Revoca patente di guida per alcol e droga

Quando la revoca della patente di guida è disposta a seguito delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187, non è possibile conseguire una nuova patente di guida prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato, fatto salvo quanto previsto dai commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 222. (Codice della Strada, art. 219, comma III-ter)

Fino al 2010 recuperare la patente di guida revocata per chi fosse stato pizzicato in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droga non era un problema insormontabile. L’unico “disturbo”, se così si può definire, consisteva nel rifare daccapo l’intera trafila per conseguire il documento, come viene fatto da un qualsiasi neopatentato.

A partire dal 2010, con l’introduzione di alcune modifiche al Codice della Strada, la situazione si fa molto più complicata. Come si può evincere dal testo sopraccitato, per poter conseguire una nuova patente di guida, il soggetto deve aspettare un periodo di tre anni a partire dalla data di accertamento del reato. Tuttavia, come si stabiliscono i tre anni? Il reato si intende accertato nel momento stesso in cui viene commessa l’infrazione o nel momento della condanna definitiva? Questo è quanto continua a chiedersi la giurisprudenza, fornendo giudizi favorevoli da entrambe le parti.

L’ultimo caso in lista è la sentenza di Cassazione n. 13508/2019, con la quale la Seconda sezione civile ha definito alcuni concetti espressi dall’articolo in esame.

In primo luogo, l’art. 291 «non consente di affermare che, nei casi di revoca della patente disposta come sanzione accessoria al reato di guida in stato di ebbrezza, la nuova patente possa essere conseguita trascorsi tre anni dalla data in cui la commissione del reato è stata "accertata dagli agenti verbalizzanti"». Se i tre anni si fanno decorrere dal momento in cui il reato è stato commesso, bisogna distinguere tra la sospensione cautelare e revoca della patente. La prima, infatti, viene disposta dalla Prefettura subito dopo l’infrazione e ha effetto anche senza una sentenza. La revoca, invece, è «un atto ad efficacia istantanea adottabile dall’autorità amministrativa» solo in seguito al passaggio in giudicato di una sentenza penale di condanna. Se ne deduce che il periodo di sospensione cautelare va sommato, e non accorpato, ai tre anni necessari per riprendere l’iter di conseguimento. Un periodo di tempo piuttosto lungo, visto che la sospensione cautelare coprirà l’intera tempistica del processo penale.

La sentenza n. 13508/2019, si inserisce così in una giurisprudenza piuttosto varia fatta di giudizi sfavorevoli per l’imputato (come questo) e altri più “morbidi”. Tra queste ultime si annoverano la sentenza n. 939/2019 del Tar del Veneto e l’ordinanza n. 11901/2018 del Tribunale di Bologna.

Tasso alcolemico: la polizia deve avvisare il guidatore

Quando le forze dell’ordine effettuano un prelievo di sangue su un guidatore, quest’ultimo deve essere sempre informato della facoltà di farsi assistere da un avvocato. A dirlo è la sentenza di Cassazione n. 11722/2019, secondo la quale l’obbligo di notifica si attiva non appena si rende necessario operare un prelievo anche per finalità che escludono la misurazione del tasso alcolemico. Per far sì che scatti l’obbligo, però, l’operazione deve essere espressamente richiesta dalle forze dell’ordine.

La giurisprudenza recente si è già occupata del caso. Si pensi ai casi in cui il personale sanitario viene visto come «longa manus della polizia giudiziaria» (sentenze n. 49371/2018 e 51284/2018, per esempio) o a quelli in cui la rivelazione del tasso alcolemico viene richiesto dal personale medico ai soli fini terapeutici. È stato necessario, quindi, operare un distinguo in un panorama assai confuso e vario in termini di casistiche possibili.

