Come funziona il diritto alle ferie di un lavoratore?
L’estate è ormai alle porte, e con il primo caldo il pensiero non può che andare alle tanto agognate ferie. Ma cosa dice la normativa sul loro godimento? Vediamolo insieme.
- Durata delle ferie: ferie negate e ferie imposte
- Maturazione delle ferie
- Vacanze sfortunate: la malattia durante le ferie
- La retribuzione delle ferie
- Fonti normative
Il diritto alle ferie trova riconoscimento nella nostra Carta Costituzionale, e in particolare all’interno dell’art. 36, comma 3, che lo definisce come il diritto irrinunciabile del lavoratore ad un periodo di congedo annuale retribuito, allo scopo di recuperare le energie dal punto divista sia psicologico che fisico, e dedicarsi alle relazioni sociali, culturali e personali, e realizzare, dunque, le altre previsioni costituzionali direttamente connesse con il diritto alle ferie: in primis il diritto alla salute (art 32 Cost), e poi tutti i diritti impliciti e derivanti dal principio personalista dell’art 2 Cost ecc.
Come abbiamo detto, si tratta di un diritto irrinunciabile: ciò significa – ed è il testo costituzionale ad esplicitarlo – che non è ammissibile la rinuncia alle ferie, neanche da parte dello stesso lavoratore.
Il diritto alle ferie è riconosciuto a tutte le categorie di lavoratori: siano essi dipendenti pubblici che privati, a prescindere dal ruolo rivestito o dalla mansione svolta.
1. Durata delle ferie: ferie negate e ferie imposte
La Costituzione non dà indicazioni sulla durata delle ferie. L’art 2019 del Codice Civile interviene sul punto rinviando la definizione della durata alle norme di legge, agli usi e all’equità. L’articolo appena menzionato afferma però che il periodo di congedo deve essere preferibilmente continuativo: pur non trattandosi di un obbligo, è chiara la propensione del nostro ordinamento che dunque consente ma non raccomanda le ferie frazionate.
Lo stesso articolo 2109 specifica inoltre che il datore di lavoro ha il compito di definire le modalità di fruizione e godimento delle ferie, avendo contezza delle esigenze dell’impresa, ma badando anche alle eventuali necessità del lavoratore, dandone comunicazione per tempo a quest’ultimo. Da questa previsione si evince che il lavoratore non può da solo decidere quando fruire delle ferie, ma anche che deve in una certa misura trattarsi di una decisione “concordata”, e non può configurare una vessazione ingiustificata nei confronti del lavoratore: in parole povere, sono illegittime le ferie imposte da parte del datore di lavoro che non tenga conto delle esigenze del lavoratore, il quale può richiedere una modifica. Rimanendo in tema di ferie imposte, bisogna sottolineare l’obbligo del datore di lavoro di provvedere al tempestivo e consono preavviso ai lavoratori.
Trattandosi – come abbiamo detto – di diritto irrinunciabile, le ferie vanno effettivamente godute, e non è possibile “monetizzarle”, quindi sostituirle con il corrispettivo in denaro, tranne nella circostanza in cui il lavoratore venga licenziato o presenti le proprie dimissioni: in tal caso al lavoratore viene riconosciuto un indennizzo.
Si tratta di una norma imperativa, pertanto sono considerate illegittime le previsioni dei contratti collettivi che non riconoscano il diritto di indennità sostitutiva in caso di mancata fruizione della ferie, anche senza colpa del datore di lavoro.
In virtù di quanto previsto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003, la durata minima di ferie annuali è di 4 settimane – salva l’autonomia della contrattazione collettiva di prevedere condizioni migliori per il lavoratore. Il periodo di riposo va goduto per almeno 2 settimane nel corso dell'anno di maturazione, e, per le restanti 2 settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione.
Ma cosa succede al datore di lavoro che viola queste norme? In caso di ferie negate - totalmente o parzialmente - il datore di lavoro viene punito con una sanzione amministrativa che può andare da 100 a 600 euro.
2. Maturazione delle ferie
Le ferie maturano in dodicesimi, sulla base dei mesi di prestazione lavorativa effettuata. Vi sono delle circostanze particolari nelle quali anche l’assenza dal lavoro viene comunque conteggiata ai fini della maturazione delle ferie:
- congedo di maternità (che ricordiamo essere obbligatorio)
- matrimoniale
- congedo di paternità
- malattia
Al contrario, vi sono delle altre situazioni di assenza nelle quali – di norma e salvo diverso accordo – le ferie non maturano:
- sciopero
- aspettativa
- assenza ingiustificata
3. Vacanze sfortunate: la malattia durante le ferie
La Giurisprudenza è stata chiamata a risolvere dei dubbi relativi ai casi, sfortunatamente ricorrenti, di malattia incorsa durante la fruizione delle ferie. Il recente e più accreditato orientamento della Cassazione stabilisce che la malattia sopravvenuta durante le ferie può sospendere la decorrenza di esse ma solo a condizione che la malattia renda il lavoratore incapace di riposarsi, recuperare le energie psico-fisiche e dedicarsi alle relazioni sociali e affettive e alle attività culturali e, quindi, di realizzare l’obiettivo che sottende il diritto alle ferie del sopracitato art. 36 della Costituzione.
In questi casi, il lavoratore dovrà dare comunicazione al datore di lavoro il quale, qualora lo ritenesse necessario, può richiedere all’INPS o all’ASL l’accertamento della sospensione del periodo feriale a causa della malattia. I funzionari preposti andranno a valutare il cosiddetto “danno biologico”, dunque la effettiva capacità della malattia di incidere sul lavoratore al punto tale di impedirgli di avverare le finalità insite nel diritto alle ferie.
La stessa possibilità di sospensione viene riconosciuta anche in caso di malattia del figlio (che sia minore di 8 anni) incorsa durante le ferie. La sospensione avrà però termini diversi a seconda degli anni del figlio:
- meno di 3 anni: sospensione delle ferie senza limiti di tempo;
- tra i 3 e gli 8 anni: sospensione di massimo 5 giorni.
4. La retribuzione delle ferie
In base a quanto esplicitato dal testo costituzionale, il periodo annuale di congedo deve essere retribuito. La retribuzione corrisponde al quantitativo che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato: se un contratto, individuale o collettivo, prevede un trattamento inferiore a questa norma imperativa, la clausola della previsione va considerata nulla.
Fonti Normative
Art. 36 Costituzione
Artt. 2, 3, 32 Costituzione
Art. 2109 Codice Civile
Direttiva 93/104/CE
Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza del 19 dicembre 2013, n. 28428
Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza del 4 luglio 2013, n. 16735
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