Successione necessaria: diritti, quote e normativa
Scopri come funziona la successione necessaria: chi sono gli eredi legittimari, quali quote spettano e come impugnare un testamento lesivo.
Se vuoi comprendere appieno i diritti ereditari e come la legge italiana tuteli in maniera privilegiata coniuge, figli e altri familiari, questa guida ti accompagnerà passo passo. Approfondiremo le basi normative, le quote di legittima, cosa fare in caso di testamenti e donazioni che ledano tali diritti e i possibili rimedi giuridici previsti. Leggi l’articolo per scoprire tutti i dettagli sulla successione necessaria e le sue peculiarità.
Cos’è la successione necessaria?
Definizione e significato
La successione necessaria – detta anche dei legittimari – integra la disciplina generale in materia successoria, affiancandosi – coesistendo rispetto - a quella testamentaria e a quella legittima, avendo un fondamento giuridico autonomo. I diritti successori applicabili in sua esecuzione sono attribuiti direttamente dalla legge. L’istituto risponde a quello che è definito come principio dell’inderogabile solidarietà familiare, che prevale addirittura sulla volontà del testatore di indirizzo contrario e trova titolo nel diritto di riserva (o legittima) dei legittimari, soggetti ai quali si prevede che debba necessariamente essere destinata una quota parte dell’intero asse ereditario.
Quest’ultimo ricomprende:
- i diritti compresi nell’eredità (il cosiddetto relictum o residuo);
- tutti i beni che il defunto abbia fatto oggetto di donazione quando era in vita.
In concreto, quindi, la successione necessaria svolge una funzione in qualche modo limitativa delle disposizioni testamentarie, limitandone gli effetti qualora le disposizioni inserite dal testatore vadano ad intaccare, minandole, le quote spettanti agli eredi necessari.
Differenza tra successione necessaria e testamentaria
Sussiste, quindi, una differenza sostanziale tra successione testamentaria e successione necessaria.
La successione testamentaria è, infatti, quella che rinviene il fondamento applicativo nel testamento – olografo, segreto o pubblico – che il soggetto interessato abbia sottoscritto in vita per disporre delle proprie sostanze in riferimento al momento in cui avrà cessato di vivere.
La disciplina della successione necessaria, invece, trae origine dall’esigenza di tutelare in maniera privilegiata alcuni membri della famiglia.
Questi soggetti si identificano negli eredi legittimari, come meglio verranno identificati nel prosieguo, e la legge riserva loro una determinata quota del patrimonio del soggetto defunto, anche qualora la riserva contrasti nettamente con la volontà e le determinazioni di quest’ultimo.
Si può, quindi, affermare che la successione necessaria prevale sulla successione testamentaria.
Nel prosieguo si tenterà di identificare gli eredi necessari, le quote di spettanza e i rimedi esperibili in caso di lesione delle quote di legittima.
Chi sono gli eredi necessari o legittimari?
Gli eredi necessari o legittimari sono identificati espressamente nel coniuge del defunto, nei figli e, in via residuale, negli ascendenti.
In proposito, si deve sottolineare che le riforme legislative intervenute nel corso degli ultimi decenni hanno introdotto una serie di novità di cui si dirà a breve.
Coniuge
Come anticipato, il primo dei soggetti che assurgono alla qualifica di eredi necessari è identificato nel coniuge, ossia ciascuna delle due persone unite da matrimonio valido ai fini civili, sia che si tratti del marito sia che si tratti della moglie.
In questo contesto deve effettuarsi una precisazione.
Con la legge n. 76 del 20 maggio 2016 è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso e, tra l’altro, la relativa disciplina contempla anche per le parti di tali unioni l’applicabilità delle disposizioni sui legittimari.
Figli
Seconda categoria di successori considerati necessari è quella che ricomprende i figli.
A seguito dell’intervento della riforma del diritto di famiglia e dell’introduzione della normativa in materia di adozione il concetto di “figlio” deve essere interpretato in senso ampio.
In esso, infatti, devono essere sussunti sia i figli una volta definiti legittimi, da intendersi quali quelli nati in costanza di matrimonio, sia i figli cosiddetti naturali, ossia quelli nati al di fuori del matrimonio.
