TFR non pagato - cosa fare
Il trattamento di fine rapporto, o TFR, è una somma di denaro che spetta ai lavoratori al termine del rapporto di lavoro. Tuttavia, in alcune situazioni, il TFR può non essere pagato correttamente o addirittura non essere pagato affatto.
cos’è il TFR e perché è importante?
TFR è l’acronimo di “trattamento di fine rapporto, il quale consiste un una prestazione economica che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore con il quale intercorre un rapporto di lavoro subordinato qualora il quest’ultimo cessi per un qualsiasi motivo e, pertanto, sia nel caso in cui il lavoratore rassegni le proprie dimissioni o raggiunga l’attività pensionabile sia nel caso in cui venga licenziato.
Esso si compone di una quota di retribuzione che spetta al lavoratore trattenuta per quote annuali, ma il cui pagamento viene effettuato in maniera differita.
La quantificazione viene effettuata, secondo il sistema di calcolo attuale, sommando per ogni anno di prestazione lavorativa una cifra pari all’ammontare complessivo della retribuzione spettante per quell’anno divisa per 13,5.
La cifra così ottenuta dovrà poi essere annualmente assoggettata a rivalutazione nella misura del 75% del tasso di inflazione, oltre ad una quota fissa dell’1,5%. Solo nei casi espressamente indicati dalla legge (eventuali spese sanitarie per interventi straordinari che siano riconosciuti dal sistema sanitario nazionale, acquisto della prima casa per sé o per i figli attestato da documentazione notarile regolarmente stilata, spese da affrontare durante i periodi di fruizione dei congedi parentali e per formazione del lavoratore) il lavoratore può chiedere un’anticipazione del TFR anche in costanza di rapporto ove ne ricorrano le condizioni, che possono essere riepilogate nelle seguenti:
- il lavoratore deve aver prestato la propria attività per almeno 8 anni presso uno stesso datore di lavoro;
- l’anticipazione può essere concessa nella misura massima del 70% del trattamento di fine rapporto spettante al momento in cui viene presentata la domanda (cosicché il 30% rimane a corresponsione differita);
- può essere corrisposto solo nei limiti del 10 % degli aventi titolo e, comunque, del 4 % del numero totale dei dipendenti;
- in ogni caso, può essere corrisposta solo una volta nel corso dell’intero rapporto di lavoro.
Obblighi del datore di lavoro: la legge italiana e la gestione del TFR
Nel paragrafo precedente si è avuto modo di esporre brevemente qual è l’attuale sistema vigente in tema di pagamento del TFR da parte del datore di lavoro e la cui disciplina è puntualmente prevista dall’articolo 2120 del codice civile. In questa sede sembra opportuno sottolineare che l’accantonamento, la gestione e il pagamento al momento della fine del rapporto di lavoro costituiscono per il datore di lavoro dei veri e propri obblighi, il cui inadempimento non sono privi di conseguenze giuridiche.
Cause della mancata erogazione del TFR: responsabilità del datore di lavoro
Può accadere che, nonostante le previsioni di legge o di contratto, il datore di lavoro ometta, per le più svariate ragioni, il pagamento della retribuzione straordinaria. Orbene, sul punto preme sottolineare che, lungi dal costituire un fatto meramente privato e privo di conseguenze giuridiche, la mancata ottemperanza agli obblighi imposti dalla legge in materia di trattamento di fine rapporto comporta la responsabilità per il datore di lavoro che non abbia provveduto Il datore di lavoro che non abbia provveduto può vedersi fare causa dal lavoratore e nel giudizio può essere chiamato anche il (legale rappresentante del) Fondo prescelto.
Il fine del lavoratore è quello di ottenere la condanna del datore di lavoro alla reintegra della sua posizione previdenziale. E, infatti, il datore di lavoro può andare incontro a una condanna al versamento delle somme dovute e non ancora versare al fondo previdenziale che sia stato scelto direttamente dal lavoratore.
Come verificare se il TFR è stato correttamente versato: strumento e metodologie
Il lavoratore ha a disposizione alcune alternative per verificare se il TFR spettantigli sia stato correttamente versato. Orbene, innanzitutto, conoscendo a grandi linee la misura annuale accantonata dal datore di lavoro e come brevemente esposta nel primo paragrafo della presente trattazione, il lavoratore può dedurne l’avvenuto pagamento direttamente dalla busta paga.
