Il condominio e il danno in ascensore
Non sempre le circostanze sono favorevoli per l’identificazione del danno da custodia.
Nella sentenza n. 32/2016 del Tribunale di Reggio Emila il ricorrente richiede il risarcimento dei danni a causa dei rilevanti danni fisici subiti dopo essere entrato nella cabina dell'ascensore collocato all'interno dell'abitazione in cui stava lavorando; non essendo il pavimento della cabina presente al piano di ingresso ma al piano inferiore egli è caduto rovinosamente nel vano ascensore. Secondo il ricorrente tale evento è sintomatico del malfunzionamento dell'ascensore, la cui cabina non avrebbe dovuto aprirsi a un piano diverso da quello in cui era presente il pavimento.
I convenuti del caso di specie sono tre: da un lato vi è la negligenza della società addetta alla manutenzione dell’ascensore, dall’altro vi è il condominio accusato di colpa custodiale ex art. 2051 c.c. ed infine vi è l’assicurazione su cui vi è l’obbligo di garantire il sinistro.
Concentriamoci sulla situazione del condominio. Il condominio del caso di specie resiste in giudizio evidenziando l’assenza di ogni sua responsabilità, avendo correttamente commissionato i lavori di modifica e manutenzione dell’ascensore prima dell’effettuazione del trasloco in questione (la vittima che richiede il risarcimento del danno è un lavoratore di una ditta di traslochi, feritosi durante lo svolgimento della sua attività lavorativa).
Chiarite le richieste processuali dell’attore e le resistenze del convenuto, è ora necessario farsi un’idea più precisa di cosa sia il danno da custodia. Da un combinato disposto di quello che stabilisce sinteticamente l’art. 2051 c.c. e la giurisprudenza di merito, custode è colui che ha il potere di vigilanza e di controllo sulla cosa; se il danno è prodotto dalla cosa in re ipsa si è nella ipotesi contemplata dall’art. 2051 c.c. mentre nel caso in cui il danno derivi dall’opera dell’uomo si è all’interno dell’art. 2043 c.c., ossia il danno da responsabilità extracontrattuale.
Il danno da custodia è dunque un caso di responsabilità oggettiva? No.
Sebbene sia previsto un regime probatorio molto rigido, il semplice fatto che sia possibile provare il contrario permette con sicurezza di fuoriuscire dall’oggettività del danno causato per approdare alla categoria della responsabilità aggravata.
Secondo l’art. 2051 del c.c. il soggetto è esente da colpa se il danno deriva da caso fortuito, ossia quell’evento imprevisto e imprevedibile che si inserisce nell’azione del soggetto escludendone la colpevolezza.
Preso atto della similitudine che sembra esistere con altri casi di responsabilità aggravata, come quella prevista nell’articolo successivo ossia la responsabilità per danni cagionati dagli animali ex art. 2052 c.c. che prevedono la prova liberatoria solo nel caso di caso fortuito, sembra che nel caso di specie non si possa escludere la colpevolezza del condominio.
Come può non essere considerata negligenza l’atteggiamento di un condominio che assume una società tanto distratta da commettere un errore così grossolano e facilmente evitabile?
Il Tribunale di Reggio Emilia non è decisamente dello stesso avviso; secondo la sentenza n. 32/2016 «non è esigibile un comportamento diverso e ulteriore da quello di aver stipulato un contratto di manutenzione dell’ascensore con società specializzata e autorizzata, e di avere fatto controllare da tecnici specializzati e a ciò preposti, il giorno prima dell’utilizzo, l’ascensore che si intendeva adoperare per un trasloco».
Nonostante la coerenza del suo ragionamento, la sentenza n. 32/2016 sembra dimenticare che secondo la CTU (consulenza tecnica d’ufficio) è ipotizzabile che i tecnici della società di manutenzione convenuta, nell’intervallo di tempo intercorrente tra l’incidente occorso all’attore e l’arrivo dei soccorsi, abbiano tentato di ripristinare i corretti cablaggi all'interno della serratura, tentando di svolgere in modo goffo e in malafede un operazione non difficile ma che richiedeva tempistiche più ampie.
Alla luce di ciò è legittimo chiedersi non solo come sia possibile una svista così marchiana da parte del giudice ma anche come sia possibile che chi di dovere abbia autorizzato una società del genere; non solo essa ha agito in modo colposo, procurando un danno ampiamente evitabile nella sua gravità, ma anche in modo doloso, tentando di occultare maldestramente il suo non corretto operato.
Forse la colpa più grave è proprio ascrivibile a quest’ultimo soggetto, né concretamente identificato né convenuto.
Quis custodiet ipsos custodes?