A far data dal 2 gennaio 2013 è stato, infatti, riformato il disposto dell’articolo 315 del codice civile, il quale risulta intitolato allo stato giuridico della filiazione e dispone che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, così equiparandoli ad ogni effetto di legge.
Parimenti risultano essere ricompresi nella disciplina applicabile in materia successoria anche i figli adottivi.
Ascendenti
Tra gli eredi necessari si annoverano, infine, nell’eventualità in cui il soggetto defunto non abbia avuto figli, gli eventuali suoi ascendenti ancora in vita (genitori, nonni, bisnonni).
A ciascuna delle categorie appena evocate il codice civile riserva una quota determinata dell’asse ereditario.
Quote di legittima nella successione necessaria
Il codice civile prevede una regolamentazione puntuale volta a consentire di definire in maniera esatta l’entità della quota di riserva spettante a ciascun soggetto legittimario anche per il caso in cui concorrano tra loro.
Le disposizioni che vengono in questione sono quelle di cui agli articoli 540 e seguenti del codice civile.
Percentuali previste dal Codice Civile
Il codice civile nel prevedere la disciplina della successione necessaria fissa anche le percentuali di proprietà spettante a ciascun legittimario per legge e così riassumibili:
- in caso non vi siano figli al coniuge spetta la metà del patrimonio del coniuge defunto, oltre, in ogni caso, il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, il diritto d’uso sui mobili che la arredano se la casa sia di proprietà del defunto o di proprietà comune o indivisa;
- nell’eventualità oltre al coniuge succeda un figlio spetta di diritto un terzo del patrimonio del de cuius a testa;
- qualora oltre al coniuge succedano due o più figli a questi ultimi la legge riserva complessivamente la metà del patrimonio del genitore defunto (da suddividersi in parti uguali), mentre al coniuge spetta una quota pari ad un quarto del patrimonio;
- se non vi siano figli, ma vi siano ascendenti e il coniuge sia ancora in vita a quest’ultimo è riservata la quota della metà del patrimonio, mentre agli ascendenti spetta una quota pari ad un quarto del patrimonio (da ripartirsi tra loro secondo criteri ben precisi, ossia: per metà agli ascendenti in linea materna e per metà agli ascendenti in linea paterna se sono tutti di pari grado; se si tratta di ascendenti di grado differente l’eredità viene devoluta all’ascendente di grado più vicino senza distinzione di linea).
Esempi pratici di divisione del patrimonio
Ad esempio, se al testatore succedono il coniuge e due figli quale che sia il contenuto delle disposizioni testamentarie agli stessi è riservato rispettivamente un quarto del valore del patrimonio complessivo, mentre ai figli la metà. Ne discende che la quota di cui può validamente disporsi in tal caso è pari ad un quarto dell’asse ereditario complessivamente valutato e calcolato sommando al relictus anche tutte le donazioni effettuate dal testatore nel corso della propria esistenza.
Differenze tra testamento e successione legittima
Il rapporto tra testamento e successione legittima, quindi, è riassumibile nel fatto che quest’ultima, essendo destinataria di una quota predeterminata e destinata del patrimonio del defunto, ha funzione di limitare la facoltà di disporre riservata al testatore, riducendola in caso si dia luogo a violazione.
Lesione della legittima: quando avviene?
Testamenti lesivi della quota di legittima
Come si è avuto modo di evidenziare al paragrafo precedente, la legge determina in modo puntuale la quota di legittima spettante ai legittimari – coniuge, figli, ascendenti –, quota che deve ritenersi inattaccabile al fine di garantire il principio di solidarietà familiare anche in fase ereditaria.
Può accadere nella pratica che un soggetto, il testatore, proceda, invero, nel corpo del testamento ad inserire disposizioni per un ammontare complessivo che eccede la quota disponibile. In tal modo, quindi, il disponente va ad intaccare anche la quota di legittima di spettanza dei legittimari.
Questi ultimi, quindi, si vedono privare di un diritto o vedono il proprio diritto, comunque, gravemente scemare in conseguenza delle determinazioni del testatore.
