in cui si suddivide una controversia. Più precisamente, esse si suddividono in:
- la fase di studio: rappresenta la fase iniziale, in cui l’avvocato studia il caso sotto l’aspetto giuridico, esamina i documenti e gli atti, per poi individuare la strategia più consona alla soluzione della questione, prima di intraprendere il giudizio;
- la fase introduttiva della controversia: rappresenta l’atto di impulso che dà l’avvio all’inizio di un procedimento, che cambia prospettiva in base alle posizioni delle parti nel processo. Se attore/ricorrente/appellante l’atto di impulso sarà la notifica della citazione ovvero il deposito del ricorso, mentre se convenuto/resistente/appellato, la memoria di costituzione per difendersi in sede processuale. Pertanto, è costituita dai documenti redatti dall’avvocato per agire o resistere in giudizio, comprensiva anche delle repliche agli atti della controparte, dello studio di memorie o istanze;
- la fase istruttoria: relativa alla richiesta di ammissione dei mezzi probatori e della loro assunzione agli atti del giudizio (ad es. prova documentale, prova testimoniale, querela di falso, audizione testi in sede penale, consulenza tecnica d’ufficio ecc.);
- la fase decisionale: inerente alla redazione della comparsa conclusionale e relativa memoria di replica, al ritiro del fascicolo probatorio, alla richiesta delle copie della sentenza, alla redazione della nota spese.
Sulla base di tali parametri l’avvocato determinerà la misura della parcella professionale. La parcella è la fattura emessa da un professionista e per essere tale deve contenere degli elementi obbligatori, quali:
- data di emissione e numero fattura;
- la data di emissione;
- il numero progressivo, che identifica in modo univoco ogni singola parcella;
- dati dell’emittente (avvocato) e dati destinatario (cliente/assistito): cognome, nome o denominazione; indirizzo; partita IVA o codice fiscale; coordinate bancarie alle quali effettuare il pagamento;
- descrizione della prestazione e relativo onorario;
- spese documentate: è possibile addebitare al cliente le spese documentate e anticipate (marche da bollo; posta raccomandata). Queste sono escluse dalla base imponibile. Non sono quindi considerate ai fini del calcolo di contributo integrativo, IVA e ritenuta d’acconto.
- rimborso spese generali: spese non documentate per il 15% del compenso;
- contributo Integrativo Cassa Forense: corrisponde ad una percentuale fissa del 4%;
- IVA al 22% (salvo l’avvocato non aderisca al regime forfettario, per cui non si applica);
- Ritenuta d’acconto per i clienti titolari di partita iva: pari al 20% sul compenso e sulle spese generali addebitate al cliente, anche in questo caso, salvo che l’avvocato non applichi il regime forfettario.
- Importo totale da pagare.
Nel caso di applicazione del regime forfettario, la parcella non dovrà contenere l’IVA e la ritenuta d’acconto. Nel caso in cui l’importo totale superi i 77,47€ dovrà essere applicata in fattura una marca da bollo di 2€.
Cos’è il divieto del patto quota lite?
In tema di compensi, è interessante richiamare il c.d. patto di quota lite. Esso è l’accordo tra avvocato e cliente, per effetto del quale si conviene di attribuire all’avvocato stesso, quale compenso della sua attività professionale, una quota dei beni o diritti in lite.
In sostanza, rappresenta una sorta di percentuale sul risultato ottenuto dal cliente, e dunque non parametrato sulla base delle tariffe forensi o comunque all’importanza dell’opera professionale. Questo patto è stato oggetto di numerosi interventi sia giurisprudenziali che normativi. Infatti, in un primo momento vigeva il divieto del patto quota lite, poiché esso rappresentava una violazione dell’art. 2233 cod. civ. circa l’accordo cliente/avvocato prima dello svolgimento dell’attività difensiva, che riguarda il contenuto patrimoniale e la disciplina del rapporto d’opera intellettuale. In pratica, tale patto, rappresenta una partecipazione dell’avvocato agli interessi economici finali della lite, e dunque, non collegato alla prestazione professionale.
Ecco un semplice esempio: supponiamo che Tizio abbia un credito di €. 10.000,00 da recuperare nei confronti di Caio, per cui si rivolge all’avvocato Sempronio incaricandolo di agire per il recupero legale della somma. Quale compenso professionale pattuiscono una quota pari al 30% della somma da recuperare all’esito della lite. Il divieto del patto di quota lite, previsto all’art. 2233, 3 comma, cod. civ., è stato dapprima abrogato dalla legge n°248/2011, poi ripristinato dalla legge n°247 del 2012.
Tuttavia la discussione in ambito giuridico è ancora aperta, tanto che si è ritenuto fare una distinzione, secondo cui la parcella se pattuita in percentuale al valore dell’affare non viola il divieto del patto di quota lite, mentre se pattuita in percentuale, ma collegata al risultato finale conseguito (in pratica alla somma attribuita) viola il divieto del patto di quota lite.
Come sapere se la parcella di un avvocato è giusta?
Il Consiglio Nazionale Forense stabilisce che per verificare se il compenso richiesto dall'avvocato sia eccessivo bisogna effettuare un giudizio di comparazione fra l'attività espletata e la misura di compenso ritenuta proporzionata.
Tuttavia, è consigliabile richiedere sempre un preventivo di massima, tenendo presente, per le ragioni esposte al paragrafo 1, che le variabili che incidono sul compenso finale sono molteplici e non sempre individuabili a priori. Nel caso, comunque, si ritenga eccessiva la richiesta del proprio avvocato, si potrà procedere con una prima contestazione orale c/o lo Studio del legale, anche al fine di ottenere, eventualmente e bonariamente, uno sconto, oppure procedere con una contestazione scritta tramite raccomandata.
Qualora, la strada per così dire amichevole ci conduca in un vicolo cieco, si potrà contestare la parcella dinanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del foro di appartenenza dell’avvocato dove risulti iscritto, presentando di persona oppure a mezzo pec o raccomandata, un atto di contestazione, con richiesta di giudizio di merito sulla medesima. In caso di esito negativo, si potrà tentare un ulteriore ricorso innanzi al Consiglio Nazionale Forense.
Marco Mosca
Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...