Infatti, di norma in essa viene indicato precipuamente sia quanto si è maturato a titolo di TFR nel mese di riferimento (ossia quello relativo alla retribuzione corrisposta) sia il totale complessivo di quello accantonato dal datore di lavoro dall’inizio del rapporto di lavoro subordinato. In molti casi, inoltre, si rinviene nel documento anche l’indicazione del TFR complessivamente corrisposto nell’anno lavorativo precedente.
Un ulteriore tipo di verifica che il lavoratore può effettuare è quello cui è dato procedere a mezzo del sito INPS seguendo il seguente percorso:
- www.inps.it cercare il “fascicolo previdenziale del cittadino”
- inserire le proprie credenziali di accesso
- selezionare nel menù a tendina sulla sinistra la voce “prestazioni” e successivamente quella “pagamenti” e ancora “riepilogo pagamenti” per verificare tutte le comunicazioni pervenute e la regolarità delle corresponsioni.
Azioni da intraprendere in caso di mancato pagamento del TFR
Orbene, a questo punto della trattazione sembra opportuno comprendere quali azioni possano essere intraprese dal lavoratore qualora intenda far riconoscere il proprio diritto ad ottenere il pagamento delle TFR non corrispostogli dal datore di lavoro. Innanzitutto, è possibile diffidare il datore di lavoro all’adempimento del TFR non pagato, inviandogli, tramite l’intervento di un avvocato, una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno ovvero una pec (equiparata ai sensi di legge alla prima).
Ancora, sembra possibile tentare una soluzione concordata con il datore di lavoro, una soluzione per così dire bonaria, mediante presentazione di un’istanza di mediazione ad un organismo di mediazione;
Infine, ove le predette soluzioni non consentano di raggiungere l’esito auspicato è possibile promuovere una causa di cognizione ordinaria, volta all’accertamento della circostanza che al lavoratore spettano le somme giudizialmente richieste a titolo di trattamento di fine rapporto.
La mediazione: una soluzione per risolvere la controversia tra datore di lavoro e lavoratore
Ove possibile si consiglia sempre di cercare di risolvere i conflitti in via amichevole, ricorrendo agli strumenti di composizione stragiudiziale messi a disposizione dall’ordinamento. Tra essi si rammenta, innanzitutto, oltre allo strumento della conciliazione, il procedimento di mediazione, che sfrutta l'attività professionale svolta da un terzo – il mediatore, appunto -, che sia imparziale e, quindi, non abbia interessi connessi ad alcuna delle parti, e volta ad assistere i soggetti coinvolti nella ricerca di un accordo per la composizione della questione o nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
Il raggiungimento di una soluzione frutto di accordo tra le parti è sempre preferibile, infatti, rispetto ad ogni ulteriore e diversa, in quanto di norma conduce ad un parziale soddisfacimento delle ragioni di tutti i soggetti coinvolti (nel caso di specie il lavoratore e il datore di lavoro).
Al fine di avviare un procedimento di mediazione è necessario rivolgersi ad un legale, che possa presentare l’istanza all’organismo di mediazione territorialmente competente e seguire in tutto l’iter a quest’ultima connessa, ivi compresa la partecipazione all’incontro/agli incontri che verrà/verranno fissato/fissati.
Ricorso alle vie legali: quando è necessario e come procedere
Qualora, nonostante siano stati esperiti, i tentativi di raggiungimento di un componimento bonario non abbia sortito esito positivo e, quindi, non sia stato raggiunto un accordo tra le parti, in assenza di pagamento spontaneo da parte del datore di lavoro, l’unica alternativa che resta da percorrere è quella di instaurare un giudizio, durante il quale chiedere al magistrato procedente che accerti il mancato pagamento da parte del datore di lavoro di somme dallo stesso dovute al lavoratore per il trattamento di fine rapporto pagato.
A tal fine occorre notificare al datore di lavoro un atto di citazione con il quale lo si convoca all’udienza che verrà fissata e con la quale prenderà avvio, appunto, il giudizio. Si deve, in proposito, precisare che per lo svolgimento delle attività giudiziali è indispensabile avvalersi dell’attività professionale di un avvocato, al quale dovrà essere rilasciata procura ad hoc.
L’accertamento giudiziale dell’insolvenza da parte del datore di lavoro sarà tanto più facile quante più prove il lavoratore sia in grado di produrre durante la fase introduttiva e la successiva fase istruttoria. In proposito si rammenta l’importanza delle verifiche circa il corretto versamento di cui si è già fatto cenno in precedenza.