Donazioni che riducono la quota ereditaria
Le disposizioni testamentarie volte a ripartire i beni di proprietà del testatore non sono, tuttavia, le sole a poter mettere a rischio e intaccare, ledendoli, i diritti dei legittimari e, quindi, le quote ereditarie loro spettanti.
Un’altra operazione che rischia di poter intaccare, violandola, la quota di legittima riservata ai legittimari è quella relativa alle donazioni eventualmente poste in essere anche nel corso della vita da parte del defunto.
Può, infatti, accadere che il testatore effettui donazioni di beni in misura che eccede la quota disponibile delle sue sostanze. In tal caso, ancora una volta, i legittimari rischiano al momento dell’apertura della successione di non potersi vedere corrispondere l’intera quota che dovrebbe essere loro riservata.
Diritti degli eredi lesi
Ci si chiede, quindi, cosa possa fare il successore legittimario che abbia visto leso il proprio diritto sull’eredità dalle disposizioni testamentarie o dalle donazioni effettuate dal testatore in spregio alle quote di riserva a lui destinate.
In tali evenienze il legislatore mette a disposizione del legittimario pretermesso o, comunque, danneggiato un istituto di fondamentale importanza, consistente nell’azione di riduzione, azione volta a reintegrare la quota di legittima lesa. Tale reintegrazione viene disposta dal Giudice adito a seguito di un puntuale accertamento e della ricostruzione della massa ereditaria (tramite la privazione degli effetti delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima riservata a ciascun legittimario).
Conseguenza è quella di attuare un aggiornamento della divisione ereditaria in maniera rispettosa delle norme.
Azione di riduzione e reintegrazione della legittima
Cos’è l’azione di riduzione
L’azione di riduzione è la forma di tutela riconosciuta ai legittimari che si ritengano lesi dalle disposizioni testamentarie ed è volta ad ottenere giudizialmente la reintegrazione della quota di legittima, così come determinata dagli articoli 556 e seguenti del codice civile e come meglio specificate ai punti precedenti.
Nella sostanza si tratta di un’azione: di accertamento costitutivo, che constata l’esistenza della lesione della legittima; di inefficacia relativa e sopravvenuta della disposizione testamentaria lesiva, operando in modo tale da considerare come mai avvenuto nei confronti del legittimario il trasferimento posto in essere dal testatore; personale, essendo volta a spiegare effetto verso specifici soggetti; con effetti retroattivi reali perché gli effetti retroagiscono al momento dell’apertura della successione (ossia al momento in cui si è in concreto perfezionato l’effetto lesivo).
L’azione in questione è, quindi, volta a reintegrare l’eredità spettante agli eredi legittimi, mediante affermazione dell’inefficacia delle disposizioni testamentarie o delle donazioni per mezzo delle quali il testatore ne ha intaccato le rispettive quote.
Chi può esercitarla e in quali casi
L’azione di riduzione può, quindi, essere esercitata dai legittimari (coniuge, figli e ascendenti), cui spetta ex lege una quota del patrimonio del defunto e che si ritengano lesi dalle disposizioni testamentarie, ovvero agli eredi ed aventi causa di questi.
La casistica applicativa concreta ricomprende tutte le situazioni in cui, per effetto delle disposizioni testamentarie ovvero delle donazioni attuate nel corso dell’esistenza, l’ammontare dell’asse ereditario sia stato ridotto in maniera tale da intaccare, riducendola oltre la soglia prevista dalla legge, le quote spettante ai legittimari.
Tempi e modalità legali
L’azione di riduzione si esercita mediante avvio di un giudizio di cognizione a seguito della notifica di un atto di citazione, ma solo in seguito al previo esperimento di un tentativo di mediazione obbligatoria considerata quale vera e propria condizione di procedibilità.
Il giudizio si conclude con una sentenza che è idonea a spiegare effetti esclusivamente nei confronti dei legittimari che abbiano proposto il giudizio e con la quale il giudice, se accerti la lesione della quota, dichiarerà l’inefficacia delle disposizioni testamentarie o delle donazioni lesive della legittima così reintegrando il soggetto legittimario nei diritti lui spettanti. I beni, quindi, si considerano come se non fossero mai usciti dal patrimonio del testatore.
