Rischi di una società denunciata da un lavoratore in nero
Per le aziende che assumono lavoratori in nero sono previste diverse sanzioni amministrative. Ecco a cosa va incontro una società che subisce una denuncia dal proprio dipendente.
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- Cosa significa lavorare in nero?
- Le conseguenze sul piano contributivo e per la collettività
- I rischi di infortuni e morti bianche
- Come denunciare il lavoro in nero?
- Cosa rischia la società denunciata?
1. Cosa significa lavorare illegalmente? (in nero)
Lavorare in nero significa prestare la propria opera lavorativa in assenza di un regolare contratto di lavoro. Esso viene anche indicato come lavoro sommerso e/o irregolare, proprio in quanto è una prestazione non dichiarata agli organi competenti, che resta così nell’oblio.
Pertanto possiamo definire, genericamente, il lavoro in nero come la pratica di assumere lavoratori in attività soggette a vincoli di subordinazione, ma in assenza di un regolare contratto e di conseguenza privo di tutte le coperture e garanzie di legge che accompagnano la prestazione lavorativa medesima.
Due sono i soggetti del rapporto di lavoro irregolare: il datore di lavoro, sia esso una persona giuridica che fisica, colui il quale utilizza il rapporto in nero per trarre benefici prevalentemente sul piano fiscale (evitando ad es. il versamento dei contributi) ed il lavoratore.
Quest’ultimo viene indotto ad accettare un lavoro in nero, spesso anche sottopagato, per la cronica carenza di offerte di lavoro regolari, e dunque per necessità ovvero per bisogno proprio e/o di familiari. Le categorie più colpite di solito sono le donne, gli immigrati e i giovani. Occorre a questo punto fare alcune considerazioni:
2. Le conseguenze sul piano contributivo e per la collettività
Abbiamo già detto più volte che, sostanzialmente, lo scopo principale di chi utilizza la manodopera in nero è sia quello di corrispondere un compenso in misura inferiore a quello dovuto e sia, in particolare, evitare il versamento di molti contributi e tasse, omettendo le segnalazioni dovute agli organi competenti.
Si pensi alla omessa comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego, le mancate comunicazioni necessarie all’INAIL, come pure l’assenza di un libro matricola, ossia uno strumento in cui si inseriscono tutti i dati del lavoratore e le informazioni in merito alla retribuzione, trattenute, assegni familiari, prestazioni previdenziali ecc., la cui assenza rende più difficile le verifiche degli organi di vigilanza.
La conseguenza principale sarà la privazione di una copertura previdenziale, e dunque il rischio maggiore è di lavorare numerosi anni senza poter ottenere una pensione lavorativa. Per di più, il mancato versamento di tasse e contributi incide negativamente sulla collettività, riducendo così fondi necessari da destinare ai servizi pubblici.
3. I rischi di infortuni e morti bianche
Il rischio maggiore, specialmente per alcune tipologie di lavoro, è che all’assenza di rapporti di lavoro regolari si accompagna, come logica conseguenza, la mancanza di norme di prevenzione di infortuni sul lavoro e le relative coperture assicurative connesse a tali rischi.
La legge, difatti, impone al datore di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure necessarie, in base alle caratteristiche del lavoro, atte a preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore, la cui violazione può comportare un reato penale, punito, a seconda dei casi, con misure di carattere contravvenzionale ovvero come delitto.
Si pensi al campo dell’edilizia, laddove è maggiore il rischio che il datore di lavoro operi in condizioni di lavoro insufficienti al rispetto della integrità fisica dei lavoratori. Un settore questo, difatti, caratterizzato da numerose morti bianche. Fonte: art. 2087 c.c.
4. Come denunciare il lavoro in nero?
La giurisprudenza italiana prevede tre strade per denunciare la propria posizione di lavoratore in nero:
- La prima consiste in una segnalazione alla Guardia di Finanza tramite la compilazione dell’apposito modulo. La segnalazione non deve essere anonima, anche se la legge prevede che sia il nome del denunciante che gli estremi della denuncia stessa siano obbligate a rimanere segrete. Questo per far sì che il datore di lavoro non venga a conoscenza del denunciante e della sua dichiarazione, in modo da non porre in essere azioni penalizzanti nei confronti del lavoratore. Una volta ricevuta la denuncia la Guardia di Finanza può procedere all’ispezione o avvisare l’Ispettorato del Lavoro per cercare di definire la situazione;
- La seconda strada invece prevede di rivolgersi direttamente all’Ispettorato del Lavoro più vicino alla sede dell’azienda. Ci si può presentare personalmente o far inviare una lettera dall’avvocato (raccomandata A/R oppure mail Pec). In questo caso l’Ispettorato del Lavoro può trattare con l’azienda per chiederle di regolarizzare la posizione del lavoratore, compreso la questione contributiva, oppure far partire un’ispezione;
- La terza opzione del lavoratore consiste nell’indirizzarsi verso il proprio sindacato di categoria. Il sindacato cerca di operare come mediatore tra le parti e, con l’aiuto di Ispettorato del Lavoro, INPS e INAIL, ha il compito di cercare una conciliazione tra il datore di lavoro e il lavoratore in nero. Nel caso questa mediazione non comporti i risultati sperati il lavoratore può rivolgersi al Giudice del Lavoro, con l’assistenza di avvocati legati al sindacato.
- Rivolgendosi, al Giudice del Lavoro, al fine di accertare, in sede giurisdizionale, l’esistenza di un rapporto di lavoro con il vincolo della subordinazione ovvero autonomo. Il ricorso al giudice rappresenta, tra l’altro, lo strumento fondamentale al fine di vedersi riconosciute tutte le indennità, retribuzioni (per lavoro ordinario e straordinario), ferie non godute, malattia, ecc. non ricevute nel corso del rapporto in nero. Davanti al giudice occorrerà dimostrare con prove adeguate l’esistenza del rapporto di lavoro, e pertanto è necessaria ed indispensabile l’assistenza di un avvocato.
5. Cosa rischia la società denunciata?
La legge di Bilancio 2019 ha recentemente aggiornato le sanzioni amministrative per le società che assumono lavoratori irregolarmente, con decorrenza dal 1° gennaio 2019. Ecco il dettaglio:
Maxisanzione per lavoro nero
- da 1.800 euro a 9.000 euro per ogni lavoratore in nero che abbia lavorato per 30 giorni effettivi;
- da 3.600 euro a 21.600 euro per ogni lavoratore in nero che abbia lavorato da 31 a 60 giorni effettivi;
- da 7.200 euro a 43.200 euro per ogni lavoratore in nero che abbia lavorato oltre i 60 giorni.
Vi è da segnalare che la maxisanzione non viene applicata se:
- il datore, di spontanea volontà, regolarizza la situazione del lavoratore prima dell’ispezione, dell’accertamento o di un’eventuale convocazione per la conciliazione;
- dalle contribuzioni precedentemente assolte dal datore di lavoro si evince la volontà di non occultare il rapporto di lavoro. In questo caso si applica solo una sanzione per mancata comunicazione preventiva e per la differenza di contribuzione.
Sconto sulle sanzioni
Il datore di lavoro può ottenere uno sconto sulle sanzioni se accede alla “diffida obbligatoria”. In questo caso il titolare dell’impresa deve assumere l’eventuale lavoratore in nero:
- a tempo indeterminato anche part-time per almeno 120 giorni;
- a tempo determinato e full-time per almento 120 giorni.
Altre sanzioni
- Sospensione attività: prevista per l’impresa nella quale almeno il 20% dei dipendenti risulta essere irregolare;
- Sanzioni INPS: sanzione da pagare alla Direzione Provinciale del Lavoro che va da 100 a 500 euro per ogni lavoratore per il quale non è stata comunicata l’assunzione. In caso invece di mancata comunicazione di lavoratore domestico la sanzione va da 1.500 a 12.000 euro per ogni lavoratore in nero, a cui si aggiungono 150 euro per ogni giornata lavorata;
- Sanzioni Inail per non aver versato i premi assicurativi e da valutare caso per caso secondo la normativa disciplinata dalla circolare n.31 del 28 luglio 2017;
- Sanzioni per eventuali pagamenti del lavoratore in contanti: il pagamento deve essere tracciabile, tramite un istituto bancario o postale. In caso di non rispetto delle regole la sanzione amministrativa va da 1.000 euro a 5.000 euro.
Gabriele Zangarini
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