Cessione del ramo d'azienda
Vediamo le ipotesi in cui si verifica e con quali conseguenze fiscali
- Definizione di azienda
- Definizione di ramo d’azienda
- Cessione di ramo d’azienda: caratteristiche
- Cessione di ramo d’azienda: effetti
- Cessione del ramo d’azienda: profili fiscali
- Imposte sulla plusvalenza da cessione di ramo d’azienda
- Le tutele per i dipendenti ceduti
- Fonti Normative
1. Definizione di azienda
Secondo la definizione di cui all’art. 2555 c.c. l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.
Da ciò se ne deduce la profonda differenza tra “azienda” ed “impresa”, spesso utilizzati erroneamente come sinonimi: difatti, l’azienda è quell’insieme di beni (sia materiali che immateriali) utilizzati dall’imprenditore nel processo produttivo aziendale, mentre l’impresa è l'attività economica vera e propria svolta dall’imprenditore.
Ciononostante, tra le due figure sussiste un rapporto strumentale in quanto l’azienda è il mezzo attraverso il quale il soggetto fa impresa.
2. Definizione di ramo d’azienda
La definizione di “ramo d’azienda” si desume dall’articolo 2112 quinto comma c.c.: esso è un’articolazione dell’azienda, un reparto, organizzato con modalità indipendenti e autonome all’interno della società e idoneo al perseguimento di uno specifico obiettivo.
Similmente il legislatore comunitario ha parlato di “entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria” (art. 1, direttiva 2001/23).
Elementi indefettibili, dunque, per potere qualificare una parte di un’impresa come “ramo d’azienda” sono tre:
- l’attività del comparto deve esplicarsi in un’attività economica;
- essa deve essere sufficientemente organizzata;
- infine, deve risultare autonoma rispetto all’impresa, considerata nel suo complesso.
3. Cessione di ramo d’azienda: caratteristiche
4. Cessione di ramo d’azienda: effetti
4.1 Divieto di concorrenza
4.2 La successione nei contratti
Tale disposizione prevede - come effetto naturale della fattispecie negoziale - la successione automatica ex lege del cessionario in tutti i rapporti contrattuali non interamente eseguiti derivanti da negozi a prestazioni corrispettive inerenti la gestione aziendale aventi carattere non personale.
- i contratti aziendali in senso stretto ovvero quei contratti inerenti il godimento da parte dell'imprenditore di beni aziendali;
- contratti d’impresa, ossia tutti quei contratti che riguardano genericamente i rapporti tra l'imprenditore e i suoi fornitori, i rapporti di somministrazione di materie prime, i rapporti di assicurazione, i contratti di agenzia etc...
4.3 I crediti
secondo.
4.4 I debiti
5. Cessione del ramo d’azienda: profili fiscali
- Per quanto riguarda il cedente, l’eventuale plusvalenza realizzata dalla cessione a titolo oneroso del ramo d’azienda rappresenta un componente positivo di reddito ai sensi dell’art. 86, comma 2, TUIR.
Ai fini fiscali la plusvalenza è determinata dalla differenza tra il prezzo realizzato al netto degli oneri accessori al contratto di cessione e il valore delle attività/passività opportunamente rettificati.
Difatti, ogni trasferimento d’azienda comporta degli oneri accessori che sono strettamente legati alla cessione quali ad esempio le spese per il notaio per la stesura dell’atto o l’imposta di registro.
Quest’ultima - in particolare - in caso di cessione è dovuta in misura proporzionale, da determinarsi con le aliquote previste in considerazione della natura dei beni che compongono il compendio aziendale. - Con riferimento alla società cessionaria, a fronte dell’onere sostenuto per l’acquisto del ramo di azienda si avrà il riconoscimento del valore fiscale dei beni acquisiti e l’eventuale differenza sarà attribuita ad avviamento, deducibile ai fini dell’IRES ai sensi dell’art. 103 TUIR. Con riguardo al trattamento IVA nel caso di trasferimento di un ramo d’azienda, è applicabile il D.P.R. n. 633/1972 nella parte in cui dispone che non sono considerate cessioni di beni le cessioni e i conferimenti in società o altri enti che hanno per oggetto aziende o rami di azienda.
Recentemente lo ha chiarito anche l’Agenzia delle Entrate con risposta all’interpello n. 81 del 25 marzo 2019.
Imposte sulla plusvalenza da cessione di ramo d’azienda
La cessione del ramo d’azienda, come detto, è soggetta ad imposizione fiscale. A tal proposito va subito precisato che, questo tipo di operazione non rientra nell’ambito delle “cessioni di beni” ai fini IVA, anche se effettuata dell’imprenditore nell’esercizio dell’impresa, così come statuito dall’art.2, comma 1, lettera b del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, (Non sono considerate cessione di beni:… b) le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda), e come chiarito di recente da una circolare della Agenzia delle Entrate, in risposta all’interpello, n. 81 del 25 marzo 2019.
Con la suddetta risposta all’interpello l’A.E. ha indicato, altresì, quale sia il trattamento fiscale conseguente alla cessione del ramo d’azienda in relazione alle imposte dirette ed indirette. È necessario, innanzitutto, che per rientrare in tale trattamento fiscale la cessione abbia ad oggetto effettivamente l’azienda ovvero un suo ramo avente carattere di autonomia.