 

Emanuele Secco – giuridica.net

Fonti

Aci
Il Sole 24 Ore

 

 

Testo integrale (anonimizzato)

Penale Sent. Sez. 4 Num. 11722 Anno 2019
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 19/02/2019

Sentenza

sul ricorso proposto da:

E.F. nato a SIDERNO il

avverso la sentenza del 24/05/2018 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore F. M. che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto

  1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di E. F. dal Tribunale di Locri, con la quale questi è stato giudicato responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica [art. 186, co. 2 lett. c), co. 2-bis e co. 2- sexies Cod. str., commesso il 25A.2013] e condannato alla pena di un anno e sei mesi di arresto ed euro tremila di ammenda, con la statuizione della sospensione della patente di guida per due anni.
  2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. C. M. Con unico motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 186 Cod. str. e 114 disp. att. cod. proc. pen. per aver la Corte di Appello rigettato il motivo di appello con il quale si censurava la decisione del giudice di primo grado a riguardo della eccepita nullità derivante dall'aver omesso i verbalizzanti di dare all'E., prima di sottoporlo al prelievo ematico eseguito dai medici dell'ospedale di Locri, l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Considerato in diritto

  1. Il ricorso è fondato.
    3.1. Va dato atto che la commissione del reato risale al 25.9.2013, sicché, risultando pari a cinque anni il termine massimo di prescrizione e constatando che esso è decorso con il trascorrere del 25.9.2018, essendo stato correttamente instaurato il rapporto processuale, non ravvisandosi l'inammissibilità del ricorso (cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818), dovrebbe essere dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione.
    Tuttavia, nel caso che occupa questa Corte reputa che sussista la prova evidente dell'innocenza dell'imputato, ex art. 129 cod. proc. pen.; sicché l'annullamento della sentenza impugnata dovrà essere pronunciato perché il fatto non sussiste.
    3.2. La giurisprudenza di questa Corte ha progressivamente consolidato l'orientamento secondo il quale gli organi di polizia giudiziaria che intendono far eseguire il prelievo ematico finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico su persona che, siccome conducente coinvolto in un incidente stradale, sia stata condotta presso una struttura sanitaria, devono dare previo avviso alla medesima che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen. (ex multis, Sez. 4, n. 49371 del 25/09/2018 - dep. 29/10/2018, C, Rv. 274039; ).
    L'importante condizione apposta da tale giurisprudenza è che "l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 186, comma 5, cod. strada" (oltre alla già citata sentenza 49371/2018, Sez. 4, n. 51284 del 10/10/2017 - dep. 09/11/2017, P.G. in proc. L., Rv. 271935); talvolta si specifica quella condizione indicandola nell'ipotesi in cui "l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari a fini di cura della persona, ma su richiesta dalla polizia giudiziaria esclusivamente per finalità di ricerca della prova della colpevolezza di soggetto indiziato" (Sez. 4, n. 6514 del 18/01/2018 - dep. 09/02/2018, Tognini, Rv. 272225).
    Senonché, l'esatto significato della locuzione 'autonomamente richiesta' e come si coordini l'operato della p.g. con le cure apprestate dai sanitari è aspetto che merita di essere ulteriormente puntualizzato.
    Nella sentenza L. la Corte ha considerato un caso in cui il prelievo era stato eseguito non perché reso necessario dalle finalità di diagnosi e cura ma solo perché la p.g. lo aveva richiesto a fini di indagine; in tale decisione si è ribadito che quando l'accertamento del tasso alcolemico avviene nel contesto delle cure approntate dal personale sanitario della struttura, presso la quale il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro venga condotto, seguendo un protocollo che ha fini ben più ampi di quello esclusivo dell'accertamento del tasso di concentrazione alcolica, non essendo tale attività finalizzata alla ricerca delle prove di un reato, ma alla cura della persona e non avendo nulla a che vedere con l'esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto sottoposto a quel trattamento o a quelle cure, non sussiste alcun obbligo di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen. (aderendo così a sez. 4 n. 53293 del 27/09/2016; Rv. 268690; sez. 6 n. 43894 del 13/09/2016, Rv. 268505). Per contro, si