L’azione di riduzione, peraltro, deve essere esercitata entro e non oltre il termine di dieci anni dall’apertura della successione.
La rinuncia alla quota di legittima
È possibile rinunciare alla quota?
L’erede legittimario può, in ogni caso, decidere di rinunciare alla quota di legittima riservatagli dalla legge.
L’esercizio del diritto di rinuncia all’eredità, anche per il soggetto legittimario è, infatti, libero e può discendere da autonome determinazioni sul punto.
In concreto, la rinuncia si manifesta come un atto con il quale il legittimario dichiara espressamente di non voler acquistare la quota di eredità nella misura corrispondente alla quota riservatagli dalla legge. In tal modo, pertanto, vengono a cessare nei suoi confronti tutti gli effetti relativi all’apertura della successione, rispetto alla quale egli resta, quindi, del tutto estraneo.
Procedura di rinuncia e implicazioni
La rinuncia del legittimario alla propria quota di legittima consiste nella dichiarazione espressa con la quale il titolare del diritto dichiara di rinunciare al diritto di succedere riservatogli dalla legge.
La dichiarazione di rinuncia non può essere assoggettata a condizioni o termini né limitata a una sola parte dell’eredità a pena di nullità e improduttività di effetti.
Non può nemmeno essere effettuata dietro corrispettivo o a favore solo di taluni degli altri chiamati all’eredità, in caso contrario sortendo l’effetto contrario di fungere da accettazione.
Può essere esercitata nel termine perentorio di dieci anni dalla data della morte del testatore, salvo il caso in cui penda l’accertamento giudiziale dello stato di figlio, ipotesi nella quale il termine inizia a decorrere dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di accertamento.
L’atto di rinuncia può essere revocato in qualsiasi momento fino a che l’eredità non sia stata medio tempore acquistata da altri e il diritto di accettarla non si sia ancora prescritto.
Non può procedere a rinunciare alla quota di legittima e, quindi, all’eredità nella misura destinatagli dalla legge il legittimario che abbia sottratto o nascosto beni compresi nell’asse ereditario. In tal caso, invero, assume la veste di erede puro e semplice.
Effetti sui restanti eredi
La rinuncia alla quota di legittima formulata dal legittimario ha come effetto principale quello di incrementare in maniera proporzionale le quote di eredità che spettano agli altri eredi.
Si attua, quindi, una redistribuzione della quota rinunciata in parti uguali tra le quote nella titolarità degli altri.
Successione necessaria e donazioni
Come le donazioni influiscono sull’asse ereditario
La donazione è definita come il contratto mediante il quale, per spirito di liberalità, un soggetto arricchisce un altro soggetto, disponendo in suo favore di un suo diritto o assumendo verso di esso un’obbligazione.
Per quanto attiene alla rilevanza della donazione in rapporto all’eredità si evidenzia come essa sia considerata una sorta di anticipo di eredità ogniqualvolta tramite essa si attua una violazione delle quote ereditarie, anche in presenza di testamento. Pertanto, gli atti dispositivi di liberalità compiuti dal testatore quando era ancora in vita sono considerati come un anticipo sulla quota ereditaria da considerarsi a scomputo di quest’ultima.
Fanno eccezione solo ed esclusivamente le donazioni intervenute tra coniugi che abbiano, tuttavia, un valore modesto.
Calcolo della quota di legittima in presenza di donazioni
Nel caso in cui il testatore abbia effettuato nel corso della vita delle donazioni, che, come si è visto, assumono la natura di anticipazione dell’eredità, occorre procedere al calcolo corretto dell’ammontare della quota di legittima.
A tanto si procede effettuando il calcolo computando nell’asse ereditario anche il valore dei beni che hanno formato oggetto della donazione.
