Il nonnismo in caserma: può essere punito?

Vediamo come contrastare il fenomeno del nonnismo in caserma

1. Cosa si intende quando si parla di “nonnismo”

1.1 Premessa

Prima di iniziare la nostra trattazione è bene precisare che il termine “nonnismo” non è entrato nel linguaggio comune in epoca moderna bensì risale agli anni della leva obbligatoria. In quegli anni, infatti, termini come “nonnismo”, “nonno” o ancora “burba” erano di uso comune, e non sempre avevano un’accezione negativa.

Per i più giovani, la figura del nonno poteva essere un riferimento; grazie alla sua esperienza, era in grado di guidare le “burbe” (nuove reclute) nel nuovo mondo.

Per completezza va posta l’attenzione su quelle che sono le tradizioni che ogni reggimento tramanda negli anni, ciò che avviene nelle caserme non sempre può essere ricollegato alla fattispecie in esame; e anche se tra “tradizione” e “nonnismo” sembra esistere una linea sottile è necessario saper scindere le due casistiche per non perdere le peculiarità dei reparti a cui appartengono i nostri militari.

1.2 Il nonnismo nel mondo giuridico

Passando ora ad analizzare il fenomeno a livello giuridico, è bene configurare quali sono i comportamenti riconducibili al nonnismo; con questo termine si fa riferimento a comportamenti ingiuriosi, violenti o intimidatori posti in essere dai militari più anziani nei confronti dei neo arruolati.

Tali comportamenti mirano ad imporre un insieme di regole differenti dalla reale disciplina militare. Per poter contrastare il fenomeno, sono state adottate numerose iniziative dallo Stato Maggiore dell’Esercito, come ad esempio la costituzione di una Commissione di esperti per indagare sul fenomeno in esame e ancora l’istituzione dell’ “Osservatorio permanente sulla qualità della vita nelle caserme e sui disagi sofferti dal personale”.

Ciò detto occorre precisare, che all’interno del sistema penalistico militare non vi è traccia di una norma che configuri il nonnismo come fattispecie incriminatrice e neppure come circostanza aggravante. Non avendo quindi una norma “ad hoc” si richiamano gli artt. 195 ss.c.p.m.p. - abuso di autorità, minaccia o ingiuria - artt. 222 ss. c.p.m.p. -percosse, minaccia e diffamazione- e ancora si può fare riferimento anche all’ art. 629 c.p. -estorsione-.

Occorre precisare che i delitti di abuso sopra citati (art. 195 e 196 c.p.m.p) sono stati oggetto di un riesame che ha portato all’eliminazione di alcune incongruenze presenti nell’ordinamento. Le fattispecie infatti, erano caratterizzate da una profonda diversificazione di trattamento sanzionatorio: le condotte di insubordinazioni venivano punite più gravemente delle condotte di abuso di autorità.

2. I reati contro la persona sono sufficienti per arginare i casi di nonnismo?

I reati contro la persona disciplinati dagli artt. 222 ss. c.p.m.p. vengono puniti con la reclusione fino ad un massimo di 6 mesi e sono sottoposti alla condizione di procedibilità della richiesta del comandante di corpo che oltretutto dovrà essere presentata entro un mese dal giorno in cui il comandante ha avuto notizia del fatto (si richiama l’ art. 260 c.p.m.p.).

La Corte Costituzionale, in merito, ha più volte posto l’attenzione sulla decisione del legislatore di non aver previsto, nel sistema penalistico militare, l’istituto della querela giustificando in tal modo la decisione di attribuire al Comandante di corpo la facoltà di scelta tra l’adozione di un provvedimento disciplinare o il ricorso all’autorità giudiziaria.

È bene sottolineare che in dottrina si è posta l’attenzione sull’impossibilità di conciliare l’art. 260 c.p.m.p. con i principi costituzionali; viene rilevato, infatti, che l’ordinamento penalistico militare riservi una tutela insufficiente ad alcuni diritti inviolabili della persona. Nonostante le numerose richieste dei giudici militari per apportare un significativo cambiamento e le innumerevoli critiche ricevute, la Corte Costituzionale ha ribadito che la peculiarità del personale militare rende fondata la diversità di trattamento rispetto alla generalità dei cittadini.

Un passo in avanti, seppur non sufficiente a colmare le lacune presenti nell’ordinamento militare, si è fatto con la proposta di Legge 6727, la quale ha previsto l’introduzione dell’art. 228-bis c.p.m.p. con il quale si punisce il militare che con l’uso della violenza, con minaccia o con abuso del grado ovvero della maggiore anzianità di servizio costringe un altro militare a tollerare, a fare o anche ad omettere qualcosa; senza però riferirsi esplicitamente al nonnismo.

La proposta di Legge sopra citata ha anche previsto che i reati di lesione, percosse, ingiuria e minaccia previsti, come detto in precedenza dagli articoli 222 ss. c.p.m.p. vengano aggravati qualora il fatto criminoso sia commesso con abuso della maggiore anzianità, in oltre, si è aggiunto che tali reati, possono essere perseguiti anche a querela della persona offesa e non più solo su richiesta del Comandante.

Nel corso degli anni sono state numerose le proposte di legge volte migliore le fattispecie esistenti ma, sfortunatamente, non hanno mai trovato seguito in Parlamento. Pertanto, le condotte riconducibili al nonnismo, devono ancora oggi, essere ricollegate alle casistiche esistenti; continuando ad incontrare limiti che difficilmente avranno la possibilità di essere superati. Si fa quindi sempre più forte la necessità di una normativa aggiornata e in grado di restare al passo con necessità in continua evoluzione.

3. Fonti Normative

Codice penale militare di pace: artt. 195 e seguenti, 222 e seguenti,
228-bis e 260
Codice penale: art. 629
Legge : n. 6727

Ilaria Mancini

 

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