è aggiunto, ove "l'esecuzione del prelievo da parte di personale medico non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia espressamente richiesta dalla polizia giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato nei confronti di soggetto già indiziato, il personale richiesto finisce per agire come vera e propria longa manus della polizia giudiziaria e, anche rispetto a tale accertamento, scatteranno le garanzie difensive sottese all'avviso di cui all'art.114 più volte richiamato [cfr., in termini, sez. 4 n. 3340 del 22/12/2016 Ud. (dep. 23 /01/2017), Tolazzi]. In tale ipotesi, cioè, la polizia giudiziaria non farebbe altro che avvalersi di una facoltà espressamente attribuita dalla legge: l'art. 348 co. 4, cod. proc. pen., prevede, per l'appunto, che «La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera»".
    Il discrimine posto da queste decisioni, che rappresentano l'indirizzo del tutto consolidato nell'attuale momento, è pertanto quello della provenienza, o se si vuole della titolaritàdella decisione di eseguire il prelievo: se essa è stata presa dai sanitari non è richiesto l'avviso; se è stata assunta dagli investigatori occorre dare l'avviso.
    Ma una simile ricostruzione, focalizzando l'attenzione sul solo atto del prelievo del campione biologico, soddisfa la necessità di chiarificazione solo parzialmente perché non esplicita quale disciplina deve trovare applicazione nei casi in cui i sanitari eseguono il prelievo ematico perché sul liquido biologico devono essere eseguite analisi per l'accertamento di valori suscettibili di indirizzare la diagnosi e la cura, tra i quali non è ricompreso il tasso alcolemico; ed è su questa decisione che però si innesta, non già la richiesta di procedere all'atto invasivo ma, quella di eseguire le analisi del campione biologico estendendo la ricerca ai valori del tasso alcolemico.
    Orbene, ritiene questa Corte che non v'è ragione di limitare l'obbligo di avviso al solo caso di richiesta di esecuzione del prelievo, perché la ratio che è stata rinvenuta a giustificazione di quell'obbligo ("la necessità dell'avviso non è ricollegata alla tipologia dell'accertamento esperito (esame spirometrico o clinico), ma alla funzione dell'atto e alla sua esclusiva vocazione probatoria", sentenza L.) è comune all'ipotesi in cui la p.g. si limiti a richiedere l'esecuzione di una ulteriore analisi su campione biologico prelevato per fini di diagnosi e cura.
    Sicché l'ipotesi in cui non c'è necessità di dare l'avviso è solo quella in cui gli stessi sanitari abbiano ritenuto di procedere per l'accertamento del tasso alcolemico e la p.g. rivolga una richiesta sostanzialmente inutile o si limiti ad acquisire la documentazione dell'analisi.
    3.3. Ciò premesso, va rilevato come nel caso di specie la Corte di Appello ha chiaramente ritenuto decisivo che fosse stato instaurato un protocollo terapeutico, in conseguenza del coinvolgimento dell'E. in un incidente stradale dal quale gli era derivata una compromissione dello stato di salute; ciò rendeva l'accertamento (che viene indicato come 'misurazione del tasso alcolemico') funzionale alla finalità curativa e attribuiva alla richiesta dei carabinieri "rilievo esclusivamente marginale".
    Senonché, alla luce di quanto si è qui ritenuto, non è scriminante tra le diverse ipotesi che la richiesta attenga all'esecuzione del prelievo o alla estensione delle analisi alla ricerca e alla misurazione del tasso alcolemico; solo se gli operanti si fossero limitati a richiedere la documentazione di un esame del sangue (tasso alcolemico) che era stato disposto dai sanitari per finalità terapeutiche non avrebbe avuto campo l'obbligo di previo avviso.
    Poiché la Corte di Appello non ha accertato che l'accertamento del tasso alcolemico era stato disposto dai sanitari a prescindere dalla sollecitazione rivolta dai Carabinieri, ed anzi lascia intendere il contrario, enfatizzando la connessione con il protocollo medico e scrivendo, a proposito di quest'ultima, di 'rilievo assolutamente marginale' (e non già di ininfluenza), deve ritenersi che nell'occasione doveva essere dato all'E. il previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia e che l'omissione di tale adempimento determina l'inutilizzabilità dell'esito dell'accertamentocon la conseguenza della assenza di prova dello stato di ebbrezza al tempo della guida dell'odierno ricorrente.
  2. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/2/2018.

Il Consigliere estensore
Salvatore Dovere

Il Presidente
Fausto Izzo

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