Commento alla Sentenza della Cassazione Penale n. 18396 - Caso Cucchi
La causa originaria della morte di Stefano Cucchi fu il pestaggio in caserma
- La vicenda giudiziaria
- Il nesso di causalità tra il pestaggio e la morte e l’assenza di eventi interruttivi
La sussistenza del dolo di percosse o lesioni conferma la configurazione dell’omicidio preterintenzionale nel caso Cucchi
1. La vicenda giudiziaria
La vicenda giudiziaria trae origine dall’arresto per cessione di stupefacenti di Stefano Cucchi. Quest’ultimo veniva violentemente picchiato in seguito al proprio arresto e solo dopo quale giorno ricoverato per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute che sfociarono nella sua morte. L’inchiesta sulla morte, seguì diverse piste che culminarono in quella che poi è stata confermata dalla Suprema Corte sulla penale responsabilità dei due carabinieri per omicidio preterintenzionale. Ed invero, la Corte di Cassazione, ha riconosciuto la colpevolezza dei due agenti che, subito dopo l’arresto, iniziarono ad inveire violentemente sul cautelato provocandone successivamente la morte.
Dopo la condanna di primo grado per omicidio preterintenzionale, la Corte D’Appello di Roma, ne confermava quasi totalmente il contenuto, provvedendo alla reformatio in pejus sotto il profilo sanzionatorio, laddove venivano escluse le attenuanti generiche e riconosciute le aggravanti per futili motivi. Il predetto provvedimento veniva impugnato ed a fondamento della difesa venivano evidenziate la carenza probatoria, la responsabilità concorsuale, il giudizio sugli elementi accidentali e l’insussistenza del nesso di causalità tra le percosse e l’evento lesivo mortale.
Gli impugnanti ritenevano che il nesso causale fosse stato interrotto da sopravvenuti fattori che ne avevano interrotto la concatenazione dell’iter causale culminato con l’evento morte. La Suprema Corte, ha invece ritenuto censurabili i motivi di impugnazione e nel soffermarsi sulla causa primigenia, ha considerato i fattori sopravvenuti, evidenziati dalla difesa, carenti del carattere della imprevedibilità ed atipicità. Invero, secondo i supremi giudici, le eventuali condotte dei sanitari, ritenuti determinati il nesso di causalità dalla difesa, rappresentano al più un’addizionale fonte di responsabilità per terzi.
Pertanto ritenevano doversi escludere la sussistenza di qualsivoglia evento interruttivo (anche di natura medica) tra la condotta del pestaggio e l’evento lesivo della morte di Cucchi.
2. Il nesso di causalità tra il pestaggio e la morte e l’assenza di eventi interruttivi
I giudici di legittimità hanno escluso in modo netto che le circostanze ritenute dalla difesa sopravvenute e determinanti l’evento mortale, abbiano deviato l’originaria serie causale. La Suprema Corte, ha considerato l’omissione dei sanitari evidenziata dagli impugnanti, una causa sopravvenuta da sola insufficiente ad interrompere il rapporto di connessione tra la condotta del pestaggio e l’evento lesivo.
Tale orientamento della Corte è in linea con le conclusioni a cui è giunto il giudizio di secondo grado. Ed invero, secondo i supremi giudici, il collegamento causale tra la condotta lesiva imputata e l’evento che ne è derivato, non è interrotto dalla intermedia omissione della condotta che sarebbe stata in ipotesi idonea ad evitare la produzione dell’evento medesimo, qualora non costituisca un fatto imprevedibile ovvero uno sviluppo assolutamente atipico della serie causale. Secondo le motivazione del provvedimento di legittimità, l’omissione dei sanitari, può eventualmente costituire, qualora ne ricorrano le condizioni, il titolo per affermare una concorrente e non esclusiva responsabilità del soggetto inadempiente, mentre nel caso in esame, le omissioni dei sanitari, non sono state ritenute quale sviluppo imprevedibile o atipico del decorso causale.
Il decesso è stato ritenuto quale evento conclusivo della condotta primigenia del pestaggio, in cui gli accadimenti successivi di natura medica, non possono ritenersi fonte generatrice di un rischio inedito rispetto a quello originariamente determinato dalla condotta di lesioni posta in essere dai due carabinieri.
È giurisprudenza costante, secondo la Suprema Corte, quella secondo cui il nesso di causalità tra condotta ed evento, si interrompe quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo ed incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla condotta inziale.
2.1 La sussistenza del dolo di percosse o lesioni conferma la configurazione dell’omicidio preterintenzionale nel caso Cucchi
Secondo l’assunto della Suprema Corte, anche sotto il profilo soggettivo della condotta posta in essere dai due carabiniere, sembra che non possa escludersi la penale responsabilità per omicidio preterintenzionale.
Ed invero, è orientamento oramai consolidato, quello secondo cui l’elemento soggettivo richiesto, non è già il dolo a responsabilità oggettiva o il dolo misto a colpa come in passato sostenuto.
Infatti, ai fini della configurazione della fattispecie criminosa in esame è richiesto il solo dolo di percosse, in quanto la disposizione di cui all’art. 43 del c.p. assorbe la prevedibilità dell’evento più grave nell’intenzione di risultato. Pertanto, anche sotto il profilo soggettivo, laddove l’intenzione degli imputati fu quella di infliggere percosse, può configurarsi proprio il dolo richiesto per affermare la penale responsabilità per omicidio preterintenzionale.
Si afferma, infatti, che l’elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale è costituito unicamente dalla volontà di infliggere percosse o provocare lesioni, a condizione che la morte dell’aggredito sia causalmente conseguente alla condotta dell’agente, il quale, pertanto, risponde per fatto proprio, sia pure per un evento più grave di quello effettivamente voluto. Gli elementi pertanto strutturali del delitto preterintenzionale sono costituiti proprio dalla volontà dell’evento minore (le percosse o le lesioni) e dalla non volontà dell’evento più grave (la morte) e dal nesso di causalità tra l’azione diretta a cagionare il primo evento e quello più grave in concreto verificatosi.
Nel caso in esame appare quindi inconfutabile la conclusione a cui è pervenuta la Suprema Corte anche in conformità alla precedente decisione di appello, sulla penale responsabilità per omicidio preterintenzionale dei due carabinieri che spinti da una volontà lesiva ne hanno determinato la morte pur in assenza di una qualsivoglia volontà omicida.