Il ruolo dell’INPS nel pagamento del TFR e le modalità di richiesta
Oltre alle ipotesi in cui il lavoratore presti la propria attività per un ente pubblico vi sono ipotesi in cui è l’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) a corrispondere il TFR ai lavoratori dipendenti di aziende private. Si tratta dei casi in cui le suddette aziende sono assoggettate a procedura fallimentare o a procedure concorsuali e che, in quanto attraversano una fase di crisi aziendale, non sono in grado di ottemperare agli obblighi di tipo retributivo cui sarebbero tenuti ex lege. A ciò l’INPS provvede mediante il servizio denominato come “Fondo di Garanzia”, dedicato, appunto, ai dipendenti di aziende in crisi e che si siano visti negare dal datore di lavoro i pagamenti relativi al TFR e fino anche alle tre ultime mensilità, ivi comprese tredicesima e quattordicesima e prestazioni di malattia o periodo di maternità. Possono accedere al Fondo di Garanzia:
- lavoratori dipendenti;
- i loro eredi a carico (ossia coniuge, figli, parenti fino al terzo grado e affini fino al secondo;
- cessionari del TFR a titolo oneroso.
Come ovvio, i suddetti soggetti possono accedervi solo ove il rapporto di lavoro con la società in crisi sia effettivamente cessato e in seguito il dipendente abbia maturato il diritto a ricevere il TFR. Nel caso in cui l’omesso pagamento da parte dell’azienda dipenda appunto dal fatto che la stessa è assoggettata a fallimento ovvero ad una qualsiasi procedura concorsuale la domanda di accesso potrà essere presentata semplicemente producendo all’INPS:
- il provvedimento giudiziale (di norma si tratta di una sentenza di Tribunale) con il quale è stato dichiarato il fallimento;
- il verbale di stato passivo con il quale il Giudice delegato nell’esaminare la domanda di ammissione presentata dal lavoratore lo abbia ammesso al passivo della società fallita o in procedura concorsuale.
Vi sono, tuttavia, delle ipotesi in cui le società non possono essere assoggettate alle procedure fallimentari, non avendone i requisiti (ossia allorché non abbiano superato negli ultimi tre esercizi un minimo di € 300.000 per l’attivo patrimoniale, di € 200.000 per i ricavi lordi e abbiamo un totale di debiti, scaduti e non, non superiore a € 500.000).
In tali eventualità la domanda di ammissione al Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS potrà essere presentata mediante produzione di un atto di pignoramento azionato nei confronti dell’azienda e dimostrazione che quest’ultima non goda di garanzie patrimoniali sufficienti a garantire il credito totale del lavoratore.
La domanda si presenta mediante inoltro all’INPS della domanda secondo una delle seguenti modalità:
- chiedendo l’intervento di un avvocato;
- rivolgendosi a un patronato;
- mediante il sito INPS accedendo con le proprie credenziali e il proprio PIN.
Per quanto, invece, attiene alla corresponsione da parte dell’INPS delle ultime tre mensilità di stipendio occorre che queste risalgano ad oltre 12 mesi addietro rispetto al momento in cui è stato depositato il ricorso per la procedura fallimentare o concorsuale.
Conclusione
Per concludere è opportuno rilevare l’estrema importanza ricoperta dalla tutela dei diritti dei lavoratori, e tra essi quello alla corresponsione del TFR da parte del datore di lavoro, in quanto espressione di giustizia sociale.
D’altronde, è anche intuitivo osservare che quanto più i diritti che la legge riconosce al lavoratore sono tutelati e garantiti, sia sotto il profilo (come quello oggetto d’analisi) retributivo sia sotto tutti gli ulteriori diversi profili, tanto più si creerà un clima di fiducia e rispetto reciproco tra questo e il datore di lavoro e nel sistema lavorativo in generale, che contribuirà a favorire la disponibilità da parte del lavoratore ad andare incontro alle esigenze delle aziende.
Ne conseguirà l’incremento del grado di soddisfazione reciproca, il cui rilievo è fondamentale nel contesto lavorativo.
Chiara Biscella
Dopo la laurea in giurisprudenza presso l'Università degli studi dell'Insubria e il conseguimento del diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ho intrapreso, ment ...