Si deve, infatti, sommare al cosiddetto relictum, ossia al patrimonio del testatore al momento della morte o al momento dell’apertura della successione, sommare il valore complessivo dei beni donati e, quindi, procedere a calcolare l’ammontare esatto delle quote da destinare a ciascuno degli eredi, ivi compresi i legittimari.
Bisogna avere particolare riguardo alla valutazione delle donazioni effettuate in favore di un erede a danno di uno o più degli altri.
Azione di restituzione
Nel caso in cui si accerti che siano effettivamente state poste in essere dal testatore quando era in vita donazioni che hanno avuto l’effetto di ledere la quota di legittima spettante a uno degli eredi necessari o legittimari è necessario procedere alla reintegra della quota mediante l’esercizio dell’azione di restituzione.
La reintegra della quota può avvenire secondo diverse modalità: per equivalente o per compensazione, qualora non sia possibile la restituzione dei beni donati in natura.
La reintegra, peraltro, può essere richiesta solo previa ricostruzione della massa ereditaria con attribuzione del valore esatto dei beni che entrano a far parte dell’eredità, avendo cura di esaminare il rapporto tra donazioni ed eredità.
Impugnazione di un testamento lesivo della legittima
Quando un testamento può essere impugnato
Il testamento può essere fatto oggetto di impugnazione nelle ipotesi in cui sia affetto da nullità formali e/o sostanziali.
Tra le ipotesi di invalidità sostanziale deve essere annoverata anche quella di violazione della quota di legittima, ossia quando, come si è già detto, l’erede si veda destinare un bene o una quota di eredità inferiore a quella che dovrebbe spettargli per legge.
In tal caso, al legittimario pretermesso o leso nel suo diritto è attribuito il diritto di impugnare il testamento per var valere le sue ragioni e, conseguentemente, avviare un giudizio di cognizione ordinaria nel corso del quale esercitare l’azione di riduzione, ossia l’azione legale che gli consente di ridurre proporzionalmente le disposizioni testamentarie o le donazioni effettuate in vita che abbiano comportato la riduzione della quota di sua spettanza.
Procedura legale e termini per l’azione
La procedura legale da seguire per sollevare la questione relativa alla lesione della legittima da parte del testatore è, quindi, quella dell’azione di riduzione, che ha l’effetto di rendere inefficaci le disposizioni testamentarie e le donazioni effettuate e lesive della quota di legittima.
L’azione de qua può essere esercitata contro gli eredi, i legatari e i donatari nel termine di dieci anni dalla data di apertura della successione.
Tramite essa il soggetto legittimario leso chiede, nella sostanza, la restituzione dei beni o delle somme e presuppone che sia possibile fornire la prova della circostanza che i beni donati o lasciati in eredità eccedono il valore della quota di legittima spettante al soggetto impugnante.
Conseguenze sulla divisione dell’eredità
Le conseguenze dell’esercizio dell’azione di riduzione, in caso di accoglimento della stessa, sono quelle di ricondurre la successione ereditaria che trae origine nel testamento ad equità. Tramite essa, infatti, i legittimari possono esercitare i propri diritti al fine di ottenere dal giudice una pronuncia con la quale si dia attuazione ad una ripartizione adeguata e ossequiosa dei principi fissati dalla normativa civilistica in materia.
L’effetto dell’azione della riduzione è, quindi, quello di raggiungere un nuovo assetto della divisione dell’eredità che non contrasti più con i diritti dei legittimari.
Successione necessaria e debiti ereditari
Gli eredi sono obbligati a pagare i debiti?
Può accadere che l’asse ereditario sia composto non solo da beni e crediti, ma anche da debiti che il testatore de cuius abbia contratto nel corso della vita.
Di norma l’asse ereditario si compone di tutte le poste attive e passive riconducibili al testatore al momento della morte e può anche accadere che, complessivamente valutato, esso risulti essere di segno negativo, ossia che l’ammontare dei debiti superi quello dei crediti.
Ci si chiede se in tal caso gli eredi siano in ogni caso tenuti a saldare i debiti ereditari.
Orbene, in proposito deve osservarsi come gli eredi siano tenuti a pagare i debiti ereditari nell’eventualità in cui procedano ad accettare senza riserve l’eredità stessa.
Tuttavia, si sottolinea come spesso i debiti siano di ammontare tale da rendere assolutamente sconveniente per l’erede accettare l’eredità.
L’ordinamento giuridico italiano prevede, in ogni caso, alcuni istituti volti a consentire all’erede chiamato la possibilità di sottrarsi agli obblighi di pagamento dei debiti ereditari.
Si tratta dell’accettazione con beneficio di inventario e della rinuncia all’eredità.
Accettazione con beneficio d’inventario
Accettando l’eredità con beneficio di inventario l’erede è tenuto a pagare i debiti ereditari, ma solo ed esclusivamente nei limiti di quanto ha ereditato.
In concreto, per l’effetto di tale forma di accettazione dell’eredità il patrimonio del testatore e quello dell’erede non si fondono, ma restano tra loro separati e l’erede è tenuto a pagare i debiti solo nei limiti di quanto ricevuto in eredità. Ne consegue che eventuali creditori del defunto non potranno aggredire per soddisfare le proprie ragioni il patrimonio dell’erede.
Quando è conveniente rinunciare all’eredità
Può accadere che il patrimonio del testatore sia composto per la stragrande maggioranza da passività, tali da rendere sconveniente per l’erede accettare l’eredità.
In tal caso, l’ordinamento consente al successore il diritto di rinunciare all’eredità.
La rinuncia, peraltro, non può essere limitata o soggetta a condizioni e termini.
Domande frequenti sulla successione necessaria
Risposte ai dubbi più comuni
- Qual è la differenza tra successione necessaria e successione testamentaria?
La successione testamentaria rinviene fondamento applicativo nel testamento – olografo, segreto o pubblico – che il soggetto interessato abbia sottoscritto in vita.
La disciplina della successione necessaria, invece, tutela in maniera privilegiata alcuni membri della famiglia, gli eredi legittimari, riservando loro una determinata quota del patrimonio del soggetto defunto, anche qualora la riserva contrasti con la volontà e le determinazioni di quest’ultimo.
Si può affermare che la successione necessaria prevale sulla testamentaria. - Come si calcolano le quote della successione necessaria?
Le quote della successione ereditaria si calcolano avendo riguardo a quanto disposto espressamente dalle disposizioni codicistiche in considerazione delle diverse ipotesi in cui a succedere al testatore siano:- solo il coniuge;
- il coniuge e un solo figlio;
- il coniuge e più figli;
- il coniuge e gli ascendenti;
- solo i figli;
- solo gli ascendenti.
- È possibile escludere un erede legittimario dal testamento?
Al testatore è sempre concessa la possibilità di escludere un erede legittimo dal testamento.
In particolare, la legge gli consente di procedere inserendo una clausola di diseredazione. La predetta clausola deve essere espressa nel corpo del testamento ed indicare la precisa volontà del testatore di escludere quel soggetto dalla successione a causa di indegnità nei casi espressamente previsti per azioni di particolare rilevanza anche penale o per sua semplice volontà. - Cosa fare se il testamento lede la quota di legittima?
Se il testamento lede la quota di legittima al legittimario pretermesso o, comunque, danneggiato dal testamento è concessa la possibilità di impugnare il testamento ovvero di esercitare, nel termine di dieci anni dalla data di apertura della successione, l’azione di riduzione, diretta a reintegrare le quote testamentarie a lui spettanti. L’azione di riduzione, peraltro, può essere esercitata anche quanto la lesione della quota sia conseguenza di donazioni eseguite in vita. - Le donazioni fatte in vita rientrano nella successione necessaria?
La risposta al quesito è sicuramente affermativa.
Il calcolo della quota di legittima riservata agli eredi necessari o legittimari deve essere effettuato, infatti, facendo rientrare nella valutazione dell’asse ereditario anche tutte le donazioni che il testatore abbia effettuato nel corso della propria esistenza e che si evinca abbiano avuto effetti sostanzialmente lesivi delle quote di legittima stesse, divenute per l’effetto incapienti o insufficienti nei confronti dei diritti spettanti ai legittimari.

Chiara Biscella
Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...