In sostanza, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia constatarsi che nel complesso di quelli ceduti persista un residuo organizzativo tale da rappresentare il permanere dell’esercizio d’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario.
Pertanto occorre che vi sia l’autonomia funzionale del ramo ceduto, consistente nella sua capacità di provvedere ad uno scopo produttivo, ovvero e comunque ad esercitare quei servizi e funzioni, già svolti in seno all’impresa cedente, con propri mezzi organizzativi e funzionali, senza che il cessionario debba apportare modifiche profonde in tal senso.
Ai fini della imposizione fiscale diretta occorre distinguere: Per quanto concerne la società cessionaria, si ritiene che a fronte dell’onere sostenuto per l’acquisto del ramo di azienda-determinato sulla base della somma pattuita con il cedente, si avrà il riconoscimento del valore fiscale dei beni acquisiti e l’eventuale differenza sarà attribuita ad avviamento, deducibile ai fini dell’IRES ai sensi dell’articolo 103 del TUIR.
In relazione alla società cedente, in caso di plusvalenza realizzata on la cessione del ramo, essa concorre alla formazione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 86, comma 2, del TUIR. Tale imposizione dovuta a plusvalenza potrà beneficiare di rateizzazione nel caso in cui il ramo d’azienda sia stato posseduto per un periodo non inferiore a tre anni. Per le imposte indirette, come detto l’operazione non è soggetta ad IVA in quanto non considerata cessione di beni.
Rientrano nel campo di applicazione IVA, viceversa, le assegnazioni di beni in autoconsumo fatte al proprietario e/o ai soci non trasferiti con la cessione stessa. Imposta di registro. La cessione di ramo d’azienda è sempre soggetta all’imposta di registro ex D.P.R. 26/04/1986 n° 131. Occorrerà quindi che il Pubblico Ufficiale rogante provveda a registrare l’atto ed iscriverlo entro i 30 giorni nel Registro delle Imprese.
La base imponibile sarà data dal valore complessivo dei beni (compreso l’avviamento) che compongono l’azienda, al netto delle passività cedute.
Le tutele per i dipendenti ceduti
Il trasferimento di un’azienda ovvero di una sua parte pone la questione su quale sia la sorte dei lavoratori interessati alla cessione stessa. Sul tema, ancora una volta, la risposta ci viene dal codice civile il quale, all’art. 2112 regola gli effetti della cessione sui rapporti di lavoro.
Tale norma rappresenta il risultato di una serie di interventi legislativi che nel corso degli anni sono intervenuti, di volta in volta, a modificare e/o integrare la norma medesima per meglio disciplinare l’ipotesi in parola.
Va in primo luogo ribadito che, ai sensi dell’art. 2112 c.c. s’intende per trasferimento di azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento della titolarità di un’attività economico organizzata la quale conservi, nel trasferimento stesso, una sua identità ed autonomia, a prescindere dalla tipologia negoziale attuata.
Parimenti, nel caso di cessione di ramo d’azienda è tale allorquando il complesso ceduto conservi la propria autonomia funzionale, consistente nella sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere con propri mezzi organizzativi ad uno scopo produttivo, senza integrazioni sostanziali da parte del cessionario.
Chiarito l’ambito di operatività della norma, passiamo ora alla disamina degli effetti della cessione sui lavoratori e la tutela accordata. L’art. 2112 c. c., al comma 1, chiarisce subito quali siano gli effetti conseguenti al trasferimento di azienda o di un suo ramo, suddivisi in due aspetti: il primo, prevedendo la “continuazione” del rapporto di lavoro; il secondo, la “conservazione” di tutti i diritti che ne conseguono, dando vita così ad una sorta di meccanismo automatico di trasmissione sostanziale del rapporto di lavoro conseguente alla cessione stessa.
In pratica il rapporto di lavoro prosegue con l’acquirente. Quanto al rapporto tra cedente e cessionario, la legge prevede che entrambi siano obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore aveva al momento del trasferimento, salva la possibilità che il lavoratore, attraverso le procedure conciliative di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c., acconsenta alla liberazione dell’azienda cedente.
Il cessionario, ossia l’azienda acquirente, sarà tenuta ad applicare tutti i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali vigenti al tempo del trasferimento. Al cessionario, tuttavia, è data la possibilità si sostituirli con altri contratti collettivi purché siano del medesimo livello di quelli sostituiti.
Pur non potendo considerarsi il trasferimento di azienda o di un suo ramo quale motivo specifico di licenziamento, è sempre fatta salva la facoltà di recesso su base volontaria, come pure per il lavoratore di richiedere le dimissioni qualora le condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda (recesso per giusta causa).
La legge, in ultimo, nell’integrare la norma in oggetto, ha aggiunto ulteriore comma regolamentando un caso specifico relativo alla cessione del ramo di azienda. Più precisamente, in tale ultima ipotesi, qualora l’alienante stipuli con l’acquirente, altresì, un contratto di appalto di opera o servizi, la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda ceduto ed oggetto della cessione stessa, tra le parti è prevista la sottoposizione al regime della solidarietà per gli obblighi che ne derivino.
Fonti Normative
- Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR): Artt. 86, 103
- D. Lgs n. 472/97: Art. 14.
Giacomo Fei