Licenziamento per uso del cellulare a lavoro
Si può essere licenziati per aver usato il cellulare sul posto di lavoro. A volte un gesto quotidiano, come quello di usare il proprio telefonino, può costare il posto di lavoro.
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1. Uso del telefono aziendale
Il datore di lavoro può vietare l’utilizzo del cellulare durante l’orario di lavoro, che sia per fare una telefonata ad un amico oppure per connettersi ad esempio a Facebook, perché in questo modo si sottrarrebbe del tempo al lavoro.
La Corte di Cassazione ha avuto molte occasioni per pronunciarsi a riguardo. È legittimo il licenziamento per l’utilizzo del cellulare aziendale per scopi personali, dunque estranei all’attività lavorativa.
L’abuso del telefono va a ledere quel rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. In un recente caso, in particolare, è stato ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa, dunque senza preavviso, del dipendente che aveva effettuato, durante l’orario di lavoro, un numero notevolmente elevato di telefonate, per un importo complessivo di 8.000 euro.
Il lavoratore si è giustificato confessando di essere in stato di depressione, ma purtroppo i Giudici hanno ritenuto che per risolvere la sua problematica, il lavoratore licenziato avrebbe dovuto rivolgersi ad uno specialista, piuttosto che far salire alle stelle la bolletta dell’azienda. La Corte di Cassazione ha motivato tale pronuncia sulla base del fatto che il telefono aziendale non deve essere considerato come benefit piuttosto che come strumento di lavoro.
2. Cosa succede se il telefono ad essere utilizzato è quello privato?
Il lavoratore che sottrae del tempo all’attività lavorativa per utilizzare il cellulare, anche se privato, può essere allo stesso modo licenziato. Abbiamo prima accennato, a titolo esemplificativo, al dipendente che si connette a Facebook. Orbene, la Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi anche in materia di social network.
È stato ritenuto legittima la condotta del datore di lavoro che ha creato un falso profilo Facebook, al fine di iniziare una chat con il suo dipendente, a conferma del comportamento scorretto di quest’ultimo. La creazione del falso profilo non è stata considerata una violazione dei principi di buona fede e di correttezza, assolvendo piuttosto alla funzione di accertamento dell’illecito in maniera non invasiva. Questo tipo di condotta è stata fatta rientrare tra l’attività-potere di controllo proprie del datore di lavoro, a tutela della propria azienda.
Fin quando utilizziamo lo smartphone aziendale per scopi lavorativi, il problema non si pone e non potremo incorrere in alcun provvedimento disciplinare, poiché il nostro comportamento è espressione dell’attività lavorativa stessa.
3. Tra il potere del datore di lavoro e la privacy del lavoratore
Interessante appare poi esaminare il rapporto tra i poteri del datore di lavoro, da un lato, e la privacy del lavoratore dall’altro.
Lo Statuto dei Lavoratori vieta al datore di lavoro, in tema di controlli a distanza dei lavoratori, di ricorrere a qualsiasi tipo di dispositivo per controllare il lavoratore, in mancanza di un accordo con i Sindacati e con gli Ispettorati del lavoro, a tutela della dignità e della riservatezza dei lavoratori. Si parla dei c.d. controlli difensivi compresi, i quali andrebbero a verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Quando oggetto di controllo sono, invece, comportamenti illeciti diversi dal semplice inadempimento della prestazione lavorativa, si parla di controlli difensivi occulti.
L’eccezione che legittima l’uso di strumenti di controllo è data nel caso in cui questo controllo sia spinto dall’esigenza di tutelare i beni del patrimonio aziendale ovvero di impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti. Per provare il comportamento scorretto del lavoratore, il datore può utilizzare, in sede processuale, quanto sia emerso dalle registrazioni o dai tabulati telefonici, acquisiti mediante persone terze.
4. Cosa accade quando ad usare il telefono è un familiare del dipendente?
A rischio licenziamento è anche il dipendente il cui familiare abbia usato, in modo sproporzionato, il cellulare aziendale.
È il caso di un (ex) dipendente della Telecom che si è visto recapitare, dopo trent’anni di impeccabile lavoro, la lettera di licenziamento per giusta causa. Nonostante fosse emerso che, in realtà, ad aver inviato quel numero altissimo di sms era stato il figlio, i giudici hanno ritenuto la situazione come un grave inadempimento contrario alle norme del comune vivere, confermando così il licenziamento in virtù degli indebiti vantaggi conseguiti dal dipendente, in danno della datrice di lavoro.
Fonti normative
Artt. 2104 e 2105 c.c.
Cass. Civ. n. 3315/2018
Cass. Civ. n. 10855/2015
Tribunale di Milano sent. del 10 ottobre 2006
Cass. Civ. n. 15334/